L’interrogatorio a Matteo Messina Denaro, le clamorose rivelazioni sulla latitanza e il passaggio sul piccolo Giuseppe Di Matteo

Le parole di Matteo Messina Denaro nel primo interrogatorio

Non sono un mafioso” e “non mi pentiro’ mai“. E ancora: “Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia“. Matteo Messina Denaro, nel primo interrogatorio reso ai magistrati di Palermo il 13 febbraio e i cui verbali sono stati ricoverati oggi, si dimostra poco disponibile a concessioni. “Ora che ho la malattia – spiegava il cambiamento di vita e di stile della latitanza che lo hanno esposto maggiormente – non posso stare piu’ fuori e debbo ritornare qua. Allora mi metto a fare una vita da albero piantato in mezzo alla foresta“. A Campobello di Mazara “mi sono creato un’altra identita’: Francesco” e pochi conoscevano la sua vera identita’: “Giocavo a poker, mangiavo al ristorante, andavo a giocare“. Assicura: “Io mi sento uomo d’onore, ma non come mafioso. Cosa nostra la conosco dai giornali… magari ci facevo affari e non sapevo che era Cosa nostra“. E afferma di non avere commesso i reati di cui lo accusano: “Stragi e omicidi… non c’entro nella maniera piu’ assoluta. Poi mi possono accusare di qualsiasi cosa, io che ci posso fare“. Non c’entrerebbe neppure con l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo: “Una cosa fatemela dire: forse e’ la cosa a cui tengo di piu’. Io non sono un santo, ma con l’omicidio del bambino non c’entro“. Per il boss decise tutto Giovanni Brusca, “e io mi sento appioppare un omicidio, invece secondo me mi devono appioppare il sequestro di persona. Non lo faccio per una questione di 30 anni o ergastolo, per una questione di principio. E poi a tutti… cioe’ loro lo hanno ammazzato, lo hanno sciolto nell’acido e alla fine quello a pagare sono io? Ma ingiustizie quante ne devo subire?”.