A Genova, nel cuore di uno dei porti più importanti del Mediterraneo, prende forma uno dei progetti infrastrutturali più ambiziosi degli ultimi anni: la nuova diga foranea. Un’opera che promette di cambiare radicalmente il volto del porto e di proiettarlo nel futuro della logistica internazionale, ma che oggi è al centro dell’attenzione per motivi meno entusiasmanti: i ritardi nella realizzazione.
La nuova diga, che dovrebbe sostituire quella attuale costruita oltre un secolo fa, è pensata per accogliere navi di dimensioni sempre maggiori, adeguando così Genova agli standard del traffico marittimo globale. Parliamo di una struttura colossale, lunga oltre 6 chilometri, con fondazioni fino a 50 metri di profondità. Un’impresa titanica, affidata al consorzio PerGenova Breakwater guidato da Webuild che si è aggiudicata la fase A per 950 milioni di euro su 1.300 di valore complessivo dell’opera finanziati in parte da fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
I ritardi nei lavori ed il problema dei finanziamenti
I lavori, allo stato attuale, non stanno rispettando il cronoprogramma iniziale. A oggi si registrano ritardi significativi, e le cause sono molteplici. In primo luogo, la complessità tecnica del progetto: la posa in mare dei giganteschi cassoni che formeranno la struttura della diga ha richiesto soluzioni ingegneristiche sofisticate e tempi di esecuzione più lunghi del previsto.
A questo si sommano gli effetti dell’aumento dei prezzi delle materie prime, che hanno fatto lievitare i costi e messo in discussione alcuni aspetti del progetto iniziale. Anche l’iter autorizzativo ha avuto il suo peso: tra valutazioni ambientali, confronti con le istituzioni e procedure burocratiche, il tempo si è dilatato ulteriormente.
Ciò ha provocato effetti inevitabili, in questi casi: l’appalatore ha infatti già avanzato riserve per 300 milioni euro alla stazione appaltante, l’ADSP (Autorità di Sistema Portuale) di Genova. Inoltre, qualche settimana fa il sito specializzato Shippingitaly.it ha svelato un aumento del fabbisogno di 140 milioni per la Fase B, non ancora appaltata. Infine, dei 330 milioni di euro che il governo aveva destinato all’opera, ne sono stati definanziati 50.
Il timore, ora, è che i ritardi possano compromettere la scadenza imposta dai fondi PNRR, che impongono il rispetto di precise milestone entro il 2026. Le autorità portuali e le imprese coinvolte stanno cercando soluzioni, ma la situazione rimane delicata.
Il futuro di un porto messo in forte discussione
Eppure, la posta in gioco è altissima. La nuova diga non è solo un’opera portuale: rappresenta il futuro di Genova come nodo strategico della logistica europea. Un ruolo che molti esperti mettono in discussione, dato che l’attracco delle grandi mega-portacontainers, che la nuova diga foranea renderà possibile, pone in campo complessi problemi infrastrutturali che solo in parte potranno essere superati con la realizzazione del Terzo Valico e dell’interporto di Rivalta Scrivia, al di là degli Appennini.
È chiaro, quindi, che non si tratta solo di un cantiere. È un banco di prova per la capacità dell’Italia di realizzare infrastrutture moderne, sostenibili e funzionali, in tempi compatibili con le esigenze del mercato globale. Nella speranza che la diga di Genova non diventi l’ennesimo simbolo di ambizioni frenate dalla lentezza esecutiva, ma piuttosto un esempio di come, anche con ostacoli importanti, si possano portare a termine progetti di grande valore strategico.



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