Gioca, Falcomatà. Il Sindaco di Reggio Calabria, travolto dagli scandali su brogli elettorali e voto di scambio politico-mafioso, gioca sui social. Nel giro di pochi giorni ha pubblicato su Facebook prima “La California è solo una Catona che non ci ha creduto abbastanza” seguito addirittura da “Semicit” che neanche un boomer da buongiornissimo caffè; oggi ha rilanciato con “la nuova piazza di Trunca è una piazza di Spagna che ci ha creduto di più“. E non stiamo scherzando: l’ha fatto davvero! Tutto questo dopo l’esilarante video in cui se la prendeva, rigorosamente sotto riprese dell’addetto stampa, con due poveracci che si lavavano la macchina in una fontana.
Dovrebbero spiegare a Falcomatà che sarebbe il Sindaco di una Città Metropolitana, non una comparsa di Zelig. Ma lui ci aveva già abituato dai tempi di “passa pa casa“, scimmiottando Cateno De Luca durante la pandemia, e poi i reggini l’hanno rivotato. E ancora probabilmente non hanno compreso il profilo del soggetto, se è vero – com’è vero – che due giorni fa un importante movimento antimafia come la Fondazione Antonino Scopelliti, guidato dalla figlia Rosanna e ispirato alla memoria del padre ucciso dalla ‘ndrangheta, ha espressamente difeso il primo cittadino che “è sempre stato impegnato in prima linea nella battaglia contro la criminalità organizzata, ricevendo minacce e intimidazioni, ed è proprio per questo che siamo convinti che mai come ora la comunità cittadina non debba rimanere silente, ma stringersi attorno alle proprie istituzioni, senza partigianerie e toni da stadio, ma in maniera concreta e costruttiva“.
Peccato che siano le inchieste della Procura di Reggio Calabria a capovolgere totalmente questa narrazione in cui Falcomatà viene dipinto come bravo ragazzo o addirittura come una vittima della ‘ndrangheta: la maxi inchiesta Ducale ripercorre passo passo lo strettissimo legame tra il primo cittadino e il genero del boss di Sambatello, considerato dai magistrati il referente politico della ‘ndrangheta. Il famoso “Danielino“, come lo chiamava confidenzialmente Falcomatà durante la campagna elettorale, chiedendogli aiuto, invitandolo ad andare nella sua segreteria politica ma entrando dal retro “per essere più tranquilli“, organizzando poi una serie di incontri elettorali “lontani da occhi indiscreti“.
Ed è solo l’ultima di una lunga serie di inchieste in cui Falcomatà è ed è stato coinvolto: è in corso il processo per il Miramare bis, un procedimento aperto perchè il Sindaco non ha costituito il Comune come parte civile nel primo processo Miramare dove lui stesso era imputato ed è stato assolto in Cassazione dopo due condanne in primo e secondo grado perchè il reato non si è consumato. Ma in ogni caso Falcomatà ci aveva provato: non ha avuto conseguenze giudiziarie, ma la spregiudicatezza della gestione politica rimane.
Così come rimane l’intercettazione della cosca Libri documentata nell’informativa dell’inchiesta Teorema, dove un altro genero di un altro boss, parlando con la moglie figlia del boss Pasquale Libri, le diceva testualmente: “Mi ha chiamato Falcomatà e mi ha detto se voglio la ‘Luna Ribelle’. Campi solo con le cabine. Sono 15mila euro al mese“. La moglie rispondeva: “Vai a trovare a Peppe e ci dici che è una cosa che ci interessa e ci fa sapere se si deve essere puliti… in modo che possiamo mandare avanti qualche cristiano“.
Anche in quel caso il Sindaco se l’è cavata con un nulla di fatto sotto il profilo giudiziario, ma quelle parole rimangono. Come si può considerare addirittura un paladino della legalità o un esponente dell’antimafia un politico che da tempo si comporta in questo modo? E come fanno i reggini a non aprire gli occhi di fronte a una situazione politica che, qualora riguardasse altri partiti di altre coalizioni (immaginiamo ai pericolosi sovranisti della Lega o agli squadristi neofascisti di Fratelli d’Italia, ma anche ai facinorosi berlusconiani di Forza Italia), avrebbe già scatenato fiaccolate, girotondi, manifestazioni di piazza, toni da resistenza e guerra civile sui media da parte della stessa sinistra che poi quand’è al potere fa molto di peggio e continua a raccontarsi bella e pulita? Che fine ha fatto “Reggio non tace”? E il Movimento 5 Stelle? Tutti gli storici attivisti impegnati per la legalità, schierati con le Procure e i magistrati, diventano improvvisamente garantisti e tutori dell’imputato se questo è un Sindaco del Pd che intanto continua a giocare su Facebook.
Oggi, intanto, il Capogruppo del Partito Democratico – anche lui coinvolto nella stessa inchiesta e con le stesse accuse di Falcomatà – si è dimesso. Da cosa però? Dal nulla. Rimane nel Partito Democratico. Rimane in Consiglio Comunale. Semplicemente si è dimesso da Capogruppo del Pd a Palazzo San Giorgio, un incarico che ricopriva da quando il suo predecessore – Antonino Castorina – venne arrestato per il primo filone dell’inchiesta sui brogli elettorali. Anche qui, immaginiamo i titoloni sulla stampa se a finire indagati per inchieste di brogli elettorali e di voto di scambio politico-mafioso fossero stati i due capogruppo di Lega o Fratelli d’Italia in un Comune guidato da un Sindaco dello stesso partito.
Ma al Pd tutto è concesso. E Giuseppe Falcomatà è un grande statista. Un Winston Churchill che ci ha creduto di più. Un Ronald Reagan che ce l’ha fatta. Una Margaret Thatcher con i capelli lunghi. Una Angela Merkel senza tremori. Un Alcide De Gasperi dei nostri tempi. Reggio Calabria è senz’acqua solo per colpa della siccità, che infatti c’è da un mese e invece nei dieci anni precedenti Falcomatà aveva riempito i rubinetti con l’acqua della Diga del Menta. L’asfalto è così buono che il prossimo anno la Formula Uno anzichè andare a Montecarlo verrà in riva allo Stretto. E persino su Ryanair Falcomatà ci ha visto giusto: un anno fa – sempre su Facebook – aveva annunciato che avrebbe portato la compagnia all’Aeroporto dello Stretto, e adesso c’è riuscito, mentre quei cattivoni della destra al governo della Regione hanno provato ad impedirglielo in tutti i modi.
Siamo ciechi, sordi e malati noi che non ci eravamo accorti di tutto questo.
