Una famiglia sotto sfratto ad Arghillà: quando la burocrazia ignora l’umanità

La colpa? Essersi trovati in condizioni di estremo bisogno

StrettoWeb

La storia che vi raccontiamo oggi arriva dal quartiere di Arghillà, periferia di Reggio Calabria. È una vicenda che colpisce al cuore e fa riflettere su come le istituzioni, a volte, dimentichino il loro dovere di proteggere i più deboli. Si tratta di una famiglia, composta da un padre, una madre e quattro bambini, che rischia di trovarsi in mezzo alla strada dopo essere stata destinataria di uno sfratto improvviso.

La colpa? Essersi trovati in condizioni di estremo bisogno. Dal 2015, questa famiglia vive in un appartamento inagibile all’interno delle palazzine del Comparto 6, senza alternative abitative. Una scelta disperata, frutto di necessità e non certo di malafede. L’edificio in questione non è oggetto di assegnazione popolare e la loro occupazione non ha privato nessuno di un alloggio.

“Ci siamo autodenunciati fin dal primo giorno”

Nel video che accompagna questo articolo, i protagonisti raccontano di essersi subito recati dalle forze dell’ordine per autodenunciarsi, dimostrando la volontà di regolarizzare la propria situazione. Tuttavia, l’atto di responsabilità non ha portato ad alcun aiuto concreto. Anzi, ha dato inizio a un incubo burocratico che li ha visti perseguitati come criminali. I bambini, testimoni involontari di questa ingiustizia, osservano increduli l’accanimento delle istituzioni.

La speranza in un bando, il silenzio come risposta

Nel 2019, con la pubblicazione di un bando ATERP per la regolarizzazione delle occupazioni abusive, la famiglia ha immediatamente presentato domanda. La normativa prevedeva che l’ente rispondesse, anche in caso di esito negativo. Da allora, il silenzio. Fino a qualche giorno fa, quando, dopo cinque anni, è arrivata una comunicazione che imponeva lo sfratto entro 15 giorni. Una decisione che ha il sapore dell’assurdo: come si può ignorare per così tanto tempo una famiglia per poi pretendere che lasci l’alloggio in poco più di due settimane?

Un appiglio nella comunità

La famiglia non è rimasta sola. Il gruppo civico “Noi Siamo Arghillà – La Rinascita”, guidato da Patrizia D’Aguì, ha preso a cuore la vicenda. Attraverso un attento esame delle carte, è emerso che l’atto esecutivo dello sfratto possa essere viziato da irregolarità. La legge prevede infatti che le famiglie in condizioni di fragilità, che abbiano presentato regolare domanda di regolarizzazione, siano tutelate. L’ATERP però sembrerebbe non aver rispettato questo principio, scatenando l’indignazione della comunità locale.

Una vittoria temporanea, ma la lotta continua

Grazie all’intervento del gruppo civico, l’ATERP ha garantito che lo sfratto non sarà eseguito allo scadere dei 15 giorni, almeno fino a quando non verranno chiariti i contorni della vicenda. È una piccola vittoria che offre un momentaneo sollievo, ma la situazione resta delicata.

La storia di questa famiglia non è un caso isolato. Come racconta il padre, molte altre persone si trovano in condizioni simili, vittime di una burocrazia lenta e distante dalle reali necessità dei cittadini.

Appello al buon senso

Questa inchiesta ci pone di fronte a una domanda scomoda: è giusto che leggi e cavilli burocratici prevalgano sull’umanità? Una famiglia con bambini non può essere lasciata senza una casa, senza sostegno e senza risposte.

Continueremo a seguire questa vicenda, sperando che il buon senso e la solidarietà possano prevalere. Laddove la giustizia si fa sorda, la comunità deve alzare la voce.

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