Louis Goldwin, il geniale e dispotico produttore, aveva le idee molto chiare su come costruire una sceneggiatura di successo. Se alla fine, diceva, il buono vince e il cattivo muore, si può essere sicuri che l’incasso del film ne sarà più che raddoppiato. Perché l’uomo medio che entra in un cinema, in fondo, offeso in vario modo dalle delusioni della realtà per un’ora e mezza vuole che gli si racconti che almeno da qualche parte le cose vadano bene. Non per nulla Harold Robbins chiamava i produttori “i mercanti dei sogni”. Ma poi, usciti da una sala cinematografica, è necessario smettere di sognare e riconfrontarsi con il mondo vero e smettere di illudersi.
Nel mondo vero non è detto mica che il buono, sempre che ci sia, debba vincere e a morire debba essere il cattivo
E nel mondo vero non è detto mica che il buono, sempre che ci sia, debba vincere e a morire debba essere il cattivo. Insomma, dobbiamo farcene una ragione, la realtà e la storia debbono essere lette per quello che sono. Se non ci piacciono possiamo anche chiuderle fuori e vivere nel nostro piccolo angolo di mondo, come se le cose non accadessero. Quello che non è concesso è di farci prendere in giro. Se proprio la realtà non la sopportiamo, possiamo anche ignorarla, e non sappiamo quanto sia lecito perché facendo così finisce che prima o poi ne saremo travolti; ma non possiamo costruircene una a nostro uso e consumo. E invece c’è tutta una categoria di giornalisti e di sedicenti storici che, siccome la realtà non si confà alle loro aspettative, hanno deciso di farcela entrare lo stesso, magari spingendocela un po’ di qua e un po’ di là. Come quegli uomini che non vogliono accettare di essere ingrassati e si spingono addosso i loro vecchi abiti un centimetro alla volta e alla fine dopo esserci entrati alla bell’e meglio dicono che ecco, gli stanno ancora benissimo, anche se non riescono neanche a chiudere un bottone e a respirare.
Fatti storici
Adesso ci sono da analizzare i fatti storici. La storia, naturalmente, non è una scienza esatta, ed è aperta sempre a nuove interpretazioni. Ma quando si legge bisogna avere l’onestà di leggerla senza pregiudizi. Sine ira et studio, diceva Tacito. I fatti sono quelli, naturalmente, ma bastassero quelli, allora degli storici si farebbe tranquillamente a meno: la storia si ridurrebbe a una gigantesca agenzia ANSA e sarebbe finita lì. Una storia di soli fatti è l’inganno e la presunzione di molti, il confine tra gli storici e gli accumulatori di dati. Il dramma però è che trovare gli storici è cosa molto complicata, e i prigionieri dei dati sono poi quelli che rendono il mondo terribilmente confuso, questo mondo che confuso lo è già di sé.
Mattarella
Orbene qualche giorno fa il presidente Mattarella ha paragonate le mire russe sull’Europa a quelle del terzo Reich, provocando una accesa rimostranza dal ministero russo. E fin qui la cosa è scontata. Ma anche in patria un certo giornalismo non è stato a tacere. Tralasciando Diego Fusaro, da sempre apertamente putiniano, che ha trovato scandaloso paragonare al terzo Reich coloro che lo hanno combattuto, anche Marco Travaglio ha trovato parecchio inopportuna l’uscita del patrio presidente. Riportiamo la chiosa del suo editoriale del 15 febbraio:
Paragonando la Russia al Terzo Reich e scordandosi i 28 milioni di morti sacrificati dall’Urss per sconfiggere il Terzo Reich, Mattarella è riuscito nella mission impossible di far passare dalla parte della ragione la portavoce russa Zacharova. Geniale.
Su certi raffronti abbiamo le nostre riserve
Premettiamo che noi, su certi raffronti abbiamo le nostre riserve. Concordiamo di più con Guicciardini che affermava come sia molto complicato confrontare esempi storici in quanto le differenze e le circostanze non sono sempre le stesse e non si ripetono sempre nella stessa maniera. Tuttavia, estrapolando dal contesto il concetto e vedendo uno Stato aggressivo da non sottovalutare come si fece per il terzo Reich che si volle tenere a bada semplicemente con un po’ di concessioni, l’affermazione non è tutta da buttar via. Pagare il conto del ristorante a un affamato non è mai stata una grande strategia per tenerlo sazio molto a lungo.
Ma questo è secondario. Quello che qui importa è l’interpretazione del fatto storico. Che Stalin abbia contribuito a sconfiggere il regime nazista, con enorme sacrificio di mezzi e di uomini, è il fatto storico, inequivocabile. Poi c’è l’interpretazione del fatto. E qui si vuole fare passare la notizia che chi sconfigge un cattivo, per ciò stesso, è un buono. Interpretazione che è stata anche veicolata per mezzo secolo in un certo mondo italico. In realtà a combattersi in quell’angolo di mondo erano due criminali, che si somigliavano parecchio. E si somigliavano tanto che fino a un certo punto quel confine se lo erano spartito senza problemi sulle spoglie sanguinolente di alcune nazioni.
Patti criminali
Poi però i patti tra i criminali durano quello che durano e Hitler fu colto dalla smania di prendersi anche il territorio dell’ex sodale. Invano il suo migliore generale, Karl von Runstedt, tentò di dissuaderlo: “Questa guerra contro la Russia è un’idea assurda che avrà certamente un esito disastroso”. Ma tentare di fare ragionare gli esaltati è sempre stata impresa ardua. La guerra fu all’ultimo sangue, e un contributo alla sconfitta, è assodato, la diedero anche gli italiani che gli fecero perdere un mese con una assurda e inutile deviazione nei Balcani. Sembra fosse stato von Fritsch ad affermare, diversi anni prima, creando un piccolo incidente diplomatico: “Non so, se scoppierà una guerra, chi la vincerà, ma so che la perderà chi avrà come alleati gli italiani”. E credeva di fare una battuta. Quindi è vero che Stalin diede un enorme contributo a liberare l’Europa dal nazismo, ma non lo fece certamente per un alto senso etico. Era solo per la necessità di difendersi. Il che va anche benissimo, se il fine è stato comunque raggiunto. Solo che quello che vi sostituì non vi differiva molto.
Gara di sterminio
I due dittatori erano impegnati in una gara di sterminio. Quando le truppe di Stalin arrivarono ad Auschwitz trovarono qualcosa di mostruoso, ma i cosiddetti liberatori già da diversi anni avevano avviato un programma parallelo di sterminio di milioni di persone in Ucraina con carestie programmate (il che ci potrebbe fare capire tante cose) e di deportazioni indiscriminate di intere popolazioni. Ma questo non turbava un uomo per cui i morti, quando si contano a milioni, sono solo “un dato statistico”. E questo spiega anche una visione distorta delle due Europe che non si capiscono: di quella occidentale, per cui il problema era il nazismo che poi smise di ringhiare, e di quella orientale, per cui il problema era, e rimase per altri quarant’anni lo stalinismo, il vincitore del nazismo, e il motivo per cui appena poterono fuggirono dalla Russia che fa ancora paura. Ma la storia perdona tutto a chi vince; così Hitler divenne l’ipostasi del male, e il corpo di Stalin finì invece in un mausoleo con milioni di visitatori e panegirici alla sua morte (basterebbe leggere le apologie quasi religiose di Pertini e di Nenni in occasione della sua morte). Paradossalmente lo aveva capito già Goebbels. Quando si combatte bisogna vincere e basta, con qualunque mezzo: la storia poi perdonerà ogni cosa ai vincitori ma sarà spietata con chi perde. Anche perché c’è tanta gente che confonde le sale cinematografiche con la realtà.



Vuoi ricevere le notifiche sulle nostre notizie più importanti?