Reggio Calabria, la città del vittimismo: Reggina-Complotto FC 0-2. Riuscirà mai la rimonta?

Granillo chiuso, complotti e lamentele perennemente a porte aperte. Anche con la Reggina (anzi, di nuovo), la città di Reggio Calabria si conferma vittimista

A Reggio Calabria sono diventati tutti complottisti e vittimisti. Anzi, era già così. Complotti ovunque. E pianti. Continui. Da sempre. Come il formaggio nella pasta: mai che manchi. Un piagnucolare che non si ferma. Degrado e sottosviluppo li abbiamo dentro, in casa nostra, ma pensiamo che a provocare il male nostro sia chissà chi, da fuori, da lontano, dal nord. Vale per la politica, vale per lo sport, per il calcio, per la Reggina. L’ultima? Il Giudice Sportivo ha chiuso il Granillo per la finale playoff contro la Scafatese. Apriti cielo. Cospirazione, lesa maestà, giustizia sommaria!

A indignarsi, puntuali come le tasse, i soliti: tifosi complottisti e giornalisti pronti a giustificare qualsiasi misfatto pur di sostenere all’infinito questa società. Quelli che trovano una scusa anche quando la squadra perde a calcinculo. Che importa se c’erano persone non autorizzate nell’area spogliatoi durante l’intervallo? Che sarà mai, due chiacchiere col mister e un selfie col guardalinee. E mentre ci si scaglia contro i poteri forti, si dimentica che certe figure (barbine) non ce le impone nessuno: ce le costruiamo in casa, con amore artigianale. Perché quella maglia, quella storia, non merita questo teatrino da sagra. Non merita nervosismo, dichiarazioni surreali, gestacci da curva da bar. E no, non erano solo “quattro tifosi”. Se lo spettacolo è questo, la regia è condivisa: dalla società ai dirigenti, passando per chi ha creato un clima tossico già da mesi. Le accuse agli arbitri, quelle al Siracusa, il caos dopo Reggina-Castrumfavara, gli attacchi alla stampa. Ogni episodio è un pezzo di un puzzle chiamato “auto-sabotaggio”. E no, non si tratta di Serie D: a tratti, sembriamo in Terza Categoria, versione senza arbitro.

Ed è vero che comunque la Reggina è in Serie D, ma è pur sempre la Reggina. Già detto di come, agli occhi delle avversarie, rappresenti la Juventus della Serie B. Non per chi oggi la sta rappresentando, però. Ecco, sono questi i motivi per cui facciamo francamente fatica a capire perché qualcuno ce la debba avere con la Reggina. Due anni fa si puntava al colpaccio con Saladini e il suo sorriso da spot assicurativo. È andata male, eppure il cattivo era Gravina. E poi Cellino. O magari l’UEFA. Qualcuno, insomma. Purché venga da fuori. Una narrazione alimentata da quella stessa politica locale che dopo dieci anni di disastri si nasconde dietro l’alibi dei cattivoni del nord e del governo brutto e anti sud. Vittimismo, piangersi addosso, alibi e giustificazioni.

La verità è una: nessuno vieta alla Reggina la Serie C. Ma va conquistata, non elemosinata. Oppure adesso pensiamo che sia già preconfezionato questo alibi in caso di sconfitta domenica? Perché è chiaro che la Reggina può vincere pure senza tifosi. Anche perché non ci sembra che in questi due anni abbia giocato coi pienoni. Anzi, l’unica volta con una cornice di pubblico degna ha anche perso. E allora basta vittimismi. Basta “ce l’hanno con noi”. Basta piagnistei. Questa narrazione ha anche stancato ed è uno dei motivi principali dell’attuale assuefazione alla mediocrità in cui questa città e questa tifoseria sono cadute. Dal cantare con Pippo Inzaghi, lottando per la Serie A, al bisticciare con Locri, Siracusa e Vibonese. Quanto dovremo scavare ancora?