“Se passeggiate sul corso Garibaldi, il salotto liberty di Reggio Calabria, prima o poi vi capiterà di incrociare Pasquale “Lillo” Foti mentre fa la spola tra le sue boutique (ne ha un paio anche a Milano). Da quando ha lasciato il calcio è tornato a occuparsi a tempo pieno di moda. Lillo Foti è nato a Reggio Calabria il 3 febbraio 1950. Portò la Reggina dalla C1 alla Serie A nel 1999. Sebbene sia trascorso un decennio, la mente corre spesso lì: il miracolo Reggina, la fantasmagorica storia di una città dolente catapultata per 9 anni in Serie A, tra il 1999 e il 2009; e lui, nella duplice veste di proprietario e presidente, a fare affari con Moratti e Galliani, Giraudo e Sensi”. E’ la descrizione che la Gazzetta dello Sport fa di Lillo Foti, ex Presidente della Reggina, prima di intervistarlo in esclusiva.
In Giappone da Nakamura, convinto in dialetto calabrese
Prima domanda: Nakamura. “Sono in un hotel a Yokohama, con il gm dei Marinos. Ogni mezzora lui molla tutto e scompare, io che soffro di claustrofobia divento matto. A un certo punto, scendo al piano terra e lo vedo rispondere a 50 giornalisti per aggiornarli sulla trattativa. Non troviamo l’accordo, chiedo di far arrivare Nakamura. Gli parlo a quattr’occhi in dialetto calabrese e, in qualche modo, lo convinco”, spiega Foti.
Il fantasista giapponese, opzionato dal Real Madrid, venne acquistato nel 2002 per 3 milioni di dollari. Ampiamente ripagati da una grande operazione commerciale: la banca Credit Suisse sponsorizzò il club per 1,5 milioni, le tournée in Oriente ne fruttarono altrettanti. “All’epoca Credit Suisse era una banca di statura mondiale. Mi chiamavano i dirigenti di altre squadre stupiti: ‘Ma come hai fatto?’. Quando comunicammo la sponsorizzazione, fummo chiamati dagli uffici italiani che minacciarono azioni legali, ma io avevo un contratto regolare con la sede di Hong Kong. L’anno dopo, nell’amichevole con i Marinos a Yokohama, c’erano quasi 70mila persone, in tanti indossavano la maglia della Reggina. In Giappone Nakamura era come Totti: Nakata era più sofisticato, lui era un ragazzo del popolo”.
La coppia Pirlo-Baronio e l’importanza del Sant’Agata
Poi le domande su Pirlo e Baronio: “conoscevo benissimo il suo agente Tinti. Andrea Pirlo era un po’ chiuso all’Inter, lo incontrai a Milano. Dopo la firma volle subito raggiungere la squadra a Bologna. Il giorno dopo scese in campo e fece l’assist della vittoria”. E poi “comprai la metà del cartellino di Roberto Baronio dalla Lazio per 600 milioni di lire. L’anno dopo avevo richieste anche da Inter e Milan. L’avrei rivenduto a 15 miliardi. Feci decidere al giocatore: scelse la Lazio e firmai il contratto con Cragnotti”.
L’importanza del Sant’Agata: “avevamo un centro sportivo tutto nostro, realizzato con i proventi della cessione di Massimo Orlando alla Juve. Lavoravamo sul talento, anche per monetizzare. Cozza al Milan, Perrotta alla Juve, Cirillo all’Inter… D’altra parte, la A con le mie risorse o i ricavi del club sarebbe stato impossibile. In quel periodo, grazie al lavoro di tutti, la Reggina riusciva a offrire al mercato un prodotto interessante”.
La “magia” con Mesto e la cessione più ricca: Rolando Bianchi
Le trattative di Mesto e Rolando Bianchi: “nel 2008 dovevo definire la comproprietà di Mesto con l’Udinese, che aveva pagato 3,5 milioni di euro per la metà. Il mio amico Gino Pozzo mi disse che volevano rinnovare. Io gli risposi: “Ti restituisco i soldi e me lo riprendo tutto”. Il giorno dopo vendetti Mesto al Genoa per 7,5 milioni. Avevo già l’intesa con Preziosi”.
“La cessione più ricca fu quella di Rolando Bianchi nel 2007: uno dei protagonisti della famosa salvezza da -11. De Laurentiis disse che c’era già l’accordo con lei ma il giocatore aveva richieste “da divo”. Come andò?”, la domanda. E Foti risponde: “avevamo un’intesa col Napoli per 12 milioni, poi arrivò la chiamata di un intermediario da parte del Manchester City. Formulai una richiesta di 15 milioni e gli inglesi accettarono”.
Altri affari da ricordare. “Per definire la cessione di Cirillo all’Inter, nel 2000, mi presentai in via Durini con mia figlia Giorgia che aveva il poster di Moratti in camera. Lo raccontai al presidente e il clima si sciolse. Chiudemmo per 14 miliardi di lire, ma non dissi niente a nessuno. Il procuratore di Cirillo voleva portarlo alla Juventus. Il giorno dopo andammo a Torino. A Moggi sparai una cifra più alta, ma lui capì tutto: “L’hai già venduto”. Nel 2005 la Roma mi diede Pelizzoli gratis, in comproprietà. In fase di risoluzione, né noi né loro presentammo la busta. Mi ritrovai il 100% del portiere senza aver sborsato un soldo. Successivamente lo vendetti al Lokomotiv Mosca per 4,5 milioni di euro”.
Il personaggio più ostico con cui trattare? “Non ho mai comprato un calciatore dai grandi club, ho sempre fatto il fornitore, e questo mi ha salvato. Ho sempre portato rispetto e l’ho preteso. Rimasi impressionato di fronte a Costantino Rozzi: un uomo imponente, con i proverbiali calzini rossi. Gli cedetti Pergolizzi, trattativa dura perché era un tipo che si incazzava facilmente”.
Il rimpianto più grande: Roberto Baggio
“Nell’estate 2000 andai a trovarlo a Caldogno. Robi è stato gentilissimo. Per un’ora e mezza cercai di convincerlo, gli offrii anche la possibilità di stare a casa il giorno dopo la partita. Niente. Poi arrivò il Brescia, e Brescia era molto più vicina a Vicenza di Reggio Calabria…”.
Il presente
Il presente dice: Reggina nei Dilettanti. “Soffro molto a vederla così. Dovetti mollare, oltre che alcuni errori di gestione, a causa di problemi di salute: cinque giorni in terapia intensiva, mi dissi basta. Sono stati 30 anni straordinari ma oggi non sono più nelle stesse condizioni di quando frequentavo il Sant’Agata dalla mattina alla sera. Devo dedicarmi alla mia azienda. Però, rimango sempre innamorato della Reggina e del calcio”.



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