Caulonia Superiore è il nome che viene attribuito al centro storico di Caulonia, arroccato su uno sperone roccioso posto a circa 300 metri sul livello del mare e, fino al 1860, denominato Castelvetere. Il riferimento a tale denominazione non era casuale: Castelvetere deriva infatti da Castrum vetus, vecchio Castello, in onore di un antico edificio di cui oggi rimangono solamente pochi ruderi, che tuttavia sono sufficienti a far mantenere a Caulonia Superiore l’immagine di una roccaforte.
Non è certamente questa, peraltro, l’unica testimonianza dei tempi antichi. Sono infatti ben visibili anche le quattro porte medievali che irrompevano nella cinta muraria, e che sono oggi inglobate nel tessuto urbano: si tratta della Porta Sant’Antonio o del Salvatore, realizzata in arenaria; della Porta Pusterla, collegata alle mura del castello, realizzata in pietra e mattoni; della Porta Amusa, chiamata anche come Porta degli orti, lungo il fiume Amusa; e, infine, della Porta Allaro, più piccola, in pietra e mattoni, rivolta verso la costa sulla via del fiume Allaro e sulla sua foce.
Cosa vedere a Caulonia Superiore
Oltre ai resti delle antiche mura, a Caulonia Superiore è possibile ammirare delle chiese di particolare interesse storico, alcune delle quali sono state recentemente oggetto di restauro. È anche possibile vedere alcuni palazzi signorili, facilmente riconoscibili per i portali e le corti interne di buona fattura artistica, eredità del buon livello di benessere socio-economico che il borgo aveva raggiunto nel Settecento. Tra le ville private più importanti e note c’è quella Campisi, con i suoi giardini e i chiostri.
Per quanto concerne l’urbanistica, la via più importante del centro storico è quella intitolata a Vincenzo Niutta, magistrato e ministro senza portafoglio nel governo Cavour del 1860, oltre che Senatore del neonato Regno d’Italia nel 1861. Il centro religioso, politico e commerciale del paese era rappresentato rispettivamente dalle piazze del Mese, del Seme e del Baglio.
In tutta Caulonia Superiore è poi possibile ammirare testimonianze importanti delle costruzioni bizantine, come l’affresco della Piazzetta S. Zaccaria, o ancora le cupole a trullo della Chiesa Matrice, con il suo mausoleo cinquecentesco.
Le tradizioni di Caulonia Superiore
Come molti altri borghi calabresi, Caulonia Superiore è particolarmente affezionata ai suoi antichi riti, tramandati di generazione in generazione. Tra i più noti c’è quello del caracolo, una processione che si svolge il Sabato Santo e che prende il nome dall’arabo kharaka, girare. La processione si svolge secondo un rituale che le due arciconfraternite protagoniste, quella dell’Immacolata e del Rosario, hanno conservato nel corso dei secoli.
Le due arciconfraternite sfilano infatti per il paese fino a incontrarsi in un punto, detto buveri. Da lì fanno un percorso insieme verso Piazza del Mese e la Chiesa Matrice. Il corteo è molto lento e avanza gradualmente con un incidere che segue passi secolari, conservati con attenzione e replicati per rendere questa processione praticamente unica nel suo genere.
Per quanto invece riguarda le tradizioni più moderne, è dal 1999 che nel mese di agosto viene organizzata la tarantella, una danza tradizionale che ha dato il nome a un festival che ogni anno porta in piazza migliaia di persone. Al festival si affiancano anche i laboratori del Tarantella power, durante i quali professionisti del settore si rendono disponibili a insegnare a tutti coloro i quali fossero interessati, come ballare la tarantella, cantare a tempo e suonare strumenti tradizionali come la lira calabrese. I laboratori sono sempre gratuiti e costituiscono un momento davvero imperdibile per chi desidera comprendere questo profilo culturale calabrese.
La Repubblica Rossa di Kaulonia
Infine, un breve cenno a un episodio molto particolare che contribuisce ad arricchire di fascino e di interesse questa parte di Calabria.
Nel 1945, sotto la guida del sindaco Pasquale Cavallaro, nasce la Repubblica Rossa di Caulonia: i contadini, per ribellarsi ai proprietari terrieri, decisero di scioperare. In seguito all’arresto del figlio del sindaco, accusato di furto, la protesta si tramutò in una vera e propria rivolta di quattro giorni, finendo con l’estendersi ad alcuni comuni limitrofi e con l’organizzazione di una sorta di esercito popolare e di un tribunale del popolo.
I rivoltosi vennero poi isolati e disarmati in seguito all’omicidio del parroco e di un bracciante. Le persone coinvolte nelle rivolte vennero processate dal Tribunale di Locri e, secondo le ricostruzioni degli stessi rivoltosi, ottanta persone subirono violenze e torture, e due ne morirono.