L’analisi del Sole 24 Ore: “il made in Calabria piace all’estero”, i positivi dati sull’export

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I prodotti dell’agroalimentare calabrese sono molto richiesti all’estero e sono la base per la crescita economica del territorio: le esportazioni sono ormai il 60% del totale regionale e i rapporti sono in costante crescita

Dalla ‘nduja al bergamotto, ma non solo: “il made in Calabria piace all’estero” e conquista i mercati internazionali dell’agroalimentare. E’ quanto si legge nel report pubblicato dal Sole 24 Ore che esalta i sapori di questa terra tanto ricca quanto misteriosa. L’export di questo specifico settore rappresenta il 60% del totale delle esportazioni regionali e ad inizio 2022 ha fatto registrare un importante exploit del 36% rispetto ai dati del periodo pre-Covid. Un trend positivo che gli imprenditori locali sperano possa essere confermato, anche se ci sarà da fare i conti con il problema dei rincari energetici e dell’aumento del costo delle materie prime. Molte imprese sono infatti a rischio chiusura e non solo quelle più piccole, ma anche le più consolidate, e le parole di Pippo Callipo ne sono un esempio emblematico.

Con i prodotti agroalimentari, la Calabria sembra comunque tenere botta al periodo di inflazione e quindi instabilità: soltanto per quanto riguarda la ‘nduja, i produttori di Spilinga ad esempio hanno fatturato negli ultimi dodici mesi ben 20 milioni di euro (dato che dal 2012 cresce al ritmo del 25% all’anno), per una produzione di 20mila quintali, di cui quasi un quarto è destinato all’estero: “il prodotto spopola in Canada, Stati Uniti, Giappone, soprattutto nell’alta ristorazione, e anche in Inghilterra. Tanto che nello Yorkshire esiste una versione locale del salume calabrese, prodotta da una storica macelleria e venduto proprio con il nome di “nduja””.

Altro prodotto di pregio è il Bergamotto di Reggio Calabria, definito il “principe degli agrumi”, che rappresenta una vera specialità e dimostra l’unicità del territorio. Il Sole 24 Ore, nello specificare che l’esportazione produce oltre 5 milioni di euro ogni anno, ricorda che “cresce solo nei territori argillosi della provincia di reggina, tra Scilla, sul Tirreno, e Monasterace, sullo Ionio, non è più solo destinato all’industria profumiera. Da qualche anno viene commercializzato come frutto fresco e anche come succo per le sue proprietà nutraceutiche, capaci di regolare colesterolo, trigliceridi e glicemia”.

Altra icona del “made in Calabria” è l’olio, favorito dalla creazione di nuovi frantoi tecnologicamente avanzati (sono oltre 700) e dallo sviluppo di moderne tecniche di raccolta e molitura. Secondo i dati forniti dal quotidiano nazionale, sono 600mila i quintali prodotti di cui 18mila dichiarati Igp, per un giro d’affari di 270 milioni di euro. L’export riguarda al 20% verso Germania, Austria, Svizzera, Canada e Stati Uniti. Fanno breccia nel cuore e nel palato degli acquirenti stranieri il vino Cirò (40% destinato prevalentemente a Germania e Stati Uniti) ed anche la patata silana che fa registrare un export pari a circa 10 milioni di euro ogni anno. Segnali quindi positivi che non devono essere trascurati dagli imprenditori locali, le basi su cui costruire il futuro ci sono eccome.

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