Ponte sullo Stretto di Messina: la società statunitense Parsons contro la società Stretto di Messina spa e l’Avvocatura dello Stato
Si torna a parlare di ponte sullo stretto di Messina, ma stavolta davanti ai giudici della Corte Costituzionale, per esaminare il caso dei rimborsi per la mancata realizzazione dell’opera.
I giudici della Corte Costituzionale infatti oggi si sono riuniti i in udienza pubblica per stabilire la costituzionalità della legge del 2012. La legge in questione prevede che dopo la caducazione del contratto per la rinuncia dello Stato a costruire il Ponte di Messina alla società statunitense Parsons vada riconosciuto come indennizzo, “a definitiva e completa tacitazione di ogni diritto e pretesa“, oltre al valore delle prestazioni progettuali contrattualmente previste e direttamente eseguite, una percentuale del 10% di questo importo e non del 10% comprensivo anche delle opere non eseguite. La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Roma. I legali della società statunitense sostengono che vada applicato quanto previsto dalla legislazione generale in materia di appalti pubblici, perché l’intervento del legislatore nel 2012 sarebbe discriminatorio e impone un criterio di calcolo diverso e più oneroso per la società americana. Inoltre si violerebbe anche il principio di imparzialità della pubblica amministrazione, perchè ci sarebbe una disparità di trattamento tra chi ha sottoscritto un contratto di appalto con la società Stretto di Messina spa e tutti gli altri contraenti privati che hanno firmato contratti con la Pa. Dal canto loro, i legali della Stretto di Messina spa, poi posta in liquidazione, rappresentati in Consulta dall’avvocato Marco Annoni, evidenziano che l’opera in questione aveva caratteristiche del tutto peculiari, con il 60% di risorse pubbliche e il 40% di finanziamenti privati che andavano ricercati sul mercato; e che il compito affidato alla Parsons non era di realizzare le opere ma di vigilare sulla loro esecuzione, mai avvenuta. L’avvocato Andrea Fedeli ha ribadito invece la posizione del Governo: la crisi economica e finanziaria del 2012 ha portato alla caducazione del contratto e non al recesso unilaterale, con l’emanazione di una legge-provvedimento che risulterebbe pienamente ragionevole e legittima.



Vuoi ricevere le notifiche sulle nostre notizie più importanti?