A Reggio Calabria l’evento “Curare in zone di conflitto”. Il dott. Carrozza: “in alcune regioni d’Italia la medicina è paragonabile a quella in guerra” | INTERVISTA

"Curare in zone di conflitto: etica e resilienza dei medici in guerra" è l'evento organizzato a Reggio Calabria dal Rotary E-Club Italia 2102

Curare in condizioni estreme significa affrontare ogni giorno dilemmi etici, scarsità di risorse e decisioni che segnano profondamente la coscienza di chi indossa un camice. È da questa esperienza diretta che prende forma l’incontro promosso – nella giornata di ieri – dal Rotary E-Club Italia 2102, dedicato al tema della medicina nei contesti di guerra e di crisi. A margine dell’evento, l’ospite principale, il dott. Vincenzo Carrozza, ha sottolineato come, oggi, alcune realtà italiane vivano una condizione sorprendentemente simile a quella dei teatri di conflitto: “una medicina di guerra, al limite del possibile, con poche risorse e pochi colleghi che affrontano le necessità della salute dei cittadini”. Una battaglia combattuta su fronti diversi ma paralleli, dove talvolta “bisogna scegliere chi prendere e chi lasciare e non sempre la coscienza lascia in pace”.

Nel suo intervento emerge anche una visione aperta e formativa del futuro: la possibilità per i giovani medici specializzandi di confrontarsi con ospedali e colleghi in Paesi come Iraq e Libia, trasformando l’esperienza sul campo in un’occasione di crescita umana e professionale. Un passaggio fondamentale, secondo Carrozza, per costruire “una nuova classe medica più consapevole e cosciente di ciò che succede nel mondo”.

“Oggi in Italia, specialmente in alcune regioni, è paragonabile la medicina che si sta facendo in questo periodo. Una medicina di guerra, al limite del possibile, con poche risorse, pochi colleghi che affrontano le necessità della salute dei cittadini. In guerra le necessità sono altre, ovviamente, così come i pericoli sono differenti, ma stiamo combattendo una guerra su fronti diversi ma paralleli, con i colleghi di alcune regioni italiane” ha detto Carrozza.

“A volte bisogna scegliere chi prendere e chi lasciare e non sempre la coscienza lascia in pace. Nel campo delle specializzazioni abbiamo ottime scuole ed Università che formano ottimi specialisti. Già al terzo o quarto anno, quello che i nostri medici specializzandi hanno imparato, possa essere scambiato in Stati come Iraq, Libia, con altri colleghi. Fare ad esempio un anno o sei mesi in questi ospedali, per i nostri specializzandi, può arricchirli e potrebbe far davvero la differenza di una nuova classe medica più consapevole e cosciente di ciò che succede nel mondo” ha aggiunto.