Tropea piange (e non per colpa della cipolla): è la fine del Principato?

La Perla del Tirreno ha perso il suo smalto, amministrativamente parlando: cosa accadrà al tanto decantato turismo internazionale?

StrettoWeb

Una notizia che aleggiava nell’aria da tempo ma che, solo ieri, è divenuta una triste realtà: un altro Comune Calabrese viene commissariato. Ma non un Comune qualsiasi, bensì la Perla del Tirreno, il Principato di Calabria, il simbolo della Costa Viola. O, più semplicemente, Tropea, come la riconoscono i milioni di turisti che l’hanno visitata negli ultimi anni. Uno scrigno tra roccia e mare, una gioiello incastonato a strapiombo sul Tirreno e che è divenuto meta turistica internazionale.

La Tropea internazionale

Perché Tropea, seppur piccola, ha consolidato la sua fama di “astro nascente del marketing calabrese”: non solo cipolle, dunque, ma il mare cristallino, la caratteristica posizione che la rende nascosta eppure bellissima, le particolari casette che sono la sua cartolina insieme al Santuario della Madonna dell’Isola, il Duomo nella parte storica della cittadina e le spiagge, vere e proprie opere d’arte.

Poco meno di 6mila abitanti che, anche grazie al contributo del sindaco (ormai ex) Giovanni Macrì, hanno saputo allargare i propri orizzonti puntando sui marcatori identitari e spopolando fino all’altro capo del mondo. E mentre Tropea diventava vessillo della Calabria “che ce l’ha fatta”, dal Giappone a Nizza fino a toccare l’Australia, intanto in Comune accadeva qualcosa.

La Tropea “del fare”

L’insediamento di Macrì con la coalizione di centrodestra nel 2018 rimane, purtroppo, un ricordo lontano: eletto nella tornata delle amministrative straordinarie, l’ex Primo Cittadino ha portato avanti diversi progetti di rinnovamento, riqualificazione e, soprattutto, ha riconosciuto e puntato sulla bellezza della Perla del Tirreno e ne ha fatto il simbolo della sua politica “del fare ma con un occhio alle proprie tradizioni”. Salotti diffusi, festival di musica e d’arte, mentre l’Amministrazione, forse, combatteva con qualcosa di più complicato.

La Tropea “nascosta”

O forse, visti i motivi per cui il Comune è stato sciolto, faceva scelte che non doveva fare. Ma le sentenze le fanno i giudici e non i comuni mortali, a noi basta riportare quanto deciso dal Consiglio dei Ministri il quale, dopo attente indagini, ha deciso per lo scioglimento a causa di “infiltrazioni mafiose”.

E la nota non si ferma di certo qui: si specifica, infatti, che il Commissariamento è avvenuto “per condizionamenti da parte della criminalità organizzata che compromettono il buon andamento dell’azione amministrativa”. Una Perla che ha perso, forse, il suo valore?

E mentre Macrì, si definisce “stupito e rammaricato per la decisione”, i cittadini di Tropea si sentono smarriti: questa ricostruzione “patinata” del Principato andrà ad inficiare sui profitti di coloro che, grazie anche a Macrì, vivono di turismo? Il Commissariamento perdurerà per ben 18 mesi e, probabilmente, con la “scomunica” di Macrì andranno via anche quell’autocelebrazione e quell’hype che si erano creati introno alla cittadina vibonese.

La Tropea “vinta ma non sconfitta”

Certo è che Tropea è, e resterà, bellissima. Ma se anche il borgo “dei marcatori identitari” viene sciolto, allora tutto quello che c’è sotto potrebbe essere fuffa. Solo i cittadini perbene, in questa situazione, potranno risanare – se ce ne fosse bisogno – la reputazione macchiata del loro paese il quale, dopotutto, si trova sconfitto dalla sempre eterna ‘ndrangheta.

Da qui, Tropea raccoglierà i cocci e, come le hanno insegnato i suoi amici giapponesi, adopererà la tecnica del Kintsugi: la città verrà riparata con un collante “dorato” e, più bella di prima, sarà pronta a ripartire.

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