di Enzo Cuzzola – A Roma i padri conciliari continuavano il loro lavoro, mentre i partiti cercavano la quadra per un nuovo governo. Ma al paese la vita continuava, tutti i sabati pomeriggio l’oratorio era la nostra occupazione principale. Dopo il catechismo e la preghiera finale, tutti di corsa fuori nel campetto retrostante la chiesa a giocare. I più grandi giocavano con l’hula hop oppure con il lancio del cerchietto. Il cerchietto, di legno, che aveva un diametro di una trentina di centimetri, veniva lanciato incrociando due bacchette, di legno anche esse, l’altro giocatore doveva inforcarlo con una delle due bacchette e, senza farlo ricadere, rilanciarlo a sua volta. Non era cosa di noi bambini, provavamo e riprovavamo ma senza mai riuscirci, così come non riuscivamo a giocare gli hula hop, forse troppo grandi per noi.
Fu, evidentemente, per questo motivo, che don Pasqualino Suraci, oltre a cerchi ed hula hop, aveva comprato anche tante corde per giocarci a saltello. La corda veniva tenuta ai due estremi da due ragazzi che la facevano roteare, tanto da formare al centro un, quasi invisibile, pallone da rugby di un paio di metri di diametro. Il giocatore doveva saltellare per evitare che la corda, una volta passatagli sulla testa, finisse contro le sue gambe, nel qual caso avrebbe perso ed avrebbe dovuto lasciare il posto al prossimo agonista. Uno dei due ragazzi, che tendevano la corda, contava i salti, uno, due, tre,..dieci, cinquanta … Vinceva chi avrebbe fatto più salti. In breve, quel pomeriggio, questo gioco prese il sopravvento su quello spesso praticato: la bandierina. Era un gioco molto semplice, non costava nulla, non c’era bisogno di attrezzature, solo di un fazzoletto e di tre linee, tracciate con un legnetto sul campo in terra.
Era bello l’oratorio. Si pregava si imparava il catechismo, ma soprattutto si giocava sino allo sfinimento. Si chiudeva poi sempre con la merenda di gallette e marmellata. Don Pasqualino sapeva proprio come fare a farci diventare buoni Cattolici.



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