Reggio Calabria, “le cosche rom nella ‘ndrangheta esistono e non è etnicizzazione della criminalità”

La nota stampa del giornalista Francesco Ventura sulle evidenze emerse con l’inchiesta “Garden”

StrettoWeb

Le cosche rom esistono e la maxi operazione compiuta dalla Guardia di Finanza all’interno dell’inchiesta “Garden” ha ulteriormente confermato questo fenomeno, che banalmente esiste ma che drammaticamente non è stato finora compreso e trattato in modo adeguato. Punto il mio dito contro il Comune di Reggio Calabria per una sua precisa responsabilità politica. Palazzo San Giorgio ha lasciato proliferare questo male, di cui da tempo lì si è a conoscenza e contro cui si è deciso di non agire. L’alibi del non aver saputo crolla innanzi all’evidenza del non averne voluto sapere“.

Così commenta a caldo l’inchiesta “Garden” il giornalista Francesco Ventura, il quale nelle scorse settimane ha subito un grave atto intimidatorio che si sospetta essere legato al suo scrivere di criminalità organizzata rom nel reggino e alle sue vicende giudiziarie legate al Rione Marconi.

Sono quasi undici anni che mi si additata come millantatore e romanziere quando scrivo di cosche rom nel reggino. Ai miei ben noti detrattori dico però che sbagliano genere letterario. Io sono un saggista e lo può dimostrare il mio libro “Ndrangheta Foederati”, dove nel 2016 ho delineato ed argomentato con fonti aperte e note a piè di pagina le dinamiche oggi emerse e confermate in diverse e recenti indagini della direzione investigativa antimafia – prosegue Ventura –. Alcuni calabresi sono ndranghetisti ed alcuni rom sono ndranghetisti, negare ciò lede quella comunità che da questi criminali è cannibalizzata e di cui è le prima vittima: lo tengano a mente coloro che cercando di sviare l’attenzione parlando di etnicizzazione della criminalità. Ripeto affinché il concetto sia chiaro. Nel marzo del 2013 ho subito un’estorsione ed a maggio 2022 ho ottenuto una condanna in primo grado contro chi mi ha attaccato. Nel difendermi e nel subire oltre al danno pure l’ignavia del Comune di Reggio Calabria mi sono trovato costretto a scrivere di cronaca giudiziaria con gli strumenti e l’approccio del giornalista di pagina culturale.

Concludo rivolgendomi nuovamente e direttamente agli inquilini di Palazzo San Giorgio: ho combattuto dieci anni e se costretto continuerò fino a quando la mia vicenda non sarà risolta. Credo di essermi meritato il diritto alla tranquillità, ad una soluzione equa e giusta volta a creare le condizioni basilari per tornare a concentrarmi sulle mie vere aspirazioni professionali e culturali”.

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