Sì, c’è davvero da impazzire. La vicenda della famiglia del bosco sta appassionando e dividendo l’Italia molto più rispetto alla semplice realtà: il focus della discussione è spostato su ciò che non conta, anziché concentrarsi su ciò che è importante davvero. Tutti commentano lo stile di vita della famiglia che ha scelto di vivere nel bosco, tutti confrontano la loro scelta estrema con la vita urbana di tutti i giorni. E’ meglio così o è meglio colì, certo serve tanto coraggio ma stanno meglio di noi, oppure come possono crescere tre bambini senza acqua calda e riscaldamento, e via dicendo.
Il problema non è affatto questo. Il punto non è affatto questo. Il tema non è affatto questo.
So bene cosa significa vivere nel bosco, senza i servizi essenziali. Conosco tante persone che lo fanno nel nostro Aspromonte. Sono felici. Non fanno del male a nessuno. Hanno bambini. Non dirò mai chi sono e dove sono, neanche sotto tortura. Non li avrete mai. Così come io mai vivrei nel bosco, senza corrente, senza acqua, lontano dai servizi della città. Che poi, in Calabria, di servizi e di città ne abbiamo davvero pochi anche nei principali centri urbani. Di che cosa stiamo parlando?
E quanti nostri avi, se non nonni, bisnonni di ognuno di noi, hanno vissuto in quelle condizioni estreme? Ripeto, non lo farei, ma non li biasimo di certo. Non condivido e non farei mai la scelta di Nathan Trevallion e Catherine Birmingham, ma non mi sento neanche di criticarla. La rispetto. Non tolgono nulla a nessuno, vogliono semplicemente vivere come credono sia meglio. E lo facciano pure!
E’ questo l’unico vero punto della questione. Non entrare nel merito se sia giusto o meno, se sia condivisibile o meno, se sia bizzarro o meno. Certo che lo è: è una scelta estrema, particolare, se vogliamo anche folle. Io non lo farei mai. Ma saranno pure affari loro, no? E’ questa l’unica cosa che conta. Nathan e Catherine danno fastidio a qualcuno? Tolgono diritti a qualche altro? Fanno del male a qualcuno? Commettono crimini? Delinquono? Rubano? Ai loro bambini fanno del male? Quei bambini sono malati, infelici, depressi? Prendono psicofarmaci?
Rispondete a queste domande, semplici dati di fatto, e avrete ogni risposta su questa storia che fa impazzire.
La storia della famiglia del bosco ci porta in un mondo orwelliano in cui lo Stato è tiranno, dittatoriale, dispotico. Ti prende i figli perchè non li cresci come dicono le fantomatiche Istituzioni. Perché non sei omologato alle masse. Lo Stato, così, calpesta diritti personali e libertà individuali, mentre quelle stesse fantomatiche Istituzioni non riescono a far rispettare le regole della civiltà a decine di migliaia di comunità criminali, migranti, rom, mafie, che i bambini non li mandano a scuola e a casa non li fanno neanche studiare, che vivono nel bosco non con gli animali ma con le piantagioni di droga e nei bunker, che vivono di furti, rapine, scippi ed espedienti. Molti, i figli li fanno proprio per non finire in prigione. Toglieteli a loro i bambini! Altrimenti, abolite i Servizi Sociali!
In un Paese liberale, i Servizi Sociali non dovrebbero neanche esistere. E se arrivano a togliere dal bosco tre bambini felici con i loro genitori, dovrebbero essere dichiarati “organizzazione terroristica criminale“. Informate Trump, magari ci dà una mano. E se il Tribunale dei Minori e i Carabinieri, in Italia, oggi, non hanno altri impegni e problemi che andare a caccia dei bambini felici nel bosco per strapparli ai loro genitori, allora abolite anche Tribunale dei Minori e Carabinieri! Non dovrebbero occuparsi di questo: li paghiamo affinché combattano il crimine, i mafiosi, i criminali, i ladri, i rapinatori, i violenti, i delinquenti.
Nathan Trevallion e Catherine Birmingham non lo sono.
E nessuno può entrare nel merito della vicenda, per sindacare se quei bambini crescono bene o male, se quei bambini meritano di stare con i loro genitori o meno. Nessuno. Altrimenti domani ci saranno altri Servizi Sociali, certamente più brillanti e svegli di quelli che si sono occupati di questa povera famiglia, che andranno a requisire ai genitori tutti i figli imbambolati dalla mattina alla sera davanti a telefonini e playstation. Tutti quei figli che a dodici, a dieci, addirittura otto anni, hanno un profilo sui social network. Tutti quei figli che quotidianamente si nutrono ai fast food. Sono tutti comportamenti molto peggiori, molto più insani, molto più deleteri rispetto alla vita dei tre bimbi di Nathan Trevallion e Catherine Birmingham. Felici, in piena salute, voluti bene da tutti a Palmoli, il piccolo paese della provincia di Chieti in cui hanno scelto di vivere nel cuore dell’Appennino dell’Italia centro/meridionale.
“Eh ma gli hanno dato una casa, gli hanno dato un appartamento“. Forse non è chiaro. Loro vogliono vivere in quel modo! E’ una scelta. Non sono poveracci, non sono morti di fame, non sono zingari e non sono indigenti. Vogliono vivere nella natura, mangiare la verdura, andare a dormire al tramonto e svegliarsi all’alba. Molti di questi sono i migliori consigli dei premi Nobel per la salute e la medicina (avete mai sentito parlare dei ritmi circadiani?), altri (non lavarsi il culo con l’acqua calda) forse no ma che ci importa? Nathan e Catherine vogliono forse imporre a qualcuno di noi di fare quella vita? Spingono bambini di altri a farlo? E quei figli non sono i loro? Potranno crescerli come ritengono corretto, in un Paese liberale, in un Paese che si dice democratico e civile, che tutela i diritti umani e le libertà personali? Oppure deve decidere lo Stato come si crescono i figli? Basta dirlo, almeno sappiamo che siamo in Unione Sovietica e abbiamo il tempo di fare il Passaporto ed emigrare altrove!
Gli schieramenti della politica
Forse la realtà è molto diversa. La realtà è che in Italia c’è una classe dirigente, in modo particolare nelle Procure e negli uffici della burocrazia, che ci vuole tutti uguali. Tutti omologati, appiattiti, tutti allineati, tutti soldatini di un potere bolscevico. Non è un caso che la sinistra, quelli che si dicono anarchici, quelli che si dicono liberali, quelli che vanno in piazza per i diritti dei palestinesi, quelli che dicevano di stare dalla parte dei più deboli, oggi è in massa schierata contro questi poveretti della casa nel bosco. Paradosso dei paradossi: la sinistra ha sposato l’ideologia green, la decrescita felice, la transizione ecologica, la vita lenta e sostenibile. E poi che fa? Non difende la famiglia più green della storia, ma condivide l’idea di strappargli i bambini perchè dovrebbero vivere con uno stile molto più inquinante, producendo maggiori emissioni di anidride carbonica. Strabenedetti pagliacci!
Al contrario, la destra ci conforta: è e rimane in Italia e in occidente l’ultimo baluardo delle libertà personali e dei diritti individuali, come avevamo già avuto modo di notare con le deliranti misure restrittive, illiberali, adottate dai governi di sinistra durante la pandemia. E’ la destra l’unica forza politica liberale, l’unica tollerante, l’unica che rispetta chi è diverso, l’unica che non intende imporre a tutti la stessa visione. Il problema è che governa il parlamento da soli tre anni, e in Italia servirebbe una rivoluzione totale dopo decenni di politiche di sinistra nell’insediamento del potere: non basta una politica liberale, devono diventare liberali anche le Procure, devono diventare liberali anche gli enti di sottogoverno e tutti gli organi dello Stato guidati da funzionari e burocrati evidentemente animati dall’ideologia assolutista. Dall’abominio di voler imporre agli altri le proprie convinzioni.
Perché io in quel modo nel bosco non ci vivrei mai. Ma per difendere la libertà di Nathan e Catherine Birmingham, per la gioia dei loro bambini, e per le libere scelte individuali di qualsiasi essere umano, sono pronto a tutto.
Non è una questione di acqua, luce, gas, servizi igienici e minchiate simili. E’ una questione di libertà. Ed è molto più importante: è il bene più prezioso che abbiamo. Ecco perchè siamo tutti Nathan Trevallion che resiste e ci emoziona quando ribadisce in TV: “noi vogliamo vivere così, io al massimo posso non raccogliere più i funghi, ma per il resto non cambieremo mai nulla. Se non ci fanno vivere così, facciamo il Passaporto e andiamo via“. Alla ricerca della libertà in Paesi più civili, evoluti e liberali della nostra Italia.
