La battaglia non è solo locale o regionale, in riferimento a Reggio e alla Calabria, ma anche nazionale. Il riferimento è ai termovalorizzatori presenti in Italia. Attivi ce ne sono 37. Pochi. Pochi soprattutto se pensiamo che in Germania sono 96 e in Francia addirittura 126, praticamente più del doppio e il triplo. Triste divario. Trainato specialmente, come spesso accade, dal Centro-Sud. Su 37 impianti totali, infatti, solo 7 sono al meridione. Sapete quanti ce ne sono nella sola Emilia Romagna? 8. Una Regione sola (di più di 4 milioni di abitanti) ne ha più di tutta un’area della penisola, il Sud, che conta più di 13 milioni di persone. Fuori classifica, poi, la Lombardia, che ne ha 13. Quindi 26 al Nord, 5 al Centro e 6 al Sud.
Se dunque una Regione di più di 4 milioni di abitanti ne possiede 7, può la Calabria, con quasi 2 milioni, contarne uno solo? Uno e perlopiù obsoleto, o comunque non di nuova generazione. Non uno, per intenderci, come quello di Copenaghen. Lì il rifiuto è risorsa, è zero inquinamento, è “green”, è turismo (con le piste da sci e le pareti da arrampicata), è economia (c’è anche una caffetteria con vista porto). E’ tutto, insomma. E non per niente nei giorni scorsi il Sindaco di Roma Gualtieri ha preso come esempio proprio l’impianto danese come modello da seguire per l’annunciato termovalorizzatore a Roma, che da un recente sondaggio verrebbe approvato da quasi tutti i cittadini capitolini (l’84%).
Eppure, a Reggio Calabria non va bene. Solo a Reggio, però. Ma forse sarà pazzo Gualtieri. Forse saranno pazzi a Copenaghen. E chissà che pazzoidi, deviati mentali o rincoglioniti ci saranno tra gli amministratori tedeschi e francesi. Loro hanno chi quasi e chi oltre 100 impianti. Mamma mia! Invece noi abbiamo politicanti “green”, talmente “green” da avallare da anni una raccolta differenziata che non funziona, talmente “green” da gestirla e controllarla male, talmente “green” da non accorgersi (anzi far finta di non accorgersi) che la città continua ad essere un immondezzaio senza fine e talmente “green” da pretendere di non centralizzare il sistema rifiuti alla Regione, che pure ci prova, ma senza convinzione. Occhiuto ha annunciato il raddoppio a Gioia Tauro, ma in Calabria, in rapporto alla popolazione e alla quantità di rifiuti, ne servirebbero almeno tre. E non solo per smaltirli, no. Un termovalorizzatore di ultima generazione è in grado di compensare diverse problematiche.
Come funziona un termovalorizzatore?
Urge una differenza da precisare rispetto agli inceneritori di vecchia generazione, che sono utili perlopiù riguardo lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e speciali ma che producono grandi emissioni gassose. I termovalorizzatori più recenti, o inceneritori di seconda generazione, durante la combustione dei rifiuti recuperano calore che sviluppano e che utilizzano per produrre valore, con cui a sua volta viene prodotta energia elettrica. Un impianto, dunque, dalle diverse funzionalità. E non necessita neanche di una sua realizzazione in zona scarsamente abitata. Si pensi infatti che quello di Copenaghen, il quale al suo interno brucia 440 mila tonnellate di rifiuti, si trova a pochi chilometri dal centro.
Secondo quanto rilevato dal “Libro Bianco”, uno studio del 2021 di Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) ha evidenziato che nel 2019 gli impianti italiani hanno trattato complessivamente 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e rifiuti speciali da urbani, producendo 4,6 milioni di MWh di energia elettrica e 2,2 milioni di MWh di energia termica. E questa energia (rinnovabile al 51%) è in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,8 milioni di famiglie. Dagli impianti di incenerimento “arriva un contributo fondamentale per l’economia circolare“ e, in termini di emissioni, la discarica “ha un impatto 8 volte superiore a quello del recupero energetico. Diversi flussi di rifiuti, se non recuperati energeticamente, hanno come alternativa il solo smaltimento in discarica”.
La discarica, che a Reggio Calabria (a Melicuccà) era stata annunciata come panacea di tutti i mali e come specchio per le allodole di chi ha abboccato, era in realtà, quello sì, un sistema di smaltimento rifiuti obsoleto, superato e anche altamente inquinante, rispetto a un termovalorizzatore di seconda generazione su cui si ripercorrono però inspiegabili rifiuti da parte dei politici locali. “Per gli inceneritori – si legge sempre nello studio – ci sono limiti molto stringenti alle emissioni che non hanno eguali nel panorama delle istallazioni industriali. Relativamente alle pm 10, il loro contributo è pari allo 0,03% contro il 53,8% delle combustioni commerciali e residenziali”. Le caldaie di combustione, infatti, hanno una temperatura di oltre 1.000 gradi che ossida i rifiuti, e già nella camera di combustione i fumi vengono trattati con ammoniaca, per abbattere ossidi di azoto.




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