Sant’Agata del Bianco è un piccolo comune di circa 500 abitanti nel territorio della città metropolitana di Reggio Calabria. Situato su una collina a 400 metri sul livello del mare, ha una ricca storia e un interessante patrimonio culturale da scoprire.
La storia di Sant’Agata del Bianco
Le origini di Sant’Agata del Bianco sono strettamente legate a quelle di Precacore (l’odierna Samo). Secondo lo storico Vincenzo Tedesco, infatti, dopo il terremoto del 1349 che distrusse Palecastro, parte della popolazione si trasferì nel “Giardino di Campolaco“, fondando Sant’Agata in onore della santa protettrice. Le prime notizie documentate risalgono al XV secolo, con la menzione di Andrea di Sant’Agata, abate del monastero di San Nicola di Butramo nel 1488.
I primi feudatari furono i Ruffo, seguiti da una serie di nobili: Centelles, De Pol, i Marullo (conti di Condojanni), Squarciafico, i Tranfo di Tropea (duchi di Precacore) e infine i De Franco fino all’abolizione della feudalità nel 1806.
Nel 1641, il paese poteva vantare una chiesa parrocchiale, diverse chiese minori e tre confraternite religiose. Nel 1655 contava 1.485 abitanti. Purtroppo, però, il terremoto del 1783 provocò gravi danni, distruggendo anche la Chiesa Matrice. Dopo l’eversione feudale, nel 1807 Sant’Agata divenne comune autonomo nel circondario di Bianco, assumendo il nome attuale.
Durante il Risorgimento, il paese partecipò alla cospirazione mazziniana del 1847, quando il patriota Rocco Verduci si riunì con i suoi seguaci santagatesi nel Palazzo Borgia per avviare la rivolta del distretto di Gerace. In epoca fascista (1927-1946), Sant’Agata fu unita ai comuni limitrofi nel nuovo ente di Samo di Calabria, recuperando l’autonomia nel dopoguerra.
Il paese natale di Saverio Strati
Il paese ha dato i natali allo scrittore Saverio Strati, vincitore del Premio Campiello nel 1977.
Nato nel 1924, Strati dovette abbandonare la scuola elementare per lavorare come muratore e sostenere la famiglia. Nonostante questa precoce interruzione della sua formazione scolastica, non abbandonò mai la passione per la lettura e l’apprendimento e, dopo la Seconda Guerra Mondiale, riuscì a frequentare il Liceo “Galluppi” di Catanzaro, dove scoprì scrittori come Croce, Tolstoj e Dostoevskij. In seguito agli studi letterari all’Università di Messina, si trasferì a Firenze, dove i suoi racconti apparvero in pubblicazioni nazionali e completò il suo primo romanzo, “La Teda”, rapidamente seguito dal secondo, “Tibi e Tascia”.
Dopo aver sposato una donna svizzera, Strati si trasferì in Svizzera, una transizione che considerò fondamentale per la sua carriera di scrittore. Lì scrisse il suo romanzo di formazione “Il selvaggio di Santa Venere”, che gli valse il prestigioso Premio Campiello nel 1977.
Sebbene la sua scrittura fosse incentrata sulla Calabria, Strati non tornò mai permanentemente a Sant’Agata del Bianco, trascorrendo i suoi ultimi anni in relativa povertà lontano dal suo paese natale. Oggi, mentre i suoi resti riposano nel cimitero di Scandicci, la sua eredità letteraria vive evidentemente proprio tra le strade colorate del suo luogo di nascita.
Una visita artistica e letteraria
Lo spunto sopra condiviso è naturalmente un buon motivo per partire alla scoperta di questo paese situato all’interno del Parco Nazionale d’Aspromonte, con un percorso artistico-letterario che permetterà di ammirare il meglio della “Città dei Murales”, una sorta di museo di street art a cielo aperto: Sant’Agata offre infatti ai visitatori e agli appassionati di Strati un viaggio unico che ripercorre le opere dello scrittore attraverso citazioni e immagini dipinte sulle facciate degli edifici.
Il percorso presenta murales realizzati da rinomati street artist ispirati ai testi più famosi di Strati: dal “Ragazzo Illuminato dalla Luce della Storia” a “Nascondino”, fino al ora famoso ritratto di “Tibi e Tascia”, che raffigura due amati personaggi delle sue opere letterarie.
Un colorato cammino collega le montagne alla Casa-Museo di Strati, dove lo scrittore stesso è immortalato in un ritratto accanto alle sue stesse parole: “Qui c’è luce abbagliante. Anche nell’inverno c’è luce abbagliante. Se avessi un lavoro fisso e sicuro come lassù! Se qui da noi ci fosse lo sviluppo del Nord! Si potrebbe fare di questa terra il paradiso”.
Oltre ai tributi a Strati, i nuovi murales di Sant’Agata raffigurano anche Artemide, dea dei boschi, della caccia e della luna, Dante e Beatrice, e vari altri soggetti che celebrano la cultura e la bellezza come compagni inseparabili.
Prima di lasciare il paese, è meglio non dimenticarsi di visitare il Museo delle Cose Perdute, dove l’artista locale Antonio Scarfone ha raccolto oggetti di varie origini, epoche e categorie, disponendoli in un “disordine deliberato”, il Giardino del Pensiero, un piccolo spazio verde per esposizioni, e le Finestre Narranti, sculture in ferro incorniciate da vecchie finestre. Infine, una visita al Museo degli Artisti Santagatesi, con sezioni biografiche dedicate ai numerosi artisti di questo sorprendente villaggio dell’Aspromonte.



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