“Denunciare è democrazia”: la lezione del testimone di giustizia Tiberio Bentivoglio agli studenti

Il testimone di giustizia calabrese, da anni sotto scorta per essersi ribellato al racket, incontra le classi dell'IIS Marconi Pieralisi: "la legalità si difende con il coraggio e la conoscenza"
StrettoWeb

L’imprenditore calabrese Tiberio Bentivoglio, testimone di giustizia che da anni vive sotto scorta per non avere voluto cedere alle richieste estorsive della ‘ndrangheta, è tornato a raccontare la sua battaglia per la legalità agli studenti dell’Iis Marconi Pieralisi di Jesi. “Denunciare è democrazia“, ha detto il commerciante di Reggio Calabria ai ragazzi e alle ragazze di dodici classi dalle prime alle quinte, descrivendo la scelta di libertà che lo ha portato a ribellarsi alle richieste mafiose di pagare il ‘pizzo’, consapevole dei rischi per sé e la famiglia.

Nella scuola jesina, Bentivoglio ha più volte incontrato gli studenti, dal 2014 ad oggi, grazie alla collaborazione tra il “Marconi Pieralisi” e il presidio “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie” di Jesi. Da oltre 30 anni, l’imprenditore combatte contro il racket reggino. Quando, nel 1992, decise di ampliare il suo negozio, venne preso di mira dalle prime richieste di pizzo. Tiberio e la moglie Enza decisero di non cedere, così iniziarono intimidazioni, attentati, l’incendio all’emporio, fino al tentato omicidio nel 2011.

Oggi la loro impresa è in un bene confiscato alla ‘ndrangheta assegnatogli in affitto dal Comune di Reggio Calabria, grazie alla Legge 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie. Di fronte agli studenti, ha rivendicato la scelta ma non ha mascherato l’amarezza. Continua a fare il commerciante, viver sotto scorta ed è molto attivo nelle scuole, convinto che la conoscenza sia la prevenzione più potente contro comportamenti di mafiosità sottile che talvolta, con leggerezza, vengono replicati anche tra gli adolescenti.

La dirigente Maria Rita Fiordelmondo lo ha ringraziato “per la volontà di lasciare ai giovani un messaggio di libertà e giustizia contro il silenzio, l’indifferenza, la sottomissione, da sempre strumenti di forza del potere mafioso. A questi, noi educatori rispondiamo con gli strumenti a noi più cari: l’educazione, l’informazione, la cultura“.

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