Da martedì in Italia non si parla d’altro: volenti o nolenti, Sanremo è polarizzante e anche chi lo snobba, chi professa di odiarlo, chi si tiene ben alla larga da premere il tasto 1 sul telecomando, alla fine un occhio e un orecchio a quanto accade sul palco dell’Ariston li butta sempre. Sanremo 2025 è anche il Festival dei confronti. Carlo Conti ha raccolto la pesante eredità di Amadeus che ha ‘svecchiato’ il format e rilanciato la popolarità della kermesse canora più famosa d’Italia.
Confronti che arrivano su più livelli: dai cantanti in gara allo stile della conduzione, fino agli ospiti e alla gestione delle tematiche extra-canore. E c’è chi ha voluto ridurre il tutto, come sempre, alla diatriba destra-sinistra optando, neanche a dirlo, per la più classica delle sentenze: su Tele Meloni, il Festival è diventato di destra.
Sanremo 2025: niente sermoni e forzature arcobaleno
Perchè il Festival sarebbe diventato di destra? Perchè sulla Rai, tv “a sua immagine e somiglianza” del Premier Meloni, nelle prime due serate dell’Ariston non c’è stata traccia di proteste politiche, sermoni impegnati, “Pensati libera”, ideologia gender ostentata, baci gay/lesbo e quant’altro. E siccome tutto il materiale sopracitato è chiaramente di sinistra, la parte politica che raccoglie anche l’intero pool degli intellettuali (sia mai ci sia un uomo di cultura che vota a destra), in automatico è scattata l’ennesima isteria alla fascio-censura.
Come sempre, guardando la realtà delle cose, da una prospettiva diversa e più misurata, ci si accorgerebbe chiaramente che non è così. Carlo Conti ha scelto una cifra più misurata per il suo Festival, nel quale non c’è la ricerca ossessiva della polemica, del momento che spacca lo schermo o che si trasforma in una trashata da ricordare (perchè Amadeus Blanco che distrugge il palco e John Travolta che fa il “Ballo del Qua Qua” se li ricorda…).
La politica è semplicemente uscita dall’Ariston. La mancanza di sermoni e monologhi lascia vuoti tanto a destra quanto a sinistra. La forte impronta mancina dei Festival di Amadeus non è stata sostituita con una propaganda di destra. Semplicemente, le forzature politiche sono uscite dall’Ariston.
Le canzoni sono lo show
A Carlo Conti è stato più volte sottolineato (per non dire rimproverato) che nel suo Festival manca lo “show”. Il direttore artistico toscano ha risposto che “le canzoni sono lo show“. E quindi spazio a tutti e 29 i cantanti in gara nella prima serata con ritmi serrati, qualche intermezzo canoro con superospite (per altro Jovanotti, “l’emblema della destra”) e gag con i co-conduttori. Nella seconda serata solo metà dei cantanti in gara e più spazio a momenti di ironia affidati a un travolgente Nino Frassica.
Lo share è rimasto altissimo superando anche le passate edizioni. E probabilmente il merito non è nemmeno di Carlo Conti ma della curiosità per le canzoni e del parere positivo su quanto ascoltato. Quindi niente censure (l’unica canzone politica è quella di Willie Peyote, dichiaratamente di sinistra e con messaggi che ricalcano lo stesso colore politico), niente Festival di destra o sinistra: banalmente, più spazio alle canzoni e meno alla propaganda. A qualcuno dà fastidio che Sanremo sia tornato il Festival della musica?



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