Altolia è una deliziosa destinazione in provincia di Messina, abitata da circa 600 persone. Frazione di collina nella parte meridionale del messinese, è circondata da una natura piuttosto generosa di castagneti, agrumeti, vigneti e uliveti, che rappresentano la principale fonte di economia di tutta la zona.
La storia di Altolia
Altolia si è sviluppata, come molti altri centri abitati della macroarea, al tempo delle incursioni saracene e, dunque, a cavallo tra il IX secolo e il X secolo. Le incursioni dei Saraceni contribuirono infatti a devastare la costa, costringendo le popolazioni locali a rifugiarsi in zone più sicure, andando sulle alte colline e, qui, contribuendo ad ampliare gli insediamenti già esistenti o creandone di nuovi, dove possibile.
È anche per questo motivo che l’impianto urbano dei centri come Altolia hanno una pianta piuttosto intricata, con una rete di vicoli stretti, scalette e ingressi ravvicinati, sorti in modo graduale nel corso dei decenni.
È sotto la dominazione araba che Altolia ebbe modo di assistere a un importante sviluppo agricolo: furono infatti impiantate nuove colture come quella degli agrumi, prima assente, e quella del gelso, che diede sufficiente notorietà alla zona. Quest’ultima diede un impulso decisivo alla manifattura artigianale della seta di alta qualità, con produzioni che furono esportate in Italia ed in Europa. La sorte di questo settore economico conobbe tuttavia una battuta d’arresto con l’avvento delle più economiche fibre sintetiche e in seguito all’eruzione vulcanica dello Stromboli, le cui ceneri portate dal vento causarono la morte dei bachi, determinando di fatto la cessazione dell’attività economica, con gravi conseguenze per l’intera zona.
Da quel momento in poi la zona fu interessata da una vivace serie di eventi che cominciarono con la dominazione normanna con i Chiaromonte (XII secolo), per poi proseguire con la rivolta antispagnola del 1674-78, in cui le case e le contrade della vallata vennero ripetutamente saccheggiate ed incendiate dagli Spagnoli e dai Francesi. Nel 1678, al termine della rivolta, Altolia fu confiscata e posta in vendita. Il centro fu acquistato da don Placido Ruffo, principe di Scaletta e della Floresta, che acquisì il titolo di Barone di Artalìa, Molino e Giampilieri.
Si arriva così ai secoli a noi più vicini, che videro Altolia subire solo parziali danni in seguito ai terremoti del messinese del 1783, 1854 e 1908. Dalla fine della Prima Guerra Mondiale il paese iniziò gradualmente a spopolarsi. Infine, l’1 ottobre del 2009, una grave alluvione con conseguente frana ha colpito Altolia provocando gravissimi danni. L’intero centro fu isolato per due giorni, prima di una lenta ripresa.
Negli anni più vicini, Altolia è stata interessata dall’applicazione di un sistema satellitare in grado di intercettare prontamente ogni rischio legato a eventuali smottamenti di terreno, al fine di prevenire nuovi gravi danni alle cose e alle persone.
Cosa visitare ad Altolia
Uno dei principali simboli di Altolia è la Chiesa di Santa Maria del Tindari. La costruzione, originariamente edificata con una sola navata, fu restaurata più volte nel corso dei secoli e, in particolar modo, nel 1841, quando si realizzarono le due navate laterali e fu allungata di cinque metri quella centrale, con rifacimento del pavimento e l’edificazione della sacrestia e del campanile. Anche la facciata subì una trasformazione elegante, che l’abbellì in stile barocco.
Dal centro abitato sono periodicamente organizzate delle escursioni verso il Pizzo Pietralunga, situato a 790 metri sul livello del mare, con l’aiuto di guide esperte che permettono a tutti gli interessati di poter compiere questa bella esperienza.
Il tragitto escursionistico in questione è caratterizzato da un paesaggio naturalistico di rilievo, contraddistinto da fitti boschi di castagno, terrazzamenti secolari e finestre panoramiche che si aprono sullo stretto. Proprio da queste terrazze naturali è possibile godere di un meraviglioso panorama che abbraccia i borghi di Altolia, Scaletta e Itala, con particolare riferimento al luogo che si trova sullo spartiacque di tre valli.
Nella parte inversa, in discesa, è possibile soffermarsi sulla visione di alcuni dammusi, antichi palmenti con il tetto a forma di cupola o botte. In alcuni di questi è ancora visibile la vasca di pigiatura, quella di raccolta del mosto e l’apertura dalla quale veniva versata l’uva.