Siamo a metà ottobre e gli allocchi che gravitano intorno all’universo Reggina e che da più di un anno credono alle favole di Brunetti, Ballarino & company, hanno già trovato il perfetto capro espiatorio per giustificare l’ennesimo fallimento sportivo della società, che dopo sei partite di un campionato che avrebbe dovuto dominare è già 5ª in classifica a -6 dalla prima, -5 dalla seconda e -3 dalla terza. Peggio di un anno fa: in proiezione, con questo ritmo, a fine campionato la Reggina chiuderà a -40 dalla prima, -35 dalla seconda e -20 dalla terza. Lo ripetiamo per chi ancora non l’ha compreso: peggio di un anno fa.
Inoltre la squadra amaranto ha già perso entrambe le partite con Scafatese e Siracusa, dimostrando una drammatica inferiorità. E in una classifica cortissima, i punti di vantaggio dalla zona playout sono soltanto 4: la Reggina è più vicina alla zona retrocessione che al primo posto che vale la promozione.
In questo contesto, i tifosi che credono in questa società (sigh!) danno tutte le colpe a Pergolizzi, palesando la loro totale instabilità. Erano infatti gli stessi tifosi che fino a poche settimane fa esaltavano Pergolizzi e la scelta della società di individuarlo quale nuovo allenatore della Reggina per questa stagione! Era – secondo loro – l’uomo giusto per vincere il campionato, in quanto lo aveva già vinto un anno fa in un altro girone e in quanto conosceva l’ambiente reggino avendo già giocato in amaranto da calciatore. Per tutta l’estate si sono eccitati perchè c’era Pergolizzi che avrebbe regalato la promozione perchè, dicevano, è un ottimo allenatore, e adesso invece dopo appena sei partite lo considerano l’unico responsabile di questo disastro ampiamente annunciato per tutti coloro che non avessero le fette di prosciutto sugli occhi!
In realtà, Pergolizzi non ha nessuna colpa: l’equivoco nasce dal fatto che Reggio Calabria è ormai l’unica città d’Italia in cui le persone, i tifosi in primis, credono alle favole. In un contesto, come quello del mondo del calcio, in cui solitamente le tifoserie sono sempre severe nei confronti delle proprietà anche quando le società fanno benissimo (basti ripercorrere l’epica stagione di Lillo Foti, a cui ne hanno combinate di tutti i colori mentre trasformava in realtà ciò che neanche nei sogni più belli si era mai potuto immaginare, ma basterebbe anche vedere cosa succede oggi a Messina con Sciotto, a Cosenza con Guarascio, a Catania con Pelligra, a Palermo persino con gli arabi, a Roma con gli americani e con Lotito, a Milano con tutte le proprietà di Inter e Milan, insomma, ovunque!), a Reggio Calabria abbiamo nel 2024 la tifoseria più lecchina e piegata del mondo nei confronti del club. Chiunque sia il propietario: è stato così negli umilianti anni di Praticò, in quelli di Gallo eletto persino cittadino onorario, e poi con il genio della finanza (!) Saladini, adesso ancora lo stesso copione con Ballarino. Con l’aggravante che dopo le esperienze precedenti bisognava almeno aprire gli occhi. E invece no, si ripetono gli stessi errori, tutti piegati a 90 con il patron di turno vuoi per qualche mollica di pane o vuoi per totale ingenuità.
Da anni, la gente crede pedissequamente a palesi fandonie raccontate solo per abbindolarli: e così l’anno scorso la colpa era di Trocini (che invece ha fatto un miracolo, con una squadretta da metà classifica raggiungendo i playoff seppur lontano anni luce dalle prime della categoria), quest’anno è di Pergolizzi. Eppure con questa squadra nessun allenatore del mondo potrebbe vincere il campionato, nè tantomeno giocarselo.
I problemi sono tutti della dirigenza: Ballarino ha affidato la Reggina prima a Pellegrino e poi a Bonanno, che sono arrivati nella sponda calabrese dello Stretto dopo un lungo periodo di disoccupazione. E anche molti calciatori vestono la maglia amaranto come unica alternativa alla disoccupazione, specie quelli più ambiti dalla tifoseria per la loro nobile storia in categorie superiori, ormai archiviata negli almanacchi. L’aspetto particolare è che sono tutti figli del Sant’Agata: Barillà, Adejo, Ragusa, Dall’Oglio, Salandria, Porcino… Quante gliene hanno dette quando erano ragazzini e il glorioso club di Lillo Foti li lanciava nel calcio che conta, dandogli l’opportunità di diventare grandi. Alcuni ci sono riusciti, altri solo in parte, tra contestazioni e mugugni di un pubblico – ai tempi – agguerrito, soprattutto con loro che erano reggini o messinesi. “Ma dove deve andare se è di Catona, avi i peri storti” dicevano gli intenditori riggitani.
Oggi, però, che sono a fine carriera, non hanno un briciolo di tenuta fisica, comprensibilmente per via di età e infortuni, e potrebbero appendere le scarpette al chiodo, vengono venerati da due anni come “lussi per la categoria” che dovevano farci vincere il campionato e invece prendono sberle da ogni avversario.
Una città seria, una tifoseria seria, avrebbe dovuto fare esattamente il contrario: coccolarli ed esaltarli quando erano giovani promesse, ringraziarli per il glorioso passato e cercare altro adesso che hanno finito. Ma ormai a Reggio va tutto al contrario.
E così la Reggina ha perso 4 partite su 4 con il Siracusa – non proprio il Real Madrid – negli ultimi 11 mesi. Ne ha pareggiate 2 su 2 con il San Luca, 2 su 3 con l’Acireale, una su due con il Portici, ha perso con Scafatese, Real Casalnuovo, Vibonese, con il Trapani due volte su due, persino con il Sant’Agata di Militello due volte su due (!) e ancora il ciclo di umiliazioni non è finito.
Il problema, non lo hanno capito gli allocchi che ancora credono alle favole, è che con questa proprietà non ci sarà mai la possibilità di lottare per vincere questo campionato. Anzi. Perduto anche questo, sarà difficile che Ballarino riesca ad iscrivere la squadra alla prossima serie D: è destinato al fallimento, che per il suo DG Praticò sarà il secondo su due esperienze dirigenziali nell’arco di pochi anni, dopo quello di dicembre 2018 evitato in extremis dal bonifico di Luca Gallo a pochi minuti dal gong.
Dopo le ultime brutte figure, in società hanno perso la voce. Non parla più nessuno, e forse è meglio così visto che quando hanno detto qualcosa si sono soltanto coperti di ridicolo, prendendosela con i campi, con gli arbitri, con le tattiche delle avversarie che “cercavano di difendersi“. E invece Pergolizzi a Siracusa ha schierato la Reggina con il 4-5-1 sperando di strappare un pareggio con unghie e denti perchè tale è l’abisso tecnico tra le due squadre, e alla fine è riuscito a perdere soltanto 1-0 per merito perchè con qualsiasi altro atteggiamento e con qualsiasi altra formazione che se la fosse giocata a viso aperto, avrebbe perso con 4 o 5 gol di scarto.
Sia chiaro: non è Inzaghi, Pergolizzi, tantomeno Ancelotti o il Mourinho dei tempi belli. Dopotutto è stato scelto da questa società e lui stesso ha sposato questa società. Ma state tranquilli che a prescindere da Pergolizzi, l’allenatore è l’ultimo dei problemi della Reggina. Per vincere la serie D servono prima di tutto i soldi, e poi ovviamente anche le competenze e le buone idee. Ballarino non ha né i denari necessari (o comunque l’intenzione/possibilità di utilizzarli per il fine amaranto) a vincere questo campionato né tutto il resto. E ormai, di fronte all’evidenza dei fatti, anche gli ultimi moicani degli allocchi non possono che arrendersi alla realtà. In fondo, i primi a meritare di marcire in serie D, sono proprio loro che hanno accolto con entusiasmo e favore quella che è stata con grande chiarezza da subito una scelta di mediocrità fatta per interessi di bottega dalla peggiore politica della storia della città. Che adesso raccoglie ciò che ha seminato: degrado, incompetenza, povertà e sottocultura.