Il futuro dell’ACR Messina è più incerto che mai. Lo è da tempo, in realtà, alla luce del caos societario di questi mesi. Serie C o Serie D sarebbe cambiato poco, in tal senso, ma la salvezza avrebbe potuto garantire qualche speranza in più in termini di futuro, anche per la categoria di investimento e per possibili soggetti interessati. La D è invece una vetrina fallimentare, per una piazza come Messina, che tra l’altro ripartirebbe con una mole di debiti importante e con il segno “meno” in classifica a causa del deferimento per le mancate spettanze federali di aprile.
In tutto ciò i tifosi si interrogano con crescente preoccupazione su cosa attende la storica società peloritana dopo la sconfitta di sabato, la retrocessione in Serie D e le gravi vicende giudiziarie che la coinvolgono. Ma c’è di più: le ultime novità riferiscono di una richiesta di liquidazione giudiziale, ovvero di fallimento, avanzata dalla Procura. E in tal senso una data segnerà un possibile punto di svolta: il 10 giugno. Quel giorno, presso il tribunale, si discuterà della richiesta della Procura di avviare il fallimento.
I motivi di questa richiesta sono da ricercare nello stato di insolvenza conclamato e accertato, nel senso che è stato appurato che il club non è in grado di andare avanti a livello economico. Una ovvietà, in sostanza, considerando le due scadenze bucate e la gestione ridicola di AAD Invest di questi mesi, dopo l’acquisizione da Pietro Sciotto. Ma è proprio la cessione a finire sotto la lente d’ingrandimento e proprio su questo fronte si concentrano le attenzioni del procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e del sostituto Fabrizio Monaco, titolari dell’indagine attualmente contro ignoti, nella quale si ipotizzano i reati di truffa e minacce.
Le tre ipotesi
Il 10 giugno, a meno di scenari francamente improbabili, o a miracoli dell’ultim’ora, potrebbe essere accolta la richiesta della Procura, aprendo le porte del fallimento. Che significherebbe “fine”, l’ennesima, di un club che da tempo ormai non trova pace. Sullo Stretto si pensava che il punto più basso fosse stato l’anno delle “due Messina” – ACR o FC – ma quanto visto negli ultimi mesi ha superato tutto di gran lunga. In caso di fallimento, dunque, non resterebbe che ripartire, da chi o cosa non si sa. La palla passerebbe a un curatore, per la società fallita, mentre per la nuova dovrebbe muoversi la politica attraverso una manifestazione d’interesse, per far ripartire il calcio in città con una nuova matricola. A meno che non venga acquisito il titolo sportivo di qualche società di Serie D (il Milazzo, ad esempio, che è stato promosso e che è in cerca di acquirenti dopo le dimissioni del presidente, poi respinte), per tenere comunque in vita un “nuovo Messina”, in Serie D, proveniente però dalla storia di un’altra società.
E queste sono due ipotesi. Una terza, che è anche la più complessa, sarebbe rappresentata dall’arrivo improvviso di un soggetto serio e facoltoso, oltre che ambizioso e un po’ pazzo. Pazzo perché si andrebbe a sobbarcare una società in Serie D, con tanti debiti, con la penalizzazione in classifica l’anno prossimo, con l’obiettivo di ripianare i debiti e costruire una corazzata che possa ammazzare il girone I. Insomma, che possa spendere senza problemi 6 o 7 milioni di euro in una stagione un po’ come i comuni mortali sborsano 50 centesimi per un caffè al distributore. E’, ribadiamo, lo scenario più difficile, complesso, ad oggi improbabile, se non impossibile, perché non vediamo all’orizzonte – per Messina – il Pelligra di turno, l’Antonini, il Bandecchi o il City Group, rimanendo vicini all’area siciliana o dello Stretto.



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