Sette anni fa ci lasciava il “professore” Franco Scoglio

Ci piace pensare che Franco Scoglio avesse due città nel cuore: Genova, dove era andato a vivere e dalla quale era stato adottato, e Messina. L’allenatore di Lipari moriva sette anni fa, colto da infarto nel corso di una trasmissione sportiva genovese. “Morirò parlando del Genoa” aveva predetto, e infatti fu proprio così, dopo un diverbio a distanza col presidente Preziosi. Il Professore, soprannome con cui tutti lo chiamavano ma che lui non apprezzava tantissimo – preferiva “maestro”, parole sue -, era un allenatore della vecchia scuola, di quelli senza peli sulla lingua e che non accettavano lezioni da nessuno. Aveva un solo mito: Nils Liedholm. Un Carletto Mazzone più pacato se vogliamo, e che suscitava in tutti, giocatori, presidenti e avversari, rispetto e stima.

Un allenatore senza fissa dimora Franco Scoglio, che in trentuno anni di carriera ha guidato ben 16 squadre di club e due nazionali. Inizia nelle giovanili della Reggina, poi 10 anni tra Serie C e D, quindi Salvatore Massimino lo chiama al Messina nel 1984. Bastano due anni a Scoglio per riportare i giallorossi in B, categoria che mancava dal 1968. A Messina resta fino al 1988, quattro anni che sono anche il suo record di permanenza consecutiva su una panchina. Ma il Professore forse ha bisogno di nuovi stimoli, e accetta la proposta di Aldo Spinelli, prendendo le redini del Genoa. Gli basta un anno, e per lui arriva la prima storica promozione in Serie A. In Liguria tornerà dal 1993 al 1995, ma stavolta sarà retrocessione, e poi ancora nel 2001-02. L’ultima panchina sarà il Napoli, in Serie B, l’anno successivo. A parte vanno citate le “avventure” internazionali. Ben 3 anni in Tunisia (dal 1998 al 2001) e uno in Libia. Prima di morire stava inoltre per firmare con la Guinea, a dimostrazione che aveva ancora tanto da dare al calcio. Passa periodi a fare il commentatore sportivo qui e lì, per alcuni mesi anche su Al Jazeera, ma era il campo il suo vero regno.

Intorno a Scoglio girano tante leggende. Lui stesso amava raccontare come fosse nato povero, “Dormivo su un letto di pietra pomice con sopra la paglia” diceva, e fino al suo arrivo a Genova girava con una vecchia Fiesta che spesso lo lasciava a piedi. Si dice che a quei tempi dormisse in macchina, per risparmiare il rimborso della società per l’albergo. Si tratta di una bufala ovviamente, ma era un uomo pragmatico, e su questo non c’è il minimo dubbio. E’ sicuro che Scoglio fosse uno che studiava, e forse non solo tattica calcistica, perché era anche un po’ psicologo e aveva delle idee particolari sulla gestione di una squadra. Spesso infatti non si presentava agli allenamenti, per far sentire i giocatori più “liberi”.

Non pensiamo di esagerare quando affermiamo che personaggi come Franco Scoglio mancano come il pane al calcio contemporaneo, soprattutto quello italiano. Individui genuini, che pensavano al loro lavoro senza creare polemiche inutili, ma anche senza falsa modestia quando si vinceva e senza cercare alibi quando si perdeva. Qualcuno può ricordarlo come “arrogante” e “presuntuoso”, ma era un allenatore vero, di quelli che per arrivare in alto fanno prima tanta, tantissima gavetta, e il suo essere un po’ antipatico era dovuto al suo enorme carisma. Ora forse i tempi sono cambiati, e per gente come lui non c’è più posto. Ma Scoglio un posto lo avrà sempre, nel cuore di tutti i tifosi messinesi e genoani che ne hanno apprezzato lo spirito personale (allo stesso tempo modesto e imponente), la professionalità e la sincerità.