Le aspettative, la mancata reazione, i cambi, il “peso” di Menez: le tante facce della Reggina e una piccola paura…

StrettoWeb

Le varie facce della Reggina dopo 7 giornate: niente esaltazioni prima, niente drammi adesso. Ma da campanello d’allarme si potrebbe passare ad altro…

Questa Reggina non è da promozione diretta. Questa Reggina non è da retrocessione. Premessa necessaria, da ricordare e ribadire sia nei momenti più entusiasmanti che in quelli più pessimistici. E’ un dato di fatto. Allo stesso modo, però, non è la vera Reggina quella vista oggi, soprattutto nella ripresa. Che poi sia il campo a fornire i giudizi più giusti, tradotto “risultati”, è un ulteriore dato di fatto.

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Questa Reggina non è da promozione diretta ma neanche da retrocessione, dicevamo. Ma questo non vuol dire, ad oggi, alla 7ª giornata, che non possa terminare il campionato in prima posizione o in ultima. Su queste pagine, la scorsa settimana, scrivevamo di quanto fosse fondamentale in questa categoria partire forte e di quanto contassero gli episodi singoli. Alla Reggina, finora, sono andati tutti male, per sfortuna ma anche per demeriti. E questo non può portare con sé nient’altro che strascichi, paura di sbagliare, mancata tranquillità e tutta una serie di situazioni da cui è difficile uscire con il passare del tempo. Non è la A, non è la C, in cui i valori alla lunga vengono fuori. In B il troppo equilibrio sfasa talvolta la qualità delle rose e regala sorprese, in un senso o nell’altro.

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Lungi da noi lanciare campanelli d’allarme a questo punto del campionato, con una classifica non preoccupante e dopo la prima sconfitta veramente meritata, tra l’altro contro un avversario che si candida a diventare la favorita principale al salto, per le qualità dell’allenatore, per l’atteggiamento e per l’organico. Il rischio, più che altro, è che da campanello d’allarme si possa passare a perdita di fiducia, mancata reazione (quella preoccupante vista oggi nella ripresa) e, conseguentemente, niente risultati.

Ma Taibi è incazzato. E menomale. Menomale che è incazzato lui e lo è altrettanto mister Toscano. Dalle loro parole non sembra trasparire mancanza di fiducia o perdita della bussola, ma è giusto iniziare a capire i perché di tutto questo. I motivi per cui questa squadra non capitalizzi gli episodi, spesso entri in campo molle nella ripresa, si sfaldi alle prime difficoltà e, soprattutto, non riesca affatto ad incidere davanti senza Jeremy Menez.

Di attenuanti se ne possono ancora concedere, e anche tante, ma potrebbero col tempo iniziare ad assottigliarsi. E’ vero, nessuna colpa se Charpentier è out da mesi, se Lafferty fa continuamente avanti e indietro per le Nazionali e, purtroppo, non solo. Ma il resto è discutibile.

  1. Questa squadra è Menez dipendente? Dionisi alla vigilia ha detto che senza il francese la Reggina è più squadra. Potrà anche essere, ma nel momento in cui non crea e non tira in porta, allora Menez diventa imprescindibile. Ma è comunque un male, perché vuol dire che oltre a lui mancano anche le idee e la pericolosità offensiva.
  2. La forza della Reggina dello scorso anno erano i cambi, sapientemente gestiti da Toscano. Quest’anno, al contrario, sembrano essere un problema. Scontati, prevedibili e penalizzanti, e non è la prima volta. Livello delle riserve tecnicamente più basso di quello dei titolari o c’è altro? Se la risposta dovesse essere la prima, allora il mercato non si può considerare all’altezza in rapporto alle aspettative.
  3. Le aspettative, proprio quelle. Non è un caso che in settimana più di qualche ex Reggina avesse sottolineato come le eccessive ambizioni potessero rappresentare un’arma a doppio taglio. Anche se, bisogna ribadirlo, solo il presidente (pur ridimensionandosi nelle ultime dichiarazioni) ha provato a volare in alto. Né il Ds Taibi (che ha sempre parlato di parte sinistra della classifica e di dar fastidio alle big), né il mister e né i calciatori lo hanno fatto. L’impressione è che comunque si sia creata una certa convinzione nell’ambiente, e alla lunga inizia a diventare pesante.
  4. Ripresa senza mordente e mancata reazione. La prima la si era vista già a Lignano, la seconda no. E’ la prima volta. Non era mai accaduto nella gestione Toscano salvo, forse, a Cava de’ Tirreni lo scorso gennaio. Fu un caso isolato, quello, come dimostrano Lignano stesso, Viterbese, Sicula Leonzio o Bisceglie la scorsa stagione. Anche questa volta sarà un caso isolato?

Detto ciò, la sosta che arriva ha i suoi pregi e i suoi difetti. E’ utile se bisogna ricompattarsi e analizzare ciò che non va. Non lo è se la squadra – qualora fosse realmente incazzata come Toscano e Taibi – avesse voluto trasformare sin da subito la rabbia in energia positiva.

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