Caccia, pesca e tiro sotto attacco: “il bando del piombo è un disarmo culturale e sociale”

Il giornalista Alessandro Magno Giangio denuncia le conseguenze del divieto UE: “colpisce i cittadini, favorisce l’industria bellica. Una strategia ideologica e geopolitica mascherata da ecologismo”

“Il mondo venatorio è in allarme. L’Unione Europea, nel suo slancio ecologista, ha imposto una serie di restrizioni all’utilizzo del piombo che, di fatto, minacciano l’esistenza stessa della caccia, del tiro sportivo e della pesca. Ad analizzare nel dettaglio il fenomeno è Alessandro Magno Giangio – giornalista, scrittore, cacciatore professionista e fondatore del canale YouTube Wildhunters Omb – che nel suo video “Addio al piombo: addio alla caccia, alla pesca e al tiro sportivo” smaschera i retroscena e gli effetti devastanti di questa imposizione. In Italia questo bando è entrato in vigore nel febbraio del 2023, ma dobbiamo ricordare che comunque questo bando era stato votato da 18 paesi su 27”. Lo afferma in una nota il Movimento Amici della Caccia di Reggio Calabria.

“Quindi, questa tipologia di divieti che riguardano la caccia e in generale l’outdoor è condivisa da una grande maggioranza degli Stati europei. Vediamo nel dettaglio le parti salienti del video presente su YouTube a riguardo. La prima accusa lanciata da Giangio è di carattere politico: l’Unione Europea, nella persona della Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, ha portato avanti il divieto del piombo ignorando il ruolo del Parlamento europeo. “Perché tagliar fuori il Parlamento significa contravvenire non solo alle leggi del buon senso, ma soprattutto vuol dire contravvenire a tutti i principi democratici su cui teoricamente sarebbe fondata anche l’Europa. Ma sappiamo benissimo che ci sono dimostrazioni sempre più frequenti che questo non sia il caso.”

“Si tratta di un grave precedente. Un regolamento che cambia radicalmente la vita dei cacciatori e degli sportivi è stato approvato senza dibattito pubblico, senza confronto parlamentare, e senza ascoltare le associazioni del settore. È il trionfo della burocrazia sulle persone. Giangio spiega che l’essere umano non trattiene il piombo ingerito nell’organismo, ma lo espelle rapidamente. Inoltre, sottolinea che le zone non umide – dove il piombo viene usato su suoli secchi e rocciosi – non presentano dati significativi di contaminazione. Le evidenze scientifiche utilizzate per giustificare il divieto appaiono selettive. Il problema esiste nelle zone umide, e già lì l’uso del piombo è stato vietato. Estendere il bando a tutte le aree è una forzatura ideologica, non una scelta basata sui dati. Un altro punto critico riguarda le alternative al piombo”.

“Nel suo intervento, Alessandro Magno Giangio dedica una parte centrale alla distinzione tecnica e pratica tra caccia a pallini (tipicamente quella al volatile e alla piccola selvaggina) e caccia a palla (caccia al cinghiale, capriolo, cervo, ecc.). È un passaggio fondamentale per comprendere quanto il divieto del piombo colpisca in modo asimmetrico e mal calibrato. Egli chiarisce che la caccia a pallini sarà la prima vittima del divieto, perché fa uso di cartucce contenenti piccoli pallini in piombo, molto più facili da disperdere sul terreno. È su questa tipologia di caccia che si è abbattuta per prima la scure del Regolamento (UE) 2021/57, entrato in vigore il 15 febbraio 2023, che vieta l’uso di munizioni contenenti piombo entro 100 metri da qualsiasi zona umida, oltre a proibire il semplice possesso di tali munizioni all’interno di quelle aree. Questa norma ha generato un allarme enorme tra i cacciatori, soprattutto per la sua formulazione vaga e per il meccanismo sanzionatorio automatico: secondo il regolamento, il semplice possesso di cartucce contenenti piombo in zona umida equivale automaticamente a reato”.

“Non occorre dimostrare che si stava sparando: il possesso è già sufficiente per configurare la colpa. Il regolamento applica una presunzione assoluta di colpevolezza, che capovolge la logica giuridica. In altre parole, se sei trovato con cartucce al piombo vicino a una zona umida, sei colpevole a prescindere. Ma non è tutto. Giangio aggiunge che, nonostante questo regolamento sia nato per le zone umide, l’attuale spinta normativa punta a estendere il divieto del piombo anche alle aree secche, dove il rischio ambientale è pressoché nullo. Qui entra in gioco il tentativo della Commissione Europea, attraverso l’ECHA (Agenzia Europea delle sostanze chimiche), di portare avanti una proposta di restrizione totale su tutte le munizioni contenenti piombo, anche per la caccia a palla, per il tiro sportivo e per la pesca. Secondo Giangio, questa seconda ondata sarà ancora più devastante, perché: le munizioni a palla alternative (in rame o lega) sono molto più costose; sono meno letali o troppo penetranti, a seconda dei modelli, e possono causare ferite non mortali o danni collaterali; molte armi da caccia tradizionali non sono compatibili con le nuove leghe, e ciò comporterà la necessità di rottamare o sostituire armi storiche, ancora perfettamente funzionanti”.

“Un divieto totale del piombo su questa tipologia di munizione comprometterebbe seriamente la gestione faunistica e agricola, già messa in crisi dai danni ai campi e dagli incidenti stradali causati da ungulati. Il Regolamento (UE) 2021/57 rappresenta l’archetipo della normativa punitiva disancorata dalla realtà di chi vive il territorio. Nasce con un intento apparentemente condivisibile – evitare contaminazioni nelle zone umide – ma viene redatto in modo ambiguo, coercitivo e ideologico. Ha inaugurato un modello di gestione del rischio ambientale che non distingue tra responsabilità, contesto o volontà, trattando ogni cacciatore come potenziale inquinatore”.

“L’estensione di questo approccio rischia di far crollare l’intero impianto venatorio italiano, con pesanti ricadute sociali, economiche e ambientali. Molti cacciatori dovranno cambiare fucile o rinunciare. Chi ha una doppietta di famiglia, tramandata di generazione in generazione, non potrà più usarla. Un intero patrimonio culturale rischia di essere cancellato. Il divieto non riguarda solo la caccia. Anche il tiro sportivo e la pesca con piombini sono sotto attacco. Giangio denuncia che in molti poligoni non sarà più possibile utilizzare munizioni tradizionali. E le alternative, oltre ad essere costose, spesso non esistono. Questo colpisce anche ragazzi, sportivi, e famiglie che praticano il tiro per passione o come attività ricreativa. La pesca con piombini è una tradizione che affonda le radici nel tessuto popolare. Vietare tutto senza distinguere è cieca ideologia. Uno degli aspetti più inquietanti affrontati da Giangio riguarda il contesto geopolitico”.

“L’industria europea, in particolare quella tedesca e francese, si sta muovendo per assicurarsi l’accesso a terre rare e metalli alternativi al piombo. Secondo Giangio, le fabbriche tedesche e francesi stanno acquisendo nuove miniere in Africa e Asia per assicurarsi scorte strategiche di rame, tungsteno e altri materiali alternativi. La transizione ecologica non può trasformarsi in neocolonialismo. Depredare altri continenti per materiali “green” è un paradosso inaccettabile. Ciò dimostra che il divieto del piombo è parte di una strategia industriale, non di una scelta etica. Il divieto del piombo rappresenta un disarmo culturale e civile, che sottrae ai cittadini strumenti di libertà, autonomia e legame con il territorio, mentre gli Stati rafforzano i loro apparati militari”.

“È una dinamica di concentrazione del potere, in cui a pagare sono i piccoli – cacciatori, pescatori, tiratori – mentre a guadagnare sono le grandi industrie, le lobby tecnocratiche e i governi centrali. Giangio lega l’approccio statunitense al divieto del piombo a una convergenza di interessi tra ambientalismo ideologico e controllo sociale, molto simile a quanto sta accadendo in Europa. La misura serve a controllare le armi e i cittadini armati; rafforza il potere dell’industria bellica e delle multinazionali delle munizioni alternative; contribuisce a una strategia globale di egemonia ecologista centralizzata, che penalizza il mondo rurale, sportivo e venatorio”.

“Nel suo video, Giangio lancia anche una provocazione geopolitica: “Una Germania così riarmata che ruolo vorrà avere in Europa?”. La Germania vuole il 5 % del PIL con l’Esercito più forte di Europa: il ministro degli esteri tedesco, Johann Wadephul, ha affermato che la Germania sosterrà la proposta degli Stati Uniti d’America di portare l’impegno Nato al 5% del Pil investito nella Difesa durante il prossimo summit alleato di fine giugno all’Aja. La produzione di munizioni non piombate viene agevolata proprio mentre crescono le spese militari in diversi Paesi UE. Il sospetto è legittimo. Nel tratto più politico e provocatorio del suo video, Alessandro Magno Giangio sgancia una riflessione che va ben oltre la caccia e tocca direttamente i rapporti di potere in Europa. Il divieto del piombo – sostiene – non è un episodio isolato, né un puro atto di ambientalismo radicale: è un tassello di una strategia più grande, che si collega direttamente al progetto europeo noto come “Rearm Europe”. Questo piano punta a potenziare l’industria della difesa dei Paesi membri, aumentando la capacità produttiva di armi e munizioni e promuovendo il riarmo collettivo come risposta al nuovo contesto geopolitico post-2022 a causa dei noti conflitti bellici nati in questi anni. Mentre il cittadino viene disarmato nella sua dimensione civile (caccia, pesca, tiro sportivo), gli Stati si riarmano a livello militare, chiedendo più terre rare, più metalli strategici, più produzioni a ciclo rapido”.

“Dunque da un lato si demonizza il piombo nelle mani del cacciatore, dall’altro lo si riconverte silenziosamente per la produzione di proiettili militari, blindature, batterie e sistemi d’arma. Secondo Giangio, le fabbriche tedesche sono già in piena riconversione, e stanno acquisendo nuove miniere in Africa e Asia per assicurarsi scorte strategiche di rame, tungsteno e altri materiali alternativi. “Ci stanno depredando con il pretesto ecologista”, afferma, sottolineando che la transizione “verde” sta in realtà alimentando un neocolonialismo industriale mascherato da sostenibilità per questioni probabilmente di natura bellica. “ […] Il secondo elemento da considerare è che la Francia, che non vuole essere da meno, ha già detto che anche lei parteciperà in modo sostanzioso a Rearm Europe, anche se non ha ancora dato numeri chiari. l’Italia, pur essendo uno dei Paesi più colpiti dal punto di vista economico, sociale e industriale, è il terzo paese in Europa per produzione di armamenti, con aziende come Leonardo, Beretta, Fiocchi (che ormai, come detto, non è più italiana), e molte altre.Quindi, partecipare a Rearm Europe per l’Italia significa anche entrare nel business delle armi in maniera più strutturata, diretta e profonda […]”. Il Ministro Francesco Lollobrigida, con il suo intervento del 27 maggio 2024 in sede ministeriale, ha denunciato come il divieto generalizzato del piombo rappresenti una scelta imposta dall’alto, non condivisa con i territori, e ha annunciato un’azione formale per riaprire il dibattito a livello europeo. “Non accetteremo decisioni che cancellano attività legittime e millenarie senza confronto”, ha dichiarato pubblicamente. Al suo fianco, l’Onorevole Pietro Fiocchi, europarlamentare e membro del gruppo ECR, si batte da anni a Bruxelles per impedire l’adozione di norme ideologiche e tecnicamente infondate. In una sua nota del 15 marzo 2023, Fiocchi ha denunciato che “l’ECHA ha adottato una procedura irregolare per giustificare la messa al bando del piombo, ignorando le richieste di consultazione pubblica delle associazioni venatorie e sportive.” In un’intervista rilasciata a Armi e Tiro nel luglio 2023, ha inoltre dichiarato: “Dietro l’ambientalismo di facciata si cela un progetto che rischia di distruggere l’intero comparto europeo delle munizioni. La Commissione ha rifiutato di condurre una valutazione d’impatto sociale ed economico”.

“Questo è inaccettabile.” Fiocchi ha promosso nel tempo numerose interrogazioni scritte, tra cui quella del 7 febbraio 2023 (E-000476/2023), chiedendo conto alla Commissione delle basi scientifiche e dell’impatto sulle piccole imprese europee produttrici di munizioni da caccia e tiro. Ha partecipato attivamente anche ai lavori dell’Intergruppo “Biodiversity, Hunting, Countryside”, che raccoglie eurodeputati di diversi schieramenti contrari al bando indiscriminato. Al momento, così come ci informa l’Onorevole Fiocchi, abbiamo soltanto sette Paesi, compresa l’Italia (quindi sei più uno), che non sono d’accordo su questa nuova estensione brutale del divieto assoluto del piombo su tutto il territorio europeo, e quindi come estensione alla caccia, al tiro sportivo e alla pesca. Altrettanto netta la posizione dell’onorevole Sergio Berlato, europarlamentare per tre legislature e oggi consigliere regionale del Veneto, il quale ha parlato di “ambientalismo dogmatico usato come strumento di repressione delle attività rurali”. In una sua dichiarazione ufficiale del 2 febbraio 2023 presso il Consiglio Regionale del Veneto ha affermato: “Il divieto del piombo è parte di un’agenda che non ha nulla a che fare con la tutela ambientale, ma molto con la volontà di eliminare la caccia e chi la pratica.” Nel 2020 Berlato si era già opposto con forza al primo pacchetto di restrizioni per le zone umide, definendole “ideologiche, sproporzionate, e fondate su dati manipolati”. Oggi continua a denunciare, anche sui social e in ambito istituzionale, il rischio di “un’escalation legislativa che mira alla totale estinzione del cacciatore in quanto figura culturale”. A livello nazionale, l’onorevole Francesco Bruzzone (Lega), vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, è intervenuto sul tema il 24 gennaio 2023, dichiarando in aula: “Il divieto totale del piombo rischia di far chiudere oltre il 60% dei poligoni all’aperto e di cancellare ogni forma sostenibile di caccia e tiro. Non possiamo permettere che Bruxelles uccida un intero settore con un colpo di penna.” In un’intervista al Giornale.it del 2 febbraio 2024, ha aggiunto: “Tutelare la fauna non significa perseguitare i cacciatori. Bisogna ascoltare chi vive il territorio, non chi ne parla dai salotti cittadini” Oggi il mondo venatorio ha riferimenti istituzionali forti e autorevoli: il ministro Lollobrigida, l’eurodeputato Fiocchi, l’onorevole Berlato e il deputato Bruzzone. Quattro figure diverse per ruolo e stile, ma unite da una visione comune: quella di una ruralità viva, consapevole, che non vuole essere cancellata dal fanatismo ecologista”.

“Il Movimento Amici della Caccia di Reggio Calabria è al loro fianco, pronto a sostenere ogni iniziativa volta a difendere la nostra libertà, la nostra cultura e il nostro diritto a vivere secondo le nostre radici. Concludiamo l’articolo con la parte finale del video di Alessandro Magno Giangio. “Un bisogno crescente di piombo per l’industria militare, mentre le fonti si restringono e la Cina detiene il monopolio. Un piano di riarmo europeo finanziato con centinaia di miliardi. Industrie belliche che ingrassano a spese dei cittadini e delle loro libertà. Amici, questa non è più una battaglia per la caccia. Questa è una battaglia per la libertà, per la democrazia, per la verità. È una battaglia per non farci ridurre al silenzio, per non farci disarmare culturalmente, economicamente e — alla fine — fisicamente. Perché un cittadino disarmato, controllato, sorvegliato e povero è un suddito. E questo è quello che vogliono. Io vi invito a riflettere seriamente su tutto questo. E a non arrendervi mai.” Per adesioni al gruppo Facebook e iniziative da proporre contattate il Movimento Amici della Caccia di Reggio Calabria. Seguite anche la rubrica Wildhunters Omb su YouTube per aggiornamenti e approfondimenti”.