Reggio Calabria, i locali del centro: “dopo Birri Basta e Ciroma, ora Clubbino e Spaccanapoli: basta soprusi, è giunta l’ora di ribellarci”

Reggio Calabria, la nota della Direzione di Ciaputimufari sul problema dei gazebo

“Ciàputimufari” è il motto del nostro gruppo, formato da diversi esercizi operanti nella città, fondato nel 1998 con l’auspicio di poter realizzare qualcosa anche in una realtà così “complessa” come quella di Reggio. All’epoca “Birribasta” si chiamava “Agorà” ma la fenomenologia dei pupi e dei Pupari era già ben consolidata.  Correva l’anno 2001″. Lo afferma in una nota la Direzione di Ciaputimufari.

“Ricordiamo come le autorizzazioni per l’occupazione del suolo pubblico,  erano, in molti casi, gioco oltremodo facile (“grazie cumpari”), una “domanda” e via, anche laddove i requisiti erano insussistenti; ma in assenza di determinati “legami”  (“cu siti?…“), restavano una chimera. Dall’ufficio preposto ci chiesero, uno per volta, una caterva di documenti; compreso  una planimetria con indicazione dell’altezza degli immobili compresi nel  raggio di  1000 metri, come se stessimo costruendo un grattacielo nell’area di rispetto aeroportuale invece di  una pedana nel centro storico. Ci prestammo al gioco rispondendo  anche a questa assurda richiesta”.

“Ma il comandante della Polizia Municipale (stiamo parlando di oltre 20 anni fa, nulla a che vedere quindi con l’attuale comandante dott. Salvatore Zucco, arrivato da poco più di tre anni, ndr), ad estate inoltrata,  ci espresse un apodittico e definitivo no.  Allora non c’erano i social e pertanto l’allegoria dei “pupi e Pupari”, così intitolata, finì in manifesti regolarmente  affissi nelle mura della città. La notizia arrivò così a chi, dai piani alti del Ce.dir., chiese lumi sulla vicenda al comandante. Questi, subito dopo,  ci convocò e senza proferire parola alcuna,  ci consegnò l’autorizzazione.  Come per incanto (e senza cumpari)”.

“Episodi che ben richiamano la logica dei Pupari rispetto a cui i pupi non devono osare di ledere le fila delle leve di comando ce  ne sarebbero tanti da raccontare. Un caso meno distante nel tempo  riguarda il Ciroma, all’epoca “osservato speciale” del sindaco e di un assessore compiacente. In quel caso era pervenuto al locale un divieto  di  diffondere musica da parte del comune; i clienti, qualche giorno prima,  avevano già dovuto subire lanci d’acqua “dai piani alti” all’uscita del Ciroma. Il divieto fu revocato – per “eccesso di evidenza di infondatezza” e  quasi “a furor di popolo” –  dopo che fu scoperchiato l’inghippo posto in essere dall’assessore (alla legalità!!);  le videocamere della vicina  “Benemerita” consentirono altresì ai clienti denuncianti di individuare chi lanciava l’acqua (persona “non distante” dal sindaco)”.

“I recentissimi casi de “Al Clubbino” e subito dopo di “Spaccanapoli” sono esempi di  quanto sia distante  la nostra città dal vivere una condizione di “normale” amministrazione. E la ristorazione è solo un piccolo spezzone della scena della città in cui la logica dei pupi e dei Pupari imperversa. I Pupari dettano le regole del gioco, cangianti secondo i diversi pupi, il peso dei  loro “mediatori” nel teatrino. Ci sono  pupi che cercano solo  di sopravvivere, sgomitano per mantenere un posticino al sole; diversi, non riuscendoci da soli, ricorrono  a “cumpari”, già in attesa di prestarsi al gioco. Ed i  pupi restano così “obbligati”. I Pupari che “detengono” un pezzetto di  cosa pubblica, il proprio orticello,  sono diversi. In una città devastata economicamente e socialmente hanno gioco facile. E ci sono  anche pupi che, grazie alle intercessioni con i Pupari ricevono interessati regali : “grazie cumpari… grazie cumpari” continua ancora la Direzione di Ciaputimufari.  

“Il risultato? Una città in cui alcuni “poteri” trovano “invisibili”  incroci. Una città in cui  la meritocrazia conta al contrario, da cui la maggior parte dei migliori professionisti nei diversi settori si trasferiscono in realtà ove non contano le appartenenze ed i “cumparati” ma le capacità. Una città   da  cui i giovani, nella maggior parte dei casi, trasmigrano prima o subito dopo il completamento degli studi. In cerca di una città normale. Una città in cui la qualità  globale della pubblica amministrazione si “ammira” persino  lungo le strade del centro, ove è difficile distinguere le fosse per via della loro continuità, ove è raro vedere transitare un turista,  ma non è certo raro  assistere a transito in processione  di fauna indesiderata (ratti, blatte …), cumuli di immondizia. Una città in cui, invece, come risaputo,  la collocazione nella fascia alta delle destinazioni   turistiche internazionali  ben competerebbe per la bellezza dei luoghi, la storia, la posizione strategica.  Ma neanche i Bronzi, un incredibile  regalo dei greci venuto dal mare, ha potuto risollevare un po’ le nostre sorti. Siamo, sempre più, precipitati  in una situazione di  estrema povertà sociale prima ancora che economica: una città allo sbando”.

“Chi ci conosce sa che, per noi, non è certo una questione di colore politico. Ma non saremmo onesti se negassimo le gravi responsabilità della “classe dirigente” locale. In effetti nei ruoli di “vertice” da noi, sovente, per le dinamiche accennate, finiscono persone incapaci ma “di interesse”.  E purtroppo, anche se solo incapaci e non complici, il risultato per la città è lo stesso. Le recenti vicende de “Al Clubbino”  e di “Spaccanapoli”  costituiscono  dimostrazione di  come certe abitudini si consolidino e si amplifichino trovando sempre nuova linfa. MA ALLA LOGICA DEI PUPI E DEI PUPARI OCCORRE RIBELLARSI. SOLO LA RIMOZIONE DI ESSA POTRA’ CONSENTIRE DI DIRE ANCORA CHE, NELLA NOSTRA REGGIO “CIA’PUTIMUFARI!” conclude.