L’intervista esclusiva di StrettoWeb all’ala della Reggina Luigi Canotto, in gol a Pisa e determinante nel cammino spumeggiante degli amaranto in questo avvio
Nasce in Calabria, a Rossano. Da piccolino tra i campetti sotto casa e la scuola calcio. Poi il sogno di una big, che sfuma, ma dietro l’angolo c’è la Reggina, che in quegli anni dominava il calcio della Regione. Bella esperienza, Granillo pieno, i gelati con Cozza, e l’addio: Luigi Canotto riparte dal basso ma, passo dopo passo, arriva in C, poi in B e torna a Reggio Calabria. Passato, presente e futuro da parte dell’ala amaranto, che si racconta ai microfoni di StrettoWeb.
Partiamo dalla fine: ti aspettavi questa partenza?
“Sicuramente una partenza così non me l’aspettavo, ma sapevo che il Direttore aveva formato una grandissima squadra, c’è un bel progetto. Speravo che le cose andassero bene sin dall’inizio, poi con il passare delle partite stanno arrivando anche i risultati”.
Ma è vero che la classifica non la guardate? O negli spogliatoi a fine partite un’occhiatina la date?
“Ma sì dai, saremmo stupidi a dire che un’occhiatina non la diamo, ma noi dobbiamo guardare partita dopo partita. L’obiettivo ora è Modena, fare risultato lì e poi prepararci al derby. Più in là saprò dirti”.
Alla luce di questo, pensi che il valore aggiunto al momento sia Inzaghi?
“Sappiamo che il mister è una persona che ci può dare tanto, però ha anche un grandissimo staff, ha gente preparata. Devo dire che è una grande cosa perché chi è giocatore le vede queste cose, vede tanto anche sull’aspetto dell’organizzazione, di come si preparano le partite. Sono veri professionisti. E poi il mister ci tiene tanto all’aspetto alimentare, vuole che mangiamo bene. E’ professionista vero”.
E’ il migliore allenatore che hai avuto in carriera?
“Ho avuto tanti allenatori bravi, tutti ex giocatori. A partire da Caserta, poi Aglietti, Grosso, sono stati prima giocatori. Questo aspetto ti fa dare qualcosa in più. Mister Inzaghi è uno dei migliori sicuramente”.
La sua presenza ha influito nella tua scelta di tornare a Reggio oppure saresti tornato lo stesso?
“La presenza del mister ha influito tanto, senza dubbio, poi c’è stato anche il progetto che mi ha esposto la società. Il mio sogno era di ritornare, ma con un progetto. C’era il mister e poi una proprietà importante e nuova, non ho pensato nemmeno un secondo ad accettare”
Raccontaci la trattativa. La prima emozione dopo la chiamata del Direttore?
“La chiamata del Direttore Taibi e della Reggina in quel momento ha cambiato tutto. Sapevo che altre società importanti mi avevano cercato e che era quasi fatta con un club, ma non sapevo nulla della Reggina. Ammetto di aver dato la parola ad un’altra squadra, era quasi fatta, ma quando poi si è presentata la Reggina, che è la squadra in cui sono stato per tre anni, con quel progetto, non ho esitato un secondo”.
E’ vero che l’anno scorso sei stato vicino a tornare?
“C’era stata una mezza cosa, ma poi non si è fatto nulla perché c’erano dei costi, forse l’operazione era un po’ più complicata, ma sapevo che Aglietti che mi voleva”.
In questi anni hai mai pensato alla possibilità che un giorno saresti potuto tornare?
“Dentro di me no, sinceramente, perché sapevo che c’erano stati dei problemi questa estate e sentirlo mi faceva male. Speravo che la società potesse essere prelevata da un grande Presidente e così è stato”.
Riavvolgiamo il nastro. Luigi Canotto è ragazzino, il Granillo è pieno, la Reggina in Serie A. Cosa sognava allora quel Canotto?
“Quando ero qua, da ragazzino, vedevo quel Granillo pieno. Il mio sogno è ora di rivedere lo stadio come allora, penso che già da quest’anno, già sa subito, si possa fare”.
Ti ispiravi a qualcuno della prima squadra, allora? O c’era qualcuno con cui andavi particolarmente d’accordo?
“Ammiravo tanto Ciccio Cozza, era un grande. Poi lui è di Cariati, sempre di Cosenza. Mi chiamava ‘terra russa’, come loro chiamano noi di Rossano. Mi veniva a prendere in foresteria e andavamo a mangiare un gelato insieme in centro”.
E il Canotto da bambino? Tutto pane e pallone? A Rossano si giocava per strada? Eri uno di quelli per cui la mamma ti chiamava dalla finestra per rientrare?
“Sono cresciuto per strada, sotto casa mia ci sono dei campetti e giocavamo coi compagni. Però andavo sempre a scuola calcio, non vedevo l’ora”.
E poi arriva la chiamata della Reggina. Raccontacela.
“Prima della Reggina potevo andare alla Fiorentina o all’Inter, ma c’era la regola che fino ai 14 anni non potevi spostarti fuori Regione, a meno che non venisse tutta la famiglia con te. All’epoca i miei genitori non se la sono sentita, mio padre faceva l’infermiere, lavorava, decisero così. E poi feci il provino con la Reggina e mi presero”.
Prima di chiudere torniamo all’attualità. Quando ti sei presentato qui hai detto che Inzaghi vi chiede di essere molto precisi sotto porta. Non so se sai che la Reggina non è tra le prime in B per numero di tiri verso la porta in questo avvio, eppure ha il migliore attacco. E’ il segnale di una squadra cinica, che spreca poco, che realizza per quanto crea, pur non avendo grandi goleador. E’ una delle armi maggiori al momento.
“Sì, ma ormai cominciano a conoscerci e sanno che gioco facciamo. Troviamo spesso squadre sulla difensiva, non è facile. A noi ali il mister ci vuole sempre larghi, poi ci sono le mezz’ali che si inseriscono in fase offensiva”.
In chiusura, riposta secca: questa Reggina è, almeno per il momento, la squadra più forte in cui hai giocato in carriera?
“Forse quest’anno posso dire che c’è una panchina molto forte, chi gioca o chi non gioca è comunque gente affidabile. E’ l’arma in più”.