Reggina, ristrutturazione del debito e ricorso al Coni: il caso del 2015

Quel precedente di maggio del 2015, con il Coni che accolse parzialmente un ricorso della Reggina, la quale nel frattempo aveva chiesto una ristrutturazione del debito

StrettoWeb

C’è un tempo, non troppo lontano, in cui la Reggina chiese (e ottenne) una ristrutturazione del debito, subì una penalizzazione e si vide riconoscere dal Coni un accoglimento parziale del ricorso (ma anche per altri inadempimenti). Parliamo di “3 Reggine fa”, dell’ultima gestione Foti. Maggio 2015, penalizzazione di 3 punti poi ridotta a 1 dopo ricorso al Coni. Allora il Coni fu parzialmente foriero di buone notizie, al termine di una stagione caldissima, fatta di una serie di deferimenti, di una Reggina in difficoltà economica e a fine ciclo, come dimostra la successiva mancata iscrizione e la scomparsa dal calcio professionistico.

Alcuni passaggi del ricorso al Coni di allora

Ci sono, però, dei punti in comune con la situazione attuale: la richiesta di ristrutturazione del debito da parte della Reggina, l’omologa accettata dal Tribunale e la risposta del Coni. Qualche punto in comune, vero, ma anche tanti, tantissimi, che con la situazione attuale non c’entrano niente. Prima di entrare più nel dettaglio della situazione, riprendiamo un piccolo trafiletto del ricorso di allora (decisione n. 18 del 2015) che ricorda tanto le vicende attuali: “La Reggina Calcio sostiene, nel suo ricorso, che l’accordo di ristrutturazione del debito, pubblicato l’8 maggio 2014, non consentiva invece il pagamento dei debiti scaduti, compreso quelli in oggetto, prima del decorso del termine di 30 giorni dalla data dell’avvenuta approvazione da parte del Tribunale dell’accordo, pena la violazione del piano e del principio della par condicio dei creditori”.

E ancora: “Si deve peraltro ritenere che, come ha sostenuto nel suo ricorso, la Reggina Calcio, prima che il decreto di omologazione divenisse efficace, poteva essere giustificata la mancata tempestiva dimostrazione dell’avvenuto pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo, con le relative ritenute fiscali e previdenziali, a causa del doveroso rispetto della procedura disciplinata dalla legge fallimentare. La presenza di tale causa giustificativa non consente pertanto l’irrogazione di una sanzione per la ritardata dimostrazione dell’avvenuto pagamento dei debiti in questione”. Alla fine, il Collegio di Garanzia accolse “in parte il ricorso della società Reggina Calcio S.p.a. e, per l’effetto, ridetermina in punti 1 (uno) la penalizzazione a carico della società ricorrente”.

Le precisazioni dell’Avvocato Panuccio, che allora difese la Reggina

Fermi tutti! Non significa niente. O, perlomeno, tanti sono i punti in comune, come detto, ma le situazioni sono molto diverse. La redazione di StrettoWeb ha voluto comunque portare alla luce la vicenda, per capirne di più e per capire se potessero emergere dei paragoni tra oggi ed allora. Per farlo ha contattato colui che, 8 anni fa, difese la Reggina, ottenendo i punti utili a farle disputare lo spareggio, poi vinto, contro il Messina: l’Avvocato Panuccio. Quest’ultimo ha tenuto a precisare che sulla vicenda attuale non ha intenzione di entrare nel merito, perché non conosce a fondo la questione, per rispetto nei confronti di chi attualmente la sta seguendo e per evitare di generare ulteriore confusione.

E’ stato molto disponibile, però, a ripercorrere la vicenda del 2015, precisando che, pur trattandosi di un precedente che allora aveva aperto una strada, tanto è cambiato in questi ultimi 8 anni e tante erano le differenze tra quella situazione e quella attuale, in casa Reggina. “La Reggina – spiega Panuccio a StrettoWeb – allora aveva una serie di deferimenti per mancato pagamento emolumenti perché non aveva pagato i cosiddetti incentivi all’esodo, cioè gli indennizzi corrisposti ai tesserati con i quali si risolveva il contratto. In pratica la Covisoc e la Procura ritenevano che l’incentivo rientrasse negli emolumenti e così penalizzavano di volta in volta la Reggina perché non aveva pagato l’incentivo, i contributi e l’Irpef. Noi abbiamo sostenuto che l’incentivo all’esodo non fosse un emolumento e non rientrasse nelle previsioni allora normative, per cui non dovevamo essere penalizzati. E cioè, se il tesserato aveva risolto il contratto, non poteva essere considerato un beneficiario del pagamento. E così in sede di Appello è stata poi respinta la sanzione”.

In tutto ciò c’è di mezzo anche la ristrutturazione del debito: “in corso d’opera – prosegue Panuccio – la Reggina ha presentato un piano di ristrutturazione del debito, che si è andato a sommare ai deferimenti sopracitati. Però, preciso, noi non abbiamo mai avuto un provvedimento del Tribunale che dicesse ‘non pagate’, ma volutamente abbiamo adottato un mancato pagamento sul presupposto che il piano non fosse ancora esecutivo. La normativa di allora era diversa rispetto a quella attuale. Il Collegio di Garanzia del Coni ci accolse in parte il ricorso in riferimento alla nostra buona fede”. 

Cosa emerge?

Dalle parole dell’Avvocato emergono le differenze di cui sopra. Innanzitutto, allora il Tribunale non impedì alla Reggina di pagare le tasse, ma la scelta fu della società in quanto il piano non era ancora esecutivo. In più, oltre agli inadempimenti fiscali, di mezzo c’era anche il mancato pagamento degli incentivi all’esodo. La Federazione li considerava emolumenti, ma la Reggina vinse parzialmente il ricorso perché dimostrò che gli incentivi all’esodo non erano da considerare emolumenti. Oggi, però, non è più così. La Legge si è uniformata e gli incentivi all’esodo sono da considerare emolumenti. Questo, semplicemente, per far capire quanto è cambiato in 8 anni e quante differenze ci sono tra le due vicende (e ci aggiungeremmo anche il fatto che allora non c’era il decreto “salva imprese” e oggi sì). Senza dimenticare che ogni processo fa caso a sé. Certo, quello del 2015 non è un precedente da portare ad esempio, in casa Reggina. Però ci riporta alla mente la “posizione” del Coni con la nota già ripresa da StrettoWeb relativamente alle società in stato di crisi.

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