di Francesco Marrapodi – C’è un filo invisibile – sottile, impalpabile, ma indistruttibile – che unisce le civiltà del passato alle vite del presente. È un legame che sfida il tempo, intessuto di memoria, di mani sapienti, di canti perduti e colori ormai dimenticati. Un filo che parte da Penelope, regina della pazienza e del mistero, e giunge fino a Maria Bonfà, ultima vestale di un sapere millenario. Questa storia nasce a Samo, perla della Magna Grecia, antica colonia dove la cultura ellenica ha acceso un faro che per secoli ha irradiato la costa meridionale dell’Italia. È proprio lì che, ancora oggi, sopravvivono – come faville di un grande fuoco – i residui di una civiltà che ha scritto le pagine iniziali della nostra identità.
Telaio a mano
L’arte del telaio a mano, di cui Maria Bonfà è testimone vivente e custode devota, è molto più di una semplice pratica artigianale. È un rito antico, un gesto sacro, tramandato con cura da generazioni che hanno fatto della tessitura non solo una necessità quotidiana, ma un vero e proprio atto culturale. Da Samo, terra di confine tra leggenda e realtà, venivano alla luce coperte calde come abbracci, vertole resistenti come la fatica dei campi, mantelle da partito cariche di simboli e tende che separavano gli spazi con la grazia di un sipario greco. Ogni tessuto era un frammento di mondo, un poema silenzioso che raccontava la vita, le stagioni, i sentimenti.
Maria Bonfà
In un tempo in cui il passato sembra dissolversi come nebbia al sole, Maria Bonfà tiene ancora acceso il lume dell’antico sapere. Le sue mani, come quelle di una sacerdotessa dimenticata, intrecciano non solo fili di lana e cotone, ma i ricordi di un’intera civiltà. Dall’epoca mitica di Penelope, che tesseva di giorno e disfaceva di notte per ingannare il tempo e il destino, fino a quella reale e concreta di Maria Bonfà, la trama della storia greca è rimasta viva tra le dita delle donne del Sud. E ora, mentre il mondo corre verso il futuro, quella trama si fa sottile, fragile, prossima al silenzio. Ma non è ancora svanita. Finché ci sarà qualcuno che ne canta la memoria, il filo non si spezzerà. E anche se si avvicina sempre più al tramonto, spetta a noi non lasciare che il ricordo di un attrezzo che, seppure di ordinaria quotidianità, cada nel baratro assoluto del dimenticatoio



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