
Era quindi più di un ventennio a separare lo S. dai fatti contestati rispetto l’esecuzione della condanna, un lunghissimo arco temporale nel quale l’imputato non aveva manifestato alcuna vicinanza a contesti delinquenziali, svolgeva una regolare attività lavorativa e non era mai stato segnalato per la benché minima violazione di legge. Tuttavia, in ragione del titolo di reato per il quale subentrava definitività della condanna lo S., a seguito del suo incarceramento, si trovava nella paradossale condizione di non poter richiedere per tutta la durata della pena alcun beneficio penitenziario, ovvero alcuna misura alternativa alla detenzione, pur in assenza di ragioni oggettive che giustificassero il trattamento aggravato.
Ed è proprio sul punto che interviene il provvedimento del Tribunale di Catanzaro il quale, accogliendo le istanze difensive rappresentate dagli Avv.ti Maria Rossana Ursino del foro di Paola e Davide Vigna del foro di Palmi, ha rilevato come non vi sia ragione – nonostante il titolo di reato – per ritenere sussistenti le condizioni che giustificano tale ostatività nei confronti di S., il quale potrà adesso richiedere le ordinarie misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario.