Le rivelazioni di uno dei ragazzi che hanno scoperto di Bronzi di Riace: “Mariottini tentò di portarsi via le statue durante la notte”
Giuseppe Bragò, professore vibonese studioso e ricercatore di archeologia che ha dedicato una vita intera ai Bronzi di Riace, ha pubblicato una ricostruzione sulle vicende storiche relative al ritrovamento dei Bronzi di Riace con testimonianze dirette. Ecco il suo resoconto:
“Era la mattina del 16 agosto 1972 quando Cosimo Alì, un ragazzino allora dodicenne ed alle prime armi con la pesca subacquea, vide affiorare dal fondale marino un braccio di una statua sancendo così la scoperta dei Bronzi di Riace. Di ritorno sulla spiaggia, Cosimino non esitò a sbandierare ai quattro venti di aver trovato ‘nu cavallu romanu. I primi a tuffarsi al suo seguito furono il fratello Antonio e i compagni Giuseppe Sgrò e Domenico Campagna, tutti adolescenti. La notizia fece rapidamente il giro della spiaggia ed arrivò alle orecchie del sub romano Stefano Mariottini il quale, per sua stessa ammissione, era già a caccia di reperti archeologici in quelle acque su indicazione dell’amico (e futuro zio acquisito) Alcherio Gazzera di Monasterace (a cui la Finanza sequestrò in seguito, negli anni 80, una ingente quantità di reperti archeologici trafugati). Nella presente intervista risalente al gennaio 2006 (epoca dell’inchiesta “Facce di bronzo”), Antonio Alì rivive e racconta quei momenti vissuti in prima persona. Antonio ricorda come nessuno di loro, vista la giovane età, ebbe la prontezza di comprendere l’importanza del ritrovamento. Ad insospettirli furono gli strani movimenti notturni di Mariottini e sodali proprio nei pressi del luogo individuato da Cosimo: insolito vociare, corde calate in mare e motori per barca fusi per lo sforzo di issare qualcosa di pesante dalle oscurità del fondale. I turisti romani si giustificarono millantando una battuta di cernie. L’evidente sotterfugio indusse i ragazzi a recarsi alla Finanza di Monasterace per presentare denuncia, accompagnati da Alì padre (Rocco) e da un amico riacese detto “Dante del Comune”.
I ricordi di Antonio collocano questa decisione qualche giorno dopo quel 16 agosto, senza precisare. Giuseppe Sgrò, il più adulto dei compagni protagonisti (sedicenne all’epoca dei fatti), fa risalire tale scelta al 20 agosto mattina intorno alle 10 (come da altra intervista in fase di pubblicazione). Dopo un sopraluogo da parte di un brigadiere che accertò la veridicità di quanto sostenuto dai ragazzi, la denuncia venne verbalizzata intorno alle 12 di quello stesso giorno. Mariottini, vedendosi bruciato sul tempo dai ragazzi, si recò a denunciare solo più tardi, alle 16. Il giacimento di antichità fu sommariamente piantonato solo a partire dal primo pomeriggio del 20 agosto 1972. Le quattro notti intercorse dalla scoperta fino all’intervento delle autorità furono più che sufficienti a Mariottini ed amici per privare i Bronzi almeno del corredo (scudi, elmi, lance). In sede processuale per l’assegnazione del premio, Mariottini vinse grazie all’intervento del Sovrintendente Giuseppe Foti, il quale produsse in favore del sub romano una prova magistrale: la ricezione di una telefonata che segnalava il ritrovamento il 16 agosto sera, scavalcando così definitivamente i ragazzi. La malafede di Giuseppe Foti e Stefano Mariottini appare evidente se non altro perchè la Finanza, al 20 agosto 1972 mattina, non era ancora stata avvertita, come dimostrato dalla verbalizzazione della prima denuncia dei ragazzi. Sarà l’inchiesta “Facce di bronzo”, nel 2006, a consolidare inconfutabilmente l’imbroglio, riportando alla luce il verbale della telefonata in oggetto, dove Mariottini narra la scoperta di un “gruppo di statue” di cui una “presenta sul braccio sinistro uno scudo”“.