Oggi lo sport italiano, e non solo, piange la scomparsa di Bruno Pizzul, morto a 86 anni. Prima calciatore, e poi telecronista, proprio in questo secondo ruolo ha fatto la storia del giornalismo, commentando per la Rai ben cinque Mondiali di calcio della Nazionale italiana, quest’ultima peraltro nel suo momento di massimo splendore, ovvero negli anni ’80 e ’90. Il paradosso? Il suo primo Mondiale in cuffia fu nell’86’, quattro anni dopo il trionfo in Spagna dell’82’; il suo ultimo fu nel 2002, quattro anni prima delle notti bellissime in Germania del 2006. Praticamente, l’urlo “Campioni del mondo” gli rimase strozzato in gola, anche perché più volte ci arrivò vicino.
Ma la storia di Pizzul si incrocia anche con quella dello sport di Reggio Calabria, del Granillo rinnovato e vestito a festa, tra l’altro nel momento di massimo entusiasmo della storia sportiva calcistica della città. Il riferimento è alla prima partita della Nazionale italiana di calcio nell’impianto di Via Galileo Galilei: era il 26 aprile del 2000 e la Reggina viaggiava a vele spiegate verso la salvezza in campionato nel suo primo storico campionato di Serie A.
Quella sera si affrontavano Italia e Portogallo. Inutile stare a raccontare cosa fu, il Granillo, quella sera: uno spettacolo di colori, coinvolgimento, entusiasmo, con coreografie, cori, calore. Un sentimento d’emozione vero che colpì addirittura lo stesso Pizzul, il quale pure ormai da tantissimi anni commentava partite dell’Italia in giro per il paese. “Una coreografia straordinaria, raramente ho visto un coinvolgimento così totale da parte di una città, di una terra intera”, affermò prima del fischio d’inizio.



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