Oggi, in un’audizione alla Camera, l’Associazione Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno è intervenuta attraverso le parole del presidente Fernando Rizzo e del consigliere Giovanni Mollica. A margine degli interventi è stata consegnata una nota per le Commissioni Ambiente e Trasporti VIII e IX della Camera. Nota che riproponiamo qui di seguito integralmente e che rappresenta la parte approfondita di quanto espresso dai due più sinteticamente in audizione.
“Ringraziamo le Commissioni riunite per la convocazione, che consideriamo un onore. La prima parte della relazione è limitata all’esposizione di alcuni concetti generali, la seconda agli aspetti giuridici e legislativi in grado di facilitare il raggiungimento degli obiettivi indicati. La Sicilia è un’anomalia planetaria in quanto è l’unica isola al mondo con più di 100 mila abitanti e distante dal continente meno di due miglia che non sia collegata stabilmente alla terraferma. Riteniamo che questa banale constatazione voglia significare qualcosa a meno di non pensarla come il soldato di Popper, che si accorse con meraviglia che tutto il resto del plotone marciava fuori tempo, tranne lui”.
Il Ponte e la riduzione delle emissioni
“Nel 2021 a nome degli ingegneri Giovanni Mollica e Nino Musca, abbiamo pubblicato quello che crediamo essere stato il primo saggio a calcolare la differenza tra la quantità di anidride carbonica, Ossidi e Polveri sottili emessi attualmente e quella che si avrebbe con la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Lo studio – condotto con criteri estremamente prudenti e conservativi – indicava in un minimo di 149 mila tonnellate la riduzione di anidride carbonica (CO2) col ponte. Ancora più evidente era il beneficio ottenibile dal calo di ossidi e polveri sottili, altamente cancerogeni: 327 tonnellate in meno di Ossido di carbonio (CO), 748 di Ossido di azoto (NOX), 82 di Composti Organici Volatili (THC), 117 di Particolato (PM) e quasi 5 di pericolosissimi Ossidi di zolfo (SOX). Carlo Cànepa, giornalista della rivista “Pagella politica”, specializzata in Fact checking, pubblicò il risultato su La Repubblica dopo aver sottoposto il saggio all’esame di un esperto internazionale che lo aveva giudicato corretto nel metodo e nei risultati. Successivi studi, condotti dalla società concessionaria per l’attraversamento stabile, mostrarono che la riduzione poteva essere considerevolmente maggiore”.
Critiche all’Opposizione
“Per altro, nessun avversario del ponte ha mai contestato le conclusioni del primo studio, tranne un giornalista militante che ha accusato gli autori di non essere “accademici”. Critica che appare scientificamente fragile. Riguardo all’opposizione delle associazioni ambientaliste, ci chiediamo e Vi chiediamo: un qualsiasi pesce, delfino o balenottera che nuota nello Stretto è posto maggiormente in pericolo da 2000 navi che collegano le due sponde settimanalmente o da treni e mezzi gommati che passano 70 metri sopra le loro teste? Paradossale che queste associazioni si pronuncino a favore di un’intensificazione dei collegamenti marittimi con forti implicazioni ambientali per inquinamento di acque e aria. O che ritengano più opportuno collegare la Sicilia solo a mezzo di inquinatissimi aerei”.
Le strade consolari e la visione storica
“Le strade consolari come l’Aurelia, l’Appia furono costruite per avvicinare Roma ai territori più periferici, così da dare impulso all’economia e accrescere la coesione dell’Impero: quando incontravano un fiume, costruivano un ponte. Il Pontefice della Chiesa cattolica trae il suo nome da coloro che costruiscono ponti, per unire gli uomini in senso fisico e metafisico. Da oltre 2000 anni il miglioramento dei collegamenti ha portato benefici in tutti – ripetiamo, tutti – i territori coinvolti con incrementi di pil, occupazione, sviluppo, scambi commerciali e turistici. Non esiste un solo caso nel quale non si sia dimostrata corretta l’affermazione fatta a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento da due grandi meridionalisti come Giustino Fortunato e Francesco De Sanctis: “Non c’è sviluppo senza Coesione, non c’è coesione senza Mobilità, non c’è mobilità senza Infrastrutture”.
La necessità di infrastrutture al Sud
“La realtà è che un Paese povero di materie prime, privo di grandi gruppi industriali deve utilizzare al meglio le opportunità che Logistica e Manifattura gli offrono in conseguenza dell’accorciamento delle “catene del valore”. Puntando sulle sinergie possibili tra la qualità della PMI del Nord Italia e l’attrattività trasportistica data dalla centralità mediterranea delle regioni del Sud. Gli ultimi decenni dimostrano ampiamente che un Paese nel quale un terzo della popolazione produce e consuma poco non può crescere al ritmo di quelli con economie più equilibrate e minori diseguaglianze. E’ in tale ottica che deve essere vista la crescita infrastrutturale del Mezzogiorno, Ponte sullo Stretto incluso che consentirà alla Sicilia e per conseguenza alla Calabria di avere anch’essa le linee ferroviarie ad AV e AC collegate e connesse non solo alle città ma anche e soprattutto ai porti”.
Portualità e turismo
“Crediamo sia interessante notare come tale visione avvicini lo sviluppo della portualità a quello turistico. Pensare che un qualsiasi scalo italiano possa competere con Rotterdam e Anversa è semplicemente folle, è invece realistico che possano farlo le decine di scali che costellano i nostri 8 mila km di coste, a patto che siano opportunamente attrezzati, specializzati e interconnessi. Analoga riflessione può essere fatta per il settore turistico: è arduo puntare solo su Roma, Milano, Firenze e Venezia o più a sud Bari e Napoli, quando ci sono decine e decine di città italiane degne di visite accurate. Studi specializzati spiegano che il successo della Francia sia dovuto soprattutto alla facilità di spostamenti tra le principali città; grazie a collegamenti ferroviari e all’Alta Velocità. Un TGV impiega 5 ore e mezza per andare da Parigi alla Costa Azzurra, il treno italiano più veloce ne impiega 9 e mezza per andare a Palermo da Roma e ben 13 e mezza da Milano, di cui ben 2h e 5 minuti per il solo attraversamento di 3 km dello Stretto.”
I benefici economici e sociali del Ponte
“I dati di RFI ci dicono che grazie all’alta velocità tra il 2008 e il 2023 l’incremento di passeggeri su rotaia è passato da 6,5 a quasi 50 milioni di utenti. Secondo una ricerca del 2019 dell’Università Federico II, le città sedi di stazioni dell’AV, hanno incrementato il loro PIL del 10%, mentre le città posizionate entro un’ora dall’AV sino al 7%. La Sicilia priva dell’AV ma anche delle connessioni ferroviarie, nello stesso periodo ha subito una riduzione di passeggeri e del conseguente PIL rispettivamente di – 4% e – 1%. I dati Eurostat, ci dicono che quello di Messina, sia il primo porto Europeo per traffico passeggeri nel 2023 con 11,3 milioni di transiti ed è al primo posto tra tutti i porti dell’Unione (al secondo c’è Reggio Calabria con 11,1 milioni). Al terzo posto è classificato il porto del Pireo di Atene, con 9,6 milioni di passeggeri e al quarto Helsinki, con 8,1 milioni. Al quarto Helsinki, con 7,954 milioni di passeggeri. Inoltre nello Stretto sono trasportati oltre a 2,2 milioni di auto e 1,2 milioni di autocarri. Quindi lo Stretto è il mare più trafficato d’Europa con quasi 31.000 mila passeggeri medi giornalieri tra Messina e la Calabria”.
La tutela ambientale e la conformità costituzionale
“Inaccettabile che ancora ci sia qualcuno a sostenere che il ponte sia inutile malgrado i numeri da capogiro destinati ad incrementarsi (secondo stime) di 10 volte già dall’avvio dei lavori e gli evidenti vantaggi sociali ed economici ricadenti su aree per loro natura depresse proprio perché sotto infrastrutturate e quindi non appetibili agli investitori industriali, commerciali e turistici. Allo stesso tempo l’Istituto Prometeia ha quantificato in € 6,5 miliardi il costo annuo che cittadini e imprese siciliane subiscono in assenza di continuità territoriale, pari al 7,3% del Pil regionale. E il costo del trasporto per una azienda che produce in Sicilia incide sino al 73% rispetto alla stessa azienda che produce in Veneto. Diviene evidente che dare una precisa specializzazione ai tanti porti italiani – in armonia con le vocazioni dei territori circostanti – unendoli mediante un’efficiente rete trasportistica, rappresenta l’unico modo per far occupare all’Italia il ruolo che la Logica e la Natura le assegnano nel Mediterraneo. Non è un caso che sia proprio quanto l’Unione Europea ci chiede da oltre vent’anni, spingendoci a completare al più presto la Core Network (Rete centrale) e, successivamente, la Comprehensive Network (Rete globale). Rammentiamo che con Decisione n. 884/2004/CE veniva approvato un elenco di 30 progetti prioritari della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), da avviare prima del 2010 per i quali l’Unione Europea garantiva uno stanziamento fino al 20% e il “Ponte ferroviario/stradale sullo stretto di Messina-Palermo rientrava nell’allegato III – Progetti prioritari ed il completamento previsto nel 2015 tra le opere dell’Asse ferroviario Berlino- Verona/Milano-Bologna-Napoli-Messina-Palermo. Ma tale decisione fu colpevolmente interrotta dal governo italiano nel 2012 a progetto definitivo già approvato dalla società concessionaria il 29.07.2011, ritenendo che l’Italia si fermasse a Salerno escludendo tre regioni sottostanti Basilicata, Calabria e Sicilia e 7 milioni di abitanti i cui cittadini furono ritenuti evidentemente non meritevoli di ottenere le stesse condizioni di mobilità dei residenti delle altre regioni, privandoli di ogni prospettiva di sviluppo socio – economico”.
La violazione dei principi costituzionali
“Negli ultimi anni questo governo sembra aver compreso ciò che i Romani concepivano 2000 anni fa: la rapidità dei collegamenti interni accresce lo sviluppo economico e la coesione di un Paese. Vale per la portualità come per il turismo. Le norme legislative devono servire a raggiungere questi obiettivi, non a creare ostacoli in applicazione dei principi di equità sostanziale di cui all’art. 3 della costituzione troppo spesso citati a convenienza”.
La violazione dell’Art. 9 della Costituzione
“Paradossale che le associazioni ambientaliste e gli oppositori del collegamento stabile citino a suffragio delle loro idee la violazione dell’art. 9 della Costituzione. Nel caso del decreto-legge 31 marzo 2023 n. 35, relativo al Ponte sullo Stretto di Messina, nonché di tutte le norme successive via via emanate da questo governo per dare attuazione al principio costituzionale di eguaglianza sostanziale tra i cittadini italiani, per cui dal 1971 il collegamento stabile è stato ritenuto opera di preminente interesse nazionale, si è di fronte a una tipica legge-provvedimento, in quanto la normativa incide su una situazione concreta e specifica, individuando destinatari e modalità operative mirate”.
L’applicazione del regolamento UE e la decarbonizzazione
“In ordine ai principi di ragionevolezza e non arbitrarietà lo Stato italiano si è conformato all’Applicazione del Regolamento UE n. 1153 del 2021 e n. 913 del 2010 sullo sviluppo della rete Trans Europea per la decarbonizzazione e l’integrazione di tutte le isole. Il Regolamento recita “al fine di pervenire a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, di stimolare la creazione di posti di lavoro e rispettare impegni di decarbonizzazione a lungo termine … con … infrastrutture moderne, multimodali, di elevata efficienza nei suoi settori dei trasporti, dell’energia e digitale che contribuiscano all’interconnessione e all’integrazione propria e di tutte le sue isole e regioni, comprese quelle remote, ultraperiferiche, periferiche, montane e scarsamente popolate. Tali interconnessioni dovrebbero contribuire a migliorare la libera circolazione delle persone, delle merci, dei capitali e dei servizi. Le reti transeuropee dovrebbero favorire i collegamenti transfrontalieri, promuovere una maggiore coesione economica, sociale e territoriale e contribuire a un’economia sociale di mercato più competitiva e sostenibile e alla lotta ai cambiamenti climatici. Il “meccanismo per collegare l’Europa” («MCE») è finalizzato ad accelerare gli investimenti nel settore delle reti transeuropee e a stimolare gli investimenti sia pubblici che privati, aumentando nel contempo la certezza del diritto, nel rispetto del principio della neutralità tecnologica”.
Il Ponte e la conformità al trattato UE
“L’MCE dovrebbe consentire di sfruttare appieno le sinergie tra i settori dei trasporti, dell’energia e digitale, rafforzando in tal modo l’efficacia dell’intervento dell’Unione e permettendo di minimizzare i costi di realizzazione. L’MCE dovrebbe contribuire anche all’azione dell’Unione contro i cambiamenti climatici e promuovere progetti sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale comprese, se del caso, azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici e di adattamento agli stessi. È paradossale per gli oppositori del ponte che la decarbonizzazione e la crescita del territorio valga se si tratta di costruire ferrovie sulle Dolomiti o nei boschi degli Appennini ma non se invece riguarda un ponte a grande luce da costruire tra Sicilia e Calabria”.
La violazione dell’Art. 174 TFUE
“Oltre all’applicazione dell’art. 174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che stabilisce: “Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare, l’Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite. Tra le regioni interessate, un’attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna.” Allo stesso modo risulta davvero risibile il richiamo alla devastazione dell’ambiente per la compromissione dei pantani di Ganzirri. Tali luoghi oggi appaiono totalmente antropizzati per le colate di cemento avvenuto nell’area di Torre Faro – Margi – Ganzirri, iniziata negli anni negli anni ‘80 e ancora oggi in attuazione, frutto di una pianificazione urbanistica selvaggia, che ha interamente consumato il suolo e l’habitat limitrofo ai laghi (rectius stagni costieri salmastri/pantani) di Ganzirri, con una lottizzazione che ha interessato (e ancora interessa), cementificando tutte le colline adiacenti, tutta l’area dei pantani di Ganzirri in mezzo ai quali sarà realizzato (senza interessarli) il Ponte sullo Stretto”.
La tutela del paesaggio e l’interpretazione della Corte Costituzionale
“Migliaia di case singole, ville, depositi agricoli e stalle (in alcuni casi trasformati/e in civili abitazioni) sono state costruite, consumando macchia mediterranea e insediamenti agricoli, sia lungo le rive dei pantani sia lungo il canale di collegamento tra di essi e il mare. Ciò è tanto vero che il decreto 21 giugno 2001 della Regione Siciliana, Assessorato del Territorio e dell’Ambiente, (in GURS del 31.08.2001 n. 43), istituendo “la riserva naturale di Capo Peloro”, si limita (cfr. allegato 1 del decreto) a circoscrivere tale riserva ai soli due pantani (delimitati con la lettera A), mentre le pre-riserve di cui alla lettera B del citato allegato al decreto sono costituite dal canale di collegamento tra di essi (Canale Margi) e dai due canali tra i pantani e la linea di costa del mar Ionio (delimitati con la lettera B). Pertanto, il Ponte e le sue opere di collegamento restano fuori dalla riserva naturale e dalle pre- riserve, ricadendo su altra area già interamente antropizzata e che sarà oggetto di una grande mitigazione ambientale. A ciò si aggiunge che, ad ogni modo, con la decisione n. 94 del 1985, la Corte Costituzionale ha interpretato in senso “dinamico” il bene paesaggio e la sua tutela che «non può venire realisticamente concepita in termini statici, di assoluta immodificabilità dei valori paesaggistici registrati in un momento dato, ma deve, invece, attuarsi dinamicamente e cioè tenendo conto delle esigenze poste dallo sviluppo socio-economico del paese per quanto la soddisfazione di esse può incidere sul territorio e sull’ambiente”.
La conformità costituzionale
“In ordine alla conformità al principio di uguaglianza tra i cittadini dello stesso Stato, abbiamo già rammentato la palese violazione da decenni della mancata attuazione dell’art. 3 Costituzione sul diritto alla equità sostanziale ed alla mobilità sostenibile dei cittadini siciliani e calabresi, con una perdita del 7,4% del PIL prodotto dalla Sicilia ogni anno per la sua condizione di insularità e la mancanza di un collegamento stabile. Per trasporto di merci e persone, i maggiori oneri sono superiori di oltre il 50% della media Paese e di oltre il 29% della media Mezzogiorno. Emerge, tra l’altro, che “il gap della Sicilia in termini di maggiori costi di trasporto è particolarmente evidente, in quanto rappresenta la regione italiana con il costo medio più alto” sia in Italia che rispetto all’Europa a 28. La stima dei costi è stata redatta dall’Istituto Bruno Leoni che ha applicato al caso siciliano un modello econometrico già sperimentato per la Sardegna, tenendo conto di alcune variabili: “Moltiplicando la perdita del Pil pro capite per la media delle distanze di Palermo Reggio Calabria e Catania – Reggio Calabria (pari a 183 chilometri) – si legge nello studio – si ottiene una perdita del Pil pro capite pari a 2.123 euro. In termini di Pil complessivo si ottiene un valore pari a 10,6 miliardi pari all’11,9% del Pil”.
La Legge n.58/2023 e l’occupazione
“La legge n.58/2023 consente l’attuazione degli artt. 4 e 35 Cost. tenuto conto che la Sicilia sia all’ultimo posto in Europa per indici di occupazione a causa della scarsa accessibilità / competitività infrastrutturale. Oggi Sicilia e Calabria, secondo i dati Eurostat 2022, sono agli ultimi posti su 234 regioni europee per indici di occupazione. Ogni cento cittadini europei tra i 15 e i 64 anni, mediamente 74 hanno un lavoro. Nella medesima fascia di età, ogni cento cittadini italiani, 64 lavorano. Su cento cittadini siciliani, invece, solo 44 hanno un lavoro”.
Tutela delle situazioni giuridiche soggettive
“In ordine alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte nell’ambito della legge – provvedimento, l’atto normativo, pur avendo natura eccezionale e concreta, deve rispettare, come rispetta pienamente le posizioni giuridiche delle parti interessate, garantendo loro la possibilità di difesa e di accesso alla tutela giurisdizionale in caso di presunta lesione”.
L’appalto e l’indicizzazione dei prezzi
“Infine, avendo riguardo all’art. 1 del D.L. 73/2025, correttamente la norma individua il valore dell’appalto nella delibera del CdA di Stretto di Messina del 29 Luglio 2011, con cui fu approvato il primo progetto definitivo e che aveva individuato il quadro economico dell’opera in circa € 8,5 miliardi di euro in applicazione degli indici di rivalutazione ISTAT, come previsto da specifiche clausole contrattuali che consentivano di applicare al valore dell’appalto originario le rivalutazioni successive. Tra l’altro tale indice dovrà essere adeguato sino al 31.12.2023 come previsto dall’art 2, comma 8-bis del d.l. 35/23. A seguire, ai sensi dell’art.2, commi 8-ter, quater, quinquies del d.l. 35/23, come convertito in legge, dovrà ancora applicarsi l’indice normativo di conservazione dell’equilibrio economico del contratto”.
Il richiamo alla direttiva appalti UE 24/2014
“Tra l’altro, le associazioni ambientaliste e gli oppositori politici del ponte, a cui evidentemente interessa una Sicilia di poveri e tutela “le abitazioni dei ricchi realizzate in aree di tutela ambientale”, e nella smodata necessità di creare confusione e giustificare la propria opposizione in spregio ai territori coinvolti, citano l’art. 72 della direttiva appalti 24/2014 che, al contrario, prevede come, laddove il contratto rechi una clausola di indicizzazione, il valore da prendere a riferimento sia il prezzo indicizzato”.
L’applicazione dell’Art. 72 della direttiva UE
“In tal senso, il richiamo all’art. 72 della direttiva UE 24/2014 del non superamento del 50% dell’importo contrattuale originario, riguarda per “lavori, servizi o forniture supplementari da parte del contraente originale che si sono resi necessari e non erano inclusi nell’appalto iniziale”. Nel caso di specie, l’incremento del valore non è dovuto a nuovi lavori o servizi, ma solo all’indicizzazione dei prezzi conseguenti alla crescita del costo delle materie prime e dell’inflazione”.



Vuoi ricevere le notifiche sulle nostre notizie più importanti?