Fa uno strano effetto oggi, parlare della Sicilia, come un’isola maledetta. Oggi che ricorre il 35°anniversario dell’uccisione di Peppino Impastato. “La mafia è una montagna di merda” gridava Impastato contro i “potenti” della sua Cinisi. Un uomo che non avrebbe mai voluto sentire, ancora oggi, nel 2013, certi discorsi sulla sua terra. E ripensando a quel grido, i siciliani onesti non ci stanno a vedere la loro isola etichettata come l'”essenza della mafia“.
Parole pronunciate da Giuliano Ferrara, che ormai hanno fatto il giro del mondo sul Web e che sembrano così ripugnanti, così stonate. Da quella frase si è scatenato un dibattito di fuoco, che ha visto coinvolti tantissimi utenti su Facebook e Twitter, che infervorati e punti nell’intimo hanno replicato alle parole di Ferrara. Ma le accuse sono state rivolte anche al direttore Enrico Mentana, presente in trasmissione quando la Sicilia è stata definita come l’essenza della mafia, ma, per molti, manchevole di reazioni concrete, di una replica che mettesse seriamente a tacere quell’insulto così basso.
Mentana ha dovuto fare i conti con una grossa polemica su Twitter, che l’ha spinto addirittura a lasciare il social network. “Troppi insulti ricevuti” afferma il direttore. Dopo un lungo botta e risposta con gli utenti, “Chicco Mitraglia” (così soprannominato) ha detto addio a Twitter, manifestando insofferenza per chi insulta, sì, e anche tanto, ma lo fa mantendendo l’anonimato: “Resterei – ha scritto il direttore – se ci fosse almeno un elementare principio d’uguaglianza: l’obbligo di usare la propria vera identità“.
Insomma, da una frase che ferisce la dignità dei siciliani, si è passati ad un discorso ben più ampio, che sfiora, sotto alcuni aspetti, anche il campo etico, sulla possibilità o meno di nascondere dietro un nickname la propria identità su Internet. Mentana si dice contrario a ogni tipo di censura o di limitazione. Forse, quella stessa censura che il pubblico di La7, l’altra sera, avrebbe voluto fortemente sentire sull’insulto di Ferrara nei confronti della propria terra, la Sicilia.
E’ questo che sicuramente ha indignato maggiormente i telespettatori: il silenzio degli altri interlocutori presenti a quella trasmissione. Una frase “accettata” come se fosse consueta. I siciliani non lo accettano invece, perchè episodi di questo tipo affondano ogni tentativo di legalità, di lotta alla mafia messo in piedi in questa regione. Una regione condannata a questa etichetta, da sempre. E’ vero, non lo si può negare, non si può negare l’esistenza e la portata della mafia siciliana. Ma questo non vuol dire dimenticarsi dell’altro volto della Sicilia. Quel volto che oggi ricorda Peppino Impastato, Graziella Campagna, Rita Atria e tutte le altre vittime di mafia. Vorremmo poter dire qualcosa di più, vorremmo poter fare qualcosa per cancellare il nero dalla nostra terra. Ma dal passato dobbiamo imparare e dalle accuse nasce istintivo difenderci.
La polemica contro Giuliano Ferrara non si è placata nemmeno oggi. Anzi, forse proprio oggi, nel ricordo di Peppino Impastato si riaccende ancora più viva: “Caro Ferrara la mafia è l’assenza dello Stato non l’essenza della Sicilia” si legge su Twitter. E ancora: “Ricordo Peppino Impastato. Ucciso dalla mafia il 09/05/1978. Peppino Impastato siamo noi, nessuno si senta escluso“.
“La mafia è l’essenza della Sicilia”. “No, l’essenza e la speranza della Sicilia sono le persone oneste come Peppino Impastato“. Sono tutte frasi che in queste ore gli utenti di Twitter stanno dedicando a questa giornata. La speranza però, è quella di non vederle solo oggi. E’ facile, infatti, RICORDARE oggi, perchè pur non volendo, le pagine dei social network ci suggeriscono di ripensare al nome di Peppino Impastato. E’ altrettanto semplice sollevare il polverone quando ci si sente attaccati.
E’ più difficile ricordarsi dell’orrore di cui è stata capace la mafia in un giorno qualunque.