Alessandria del Carretto, un borgo ricco di tradizioni e folklore

La storia di Alessandria del Carretto trae origine intorno al ‘500, quando la famiglia nobiliare dei Pignone acquista il feudo di Oriolo

Alessandria del Carretto è un piccolo comune in provincia di Cosenza, parte integrante del Parco Nazionale del Pollino e celebre in tutta Italia per le sue antiche tradizioni folkloristiche come la Pita e il Carnevale, che hanno contribuito ad attirare in questa destinazione migliaia di turisti.

La storia di Alessandria del Carretto

La storia di Alessandria del Carretto trae origine intorno al ‘500, quando la famiglia nobiliare dei Pignone acquista il feudo di Oriolo. I discendenti della generazione degli acquirenti fondarono qualche decennio dopo Alessandria del Carretto, chiamandola così in onore di Alessandro del Carretto, il nobile che ereditò i terreni. La costituzione di Alessandria del Carretto avvenne su un insediamento preesistente, probabilmente per aumentare la superficie dei terreni coltivabili e le produzioni di cereali della zona.

Cosa visitare ad Alessandria del Carretto

Nonostante le sue piccole dimensioni e una popolazione di circa 350 abitanti, sono tante le cose che si possono ammirare ad Alessandria del Carretto a cominciare dagli edifici religiosi come la Chiesa Madre di Sant’Alessandro, nata contemporaneamente alla nascita del borgo. Tra le altre architetture religiose citiamo anche la Cappella di San Rocco, situata all’inizio del centro storico, e quella di Sant’Elia, nell’omonima contrada, costruita intorno all’anno 1000 dai monaci bizantini. In località bruscate si trova invece la Cappella della Madonna dello Sparviere, di più recente edificazione, dove ogni anno il 15 agosto si svolge una messa con processione.

Tra le architetture civili citiamo invece il Palazzo Chidichimo, una delle costruzioni più antiche del borgo, vecchia dimora della famiglia dei fondatori del paese, i Pignone. Il palazzo è costituito da due grandi residenze, la prima privata, la seconda di proprietà comunale oggi sede di mostre e convegni.

Da visitare anche il Museo Guido Chidichimo, vicino all’orto botanico, dedicato all’omonimo cardiochirurgo italiano, nato proprio in questo comune, così come il Museo del Lupo (un punto di riferimento per chi visita il Parco Nazionale del Pollino) e l’Orto botanico Difisella, voluto dall’amministrazione comunale negli anni ’90.

La festa della Pita

Come abbiamo anticipato qualche riga fa, uno dei motivi per cui Alessandria del Carretto è celebre in tutta Italia è legato alle tradizioni e al folklore di alcune sue manifestazioni.

Tra di esse, una delle più famose è la Festa della Pita (Abete), che ebbe inizio nel ‘600, quando un boscaiolo, dopo aver abbattuto un abete bianco, trovò all’interno del suo tronco l’immagine di Sant’Alessandro Papa Martire, morto decapitato.

Da quel giorno, tutti gli anni, l’ultima domenica di aprile e il tre maggio, ad Alessandria del Carretto si svolge una tradizione complessa e strutturata, partecipata da tutta la comunità, che dedica al Santo patrono un abete bianco. L’abete è scisso in due parti: il tronco e la cima sono trasportati a braccia dentro il centro abitato, dove sono ricomposti e innalzati, scalati e riabbattuti, creando una sorta di albero della cuccagna.

L’evento prevede una serie di celebrazioni della durata di circa un mese, con rituali ripetuti per celebrare tutti i simboli della comunità.

Il Carnevale di Alessandria del Carretto

Un’altra manifestazione che attira molti visitatori è il Carnevale di Alessandria del Carretto, dove trovano ampio spazio le tradizioni e le leggende dell’evento, con un riconoscibile misto di sacro e profano.

Tra i simboli più importanti citiamo i Polëcënëllë Biëllë, maschere legate a determinate famiglie di Alessandria, che si tramandavano l’arte di vestirsi e del ballo, di generazione in generazione. La controparte sono invece i Polëcënëllë Bruttë o lajëdë, che rappresentano la disorganizzazione, il caos e il frastuono: il corteo è tradizionalmente disordinato e grottesco, accompagnato da zampogne. Entrano in scena non appena i belli vanno via, in maniera tale che le due figure non si incontrino in contatto né visivo né fisico.

C’è poi l’Ursë, un uomo robusto camuffato da animale, con caratteristiche ed elementi che hanno lo scopo di esasperarne i tratti bestiali. Tra le altre figure ricordiamo poi la Coremmë, che incarna la Quaresima, una figura che indica la fine del periodo di Carnevale: ha le sembianze di una vecchia zoppicante, che indossa l’abito nero del lutto. Il viso è tinto dal nero fumo.