Regginate – Le cose di nessuno

Piazza De Nava è stata riconsegnata un mese fa e quel pavimento sembrava troppo nuovo e invitante perché qualche disadattato resistesse alla tentazione di scriverci sopra qualcosa

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Piazza De Nava è stata riconsegnata, bellissima, ai reggini neanche un mese fa e quel pavimento sembrava troppo nuovo e invitante perché qualche disadattato resistesse alla tentazione di scriverci sopra qualcosa. A Reggio Calabria succede sempre così. Quando qui si inaugura qualcosa la cittadinanza partecipa sempre divisa tra due opposti sentimenti. Da un lato la gioia di potere finalmente fruire di qualcosa che di solito viene da vecchissime promesse, a cui s’accosta subito la sensazione, derivata da antica esperienza, che fa domandare: “Ecco, adesso è nuova, ma quanto durerà? E quindi godiamocela finché ce l’abbiamo”. Nulla è per sempre naturalmente, ma le cose, a Reggio, hanno sempre avuto davvero i giorni contati. Infatti, subito dopo i fasti dell’inaugurazione vengono abbandonate a sé stesse e sono destinate ad avere vita breve, o per incuria, o per mancata manutenzione, e chi vivrà vedrà. La città infatti è piena di fontane senz’acqua, di scale mobili immobili, e tutti ricordano che fine avevano fatto il vecchio tempietto e tanti altri luoghi aperti a suo tempo con gran solennità.

La scritta dell’imbecille di turno è solo il più vistoso dei problemi

Ma la scritta dell’imbecille di turno è solo il più vistoso dei problemi. E infatti non erano passati che pochi giorni che già qualcuno aveva pensato bene di usate le aiuole e i vasi di piante della piazza come immondezzaio. E quindi le aiuole erano piene di carte, pacchi di fazzoletti, sigarette e quant’altro la gente, dopo averle utilizzate e non avendo più modo di conservare, getta via. Ogni mattina ci si potevano trovare bottiglie di plastica vuote e carte di ogni genere.

Queste cose non le ho mai fatte, e ne conosco tantissimi altri che si guarderebbero bene dal farle

Qualcuno dirà, con rassegnazione, che siamo al Sud e la gente, qui, è incivile, e tanto è così e lo si sapeva. Ma noi non amiamo parlare per collettivi perché crediamo che parole come “gente”, “popolo” o “cittadinanza” siano piene di niente, non abbiano mai significato nulla e servano solo a prendere in giro. Io, per esempio, queste cose non le ho mai fatte, e ne conosco tantissimi altri che si guarderebbero bene dal farle. In realtà dietro ogni gesto c’è sempre una persona concreta. Se c’è una scritta non la ha fatta “la gente” ma un individuo preciso e se c’è una bottiglia vuota in mezzo alle piante è solo perché qualcuno, un individuo concreto, la ha lasciata là in mezzo perché si stancava di buttarla nel cestino e ha pensato, più o meno: “Intanto la mollo qui. Poi, a dio piacendo, qualcuno pulirà. Comunque da adesso non è più un problema mio”. Piazza De Nava è una piazza che, trovandosi di fronte al museo è un luogo di particolare visibilità e riempierla di spazzatura sarebbe particolarmente deleterio per una città che aspira ad avere un interesse turistico. Ma non vale meno di nessun altro luogo.

Le cose di tutti sono cose di nessuno

Prezzolini diceva che in questo paese (e soprattutto il Sud che considerava l’Africa della nazione) le cose di tutti sono cose di nessuno. Il che vuol dire che chi vuole si sente autorizzato a farne ciò che desidera, ed è già qualcosa che quelle piante non se le siano portate a casa (come accadde qualche hanno fa quando si ebbe la bella idea di fare degli alberi di Natale con tanti piccoli vasi di piante di rosse stelle di Natale, e presto restò solo la struttura portante). E quindi per evitare che le cose di tutti siano di cose di nessuno, e che ognuno si senta autorizzato a farne ciò che vuole, sarebbe opportuno come da sempre andiamo dicendo un controllo più serrato da parte dei vigili e delle sanzioni che facciano intimorire anche a gettare per terra un semplice pacchetto di sigarette. Sarebbe certo splendido affidarsi a un senso civico universalmente riconosciuto, ma quando poi si trova il cretino o lo sozzo di turno, abbiamo sempre detto che non spetta al singolo cittadino andare a litigare a suo rischio e pericolo. Ci dovrebbero essere le apposite figure ad educarlo e sanzionarlo, e crediamo che proprio la loro assenza abbia creato in città questo senso di anarchia e di impunità.

Immaginiamo quali potrebbero essere infatti eventualmente le reazioni se anche qui si venisse multati per queste cose (come accade in qualsiasi consesso civile): “Ma ti rendi conto? A Reggio non si può più vivere! Adesso mi hanno fatto la multa solo perché ho buttato una bottiglia in mezzo a quell’aiuola! Ma cose da pazzi! E io che mi ero preoccupato di non buttarla proprio per terra, proprio per fare passeggiare la gente! E poi scusa, cosa avrei dovuto farne, ora che era vuota? Avrei forse dovuto tenerla? Il cestino era almeno a due metri! Se continua così va a finire che qui non si potrà più fare niente”. All’inizio, multando queste persone, queste si sentiranno imprigionate in una sorta di società staliniana, in una sorta di repressione da gulag: non si possono più imbrattare i monumenti, buttare la spazzatura dove viene viene, appropriarsi dei beni pubblici che si trovano in strada. E davvero allora è tornato il fascismo. Bisognerebbe cominciare a pensarci: le grandi idee hanno bisogno di essere maturate. Al Nord sembra una cosa banale (lì dove non ti fanno buttare in terra neanche una carta) qui sarebbe addirittura rivoluzionario.

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