I giovani che combattono la mafia in Calabria sono sempre più isolati: “ho chiesto il porto d’armi, mi difendo da sola”

StrettoWeb

Arriva sui social network ed è clamoroso lo sfogo di Lia Staropoli, attivista antimafia impegnata da tempo in Calabria con il movimento “Ammazzateci Tutti” fondato da Aldo Pecora. “Ho chiesto il porto d’armi, mi difendo da sola” ha scritto la giovane calabrese su facebook, ottenendo tra i commenti l vicinanza del Console degli Stati Uniti, che ha scritto: “il vostro coraggio un esempio per tutti“. Un impegno, però, sempre più isolato in una Calabria in cui i giovani che combattono la criminalità si ritrovano costretti a difendersi da soli.

Abbiamo già parlato su StrettoWeb dell’impegno antimafia di Lia Staropoli. Sul suo profilo facebook rivela di temere per la propria sicurezza e per la sicurezza dei propri cari e di aver inoltrato istanza per il rilascio della licenza di porto d’armi a scopo di difesa personale. Scrivendo testualmente “La nostra attività nell’associazione antimafia “Ammazzateci Tutti” che parte dalle roccaforti della ‘ndrangheta ci espone a particolari rischi e ritorsioni. Molti di noi in questi anni hanno subito minacce e atti intimidatori, non solo io. Sebbene la vicinanza di molti uomini e donne delle Forze dell’Ordine ci rassicura e ci protegge. Parecchi episodi che si sono susseguiti destano in noi, nei nostri familiari, in me, molta preoccupazione e timore per la mia sicurezza, per la sicurezza della mia famiglia e delle persone che mi stanno accanto, pertanto ho inoltrato istanza per il rilascio della licenza di porto d’armi a scopo di difesa personale, perché alla fine noi siamo abituati a difenderci da soli“.

Aldo Pecora, presidente del movimento antimafia “Ammazzateci Tutti” riprende lo scritto della Staropoli: “Lia è con me in Ammazzateci tutti praticamente da sempre. Vive a Limbadi, roccaforte dei Mancuso.Non ha la scorta, come nessuno di noi. Ha chiesto il porto d’armi, dopo diverse intimidazioni. Perchè? Perchè chi fa antimafia come noi non ha nemici solo nella mafia, ma anche in una sedicente antimafia. La grande antimafia, quella di serie A, quella dei mega palchi, del business dei beni confiscati, dei PON sicurezza, dei giornalisti-sicari che distruggono e demoliscono su commissione non i boss, ma chi (come noi) non è allineato al pensiero dominante. Per questo Lia ha chiesto il porto d’armi, per difendersi da sola. Perchè non sappiamo più da chi guardarci. Non riusciamo più a distinguere tra amici e nemici: perchè non abbiamo amici. Perchè ci preferirebbero stesi in orizzontale dentro quattro tavole di legno di merda, piuttosto che saperci vivi. E vigili. A Lia ho scritto che non riesco a biasimarla per questa scelta, certamente lontana anni luce dallo spirito non violento di quel nostro “Ammazzateci tutti” del 2005. Perchè spesso penso alla stessa cosa, a chi ci difende, a chi mi difende, quando rientro a casa da solo alla sera. A Roma o in Calabria, il pensiero non cambia. Non abbiamo amici, cara Lia. Questa è la verità. Perchè, noi sì, siamo davvero donne e uomini Liberi“.

Tra i tanti commenti di vicinanza si legge quello di Robert Carlson, Console degli Stati Uniti: “il vostro coraggio è un’ispirazione per tutti quelli che vogliono vivere in un posto senza criminalità e violenza“. Non è la priva volta che i ragazzi di Ammazzateci tutti ricevono sostegno dagli Stati Uniti, su Wikileaks, il sito di Julian Assange, vengono rivelati i dispacci provenienti dalle sedi diplomatiche italiane, il console americano a Napoli, J. Patrick Truhn, si lancia in una analisi del fenomeno mafioso nelle regioni del sud. E’ il 6 aprile 2008, Truhn è appena tornato a Napoli dopo un viaggio in meridione e il suo commento è perentorio: “I politici non sono in grado di combattere la mafia“. Scrive il console: “La criminalità organizzata è, per il Sud Italia, uno dei più grossi ostacoli alla crescita economica ed alla stabilità politica“. Ma qualche speranza per la Calabria c’è risponde il Console “I nostri contatti in Ammazzateci Tutti -dice Truhnispirano la speranza che le persone oneste possano fare la differenza“. Nel cable 12958 il console racconta di un suo colloquio con Pecora il quale gli avrebbe certificato la continua crescita del suo gruppo di giovani. Truhn sente anche di dover rendere noti ai suoi superiori i problemi che ha l’associazione in terra di mafia.

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