Il fastidio di pensare – I tanti volti del duce

Il fastidio di pensare: diceva Prezzolini, ed eravamo “appena” negli anni Sessanta, che se si avverte il desiderio di uccidere Mussolini significa che è ancora vivo

Diceva Prezzolini, ed eravamo “appena” negli anni Sessanta, che se si avverte il desiderio di uccidere Mussolini significa che è ancora vivo. Ma se avesse immaginato che dopo più di mezzo secolo ancora ci sarebbe stato un continuo fiorire di opere sullo statista di Predappio, come se in tutti questi decenni in questa sventurata repubblica non fosse accaduto null’altro di interessante, penso che se ne sarebbe stupito lui stesso che ormai non si stupiva più di nulla. Eppure basta entrare in una libreria e ovunque ci si giri immagini e volti di protagonisti del ventennio ammiccano dalle copertine dei volumi.

Non c’è intellettuale italiano che resista al richiamo dell’illustre politico

E si nota che, a un secolo e passa dall’inizio della sua ascesa, non c’è intellettuale italiano che resista al richiamo dell’illustre politico, interpretandolo nei diversi modi e mettendone in luce i diversi aspetti in un dibattito che non trova requie. Guardo solo a quei libri che negli ultimi mesi, per la fama degli autori, hanno avuto il loro rigurgito televisivo: Scurati, Vespa, Cazzullo, a cui ne potrei aggiungere almeno una decina di minori, ciascuno dei quali lo descrive a modo suo.
Ma, almeno questo, in questo paese gli storici seri e autorevoli non sono mai mancati.

Della figura di Mussolini e del fascismo se ne erano già occupati nel passato figure di altissima competenza

E della figura di Mussolini e del fascismo se ne erano già occupati nel passato figure di altissima competenza, e questo avrebbe dovuto chiudere la discussione. Almeno fino al comparire di qualche nuovo documento che ci spinga a rileggere il vecchio in una nuova ottica. Che almeno a nostra conoscenza non è avvenuto. Quale è quindi il senso di leggerne l’evoluzione politica in un libro di Cazzullo quando c’è sul politico romagnolo una bibliografia serissima e attenta che lo rende del tutto superfluo, se non fuorviante? Ma questo è un paese che ignora il contenuto delle sue biblioteche e dei suoi musei e dove la cultura non si forma all’università ma davanti agli schermi.

E così come l’arte non si studia nei libri di Longhi o di Venturi, ma in quelli di Sgarbi, è del tutto conseguente che la figura di Mussolini piuttosto che nei libri di De Felice e di Mack Smith la si apprenda sui libri di Cazzullo o di Bruno Vespa. Ed ecco quindi la letteratura mordi e fuggi che l’industria di massa mette a disposizione dell’uomo medio. Dove l’uomo in camicia nera è descritto dove come un delinquente che a furia di crimini si è trovato improvvisamente ai vertici dello Stato, dove come un personaggio da gossip sedotto e seduttore dietro le ombre della politica con rimandi al mondo nostrano, dove il creatore di una sorta di epopea storica di tragici sconvolgimenti. Insomma, in questo gigantesco pot-pourri che l’industria libraria cucina per tutti i gusti nessuno rischia di rimanere a bocca asciutta.

Noi, più banalmente, non vediamo in Mussolini un capobranco o una sorta di cinico interprete del sentimento del secolo

Noi, più banalmente, non vediamo in Mussolini un capobranco o una sorta di cinico interprete del sentimento del secolo. Che faccia parte, indelebilmente, della storia della nazione ce lo dice semplicemente il fatto che per un quarto di secolo ne ha deciso, nel bene e nel male, le sorti e le ha impresso la sua immagine. Non era successo in maniera così profonda neanche a politici di razza come Cavour o Giolitti. Ma ci chiediamo, più banalmente, come ci sia riuscito. E pur riconoscendogli una certa intelligenza politica crediamo che non sia stata questa a tenerlo saldamente in cima a un balcone. Ma piuttosto, come diceva Gobetti, che la sua sagacia sia consistita nell’aver saputo portare avanti non una politica che gli italiani sentissero estranea alla loro etica, ma una che anzi gli appartenesse appieno. A tutta quella classe politica che lo vedeva, confondendo la propria vigliaccheria con le proprie speranze, come un fenomeno passeggero destinato a dissolversi rapidamente l’intellettuale torinese rispondeva disincantato che ciò che avevano davanti agli occhi aveva invece delle solide basi. Perché il capolavoro di Mussolini era stato non creare un regime che si sovrapponesse al popolo italiano, ma averlo saputo tirar fuori dalla parte più profonda di quella che è l’identità culturale della nazione e di averne scritto l’autobiografia.

In realtà è guardandoci allo specchio che vedremo il fascismo

In realtà è guardandoci allo specchio che vedremo il fascismo. Non quella parola vuota e senza significato che ognuno tira fuori ogni volta che qualche altro non ne condivide qualche affermazione, ma il capolavoro politico di Mussolini che si è incontrato con la cultura politica della nazione. Di una nazione che ha bisogno di demonizzarlo per avere bisogno di sentirsi diversa da lui, libera, democratica, emancipata. E che ne ha fatto l’unico colpevole di un momento di sonno in una storia di splendore, ma che in realtà sarebbe subito pronta a seguire chi la riprenderebbe al guinzaglio. Più profondamente Prezzolini dipinge Mussolini come il vero italiano, che è stato grande fino a quando ha prevalso in lui il suo acume politico, ed è caduto quando il successo inaspettato lo ha spinto al peggiore degli errori: ha cominciato a credersi e a prendersi sul serio. “Per il bene come per il male non ci fu un periodo così italiano come quello del fascismo, e se Mussolini cadde lo dovette proprio al fatto che le sue qualità più paesane prevalsero in lui. Fu la zavorra della retorica italiana che lo portò a fondo”.

E se non riusciamo a crederci, se crediamo che il fascismo fu solo un momento anomalo della storia nazionale, allora crediamo davvero ad un paese di eterno rinascimento e di alto sentire morale oscurato, chissà come e perché, da una piccola macchia tra le righe della storia. Proprio perché è più facile dire che sul balcone c’era un delinquente piuttosto che sotto una nazione di servi. Tutto, piuttosto che dire che Mussolini era in fondo solo uno di noi. Ma in Italia le cose si preferisce spiegarle così.