La “Palermo bene” trema: Messina Denaro parla e le indagini si fanno serrate

Matteo Messina Denaro lancia parole al veleno dal carcere e la Palermo bene, ovvero quell'alta borghesia che ha permesso la sua latitanza, trema

StrettoWeb

Dottoressa, lei è mai stata a Palermo?“. Lo ha chiesto Matteo Messina Denaro al medico che lo ha visitato in carcere dopo dodici giorni dal suo arresto. “No, non sono mai andata a Palermo“, ha risposto la donna. La conversazione, riportata dal quotidiano ‘la Repubblica’, prosegue con un ghigno del boss che sorride e risponde: “È una città bellissima di un milione di abitanti, e le dico una cosa…, da qualche giorno a questa parte tutta la Palermo bene ha le unghie ammucciate“. ‘Ammucciate’ significa nascoste.

Il riferimento dell’ex super latitante è alla “Palermo bene“. Ovvero tutta quella alta borghesia che, secondo gli inquirenti, ha favorito i suoi trent’anni di latitanza. E ora ha paura. Lo temono, e temono le indagini in corso.

Secondo il procuratore del capoluogo siciliano, Maurizio De Lucia,  Cosa nostra è “riuscita a entrare nei salotti buoni dove si discute di affari, finanziamenti, appalti, dove si decidono le politiche pubbliche. E vi è entrata dalla porta principale, parlando con i suoi interlocutori da pari a pari“. “La mafia ha sempre avuto rapporti strettissimi con una parte della società“, ha spiegato il magistrato. De Lucia ha anche sottolineato “come Messina Denaro abbia goduto di un appoggio molto ampio, non solo di certa borghesia“.

E probabilmente è questa la ragione per cui il capomafia trapanese, latitante per trent’anni ma libero di fare affari milionari e girare per tutta l’Italia, adesso fa illazioni. Lancia battute al veleno su alcuni esponenti della “Palermo bene. Ovvero coloro che, con il suo arresto, forse per paura di essere scoperti, hanno “ritirato” le unghie. Non graffiano. Non parlano. Si nascondono. Hanno paura di ciò che Messina Denaro può dire e hanno paura degli ‘sbirri’, di fianco ai quali passeggiano in manifestazioni anti mafia. Gli ‘sbirri’ che indagano, ancora, sulla latitanza del boss e sulla rete di protezione che lo ha permesso.

Condividi