Doveva essere la stagione di Marc Marquez e lo è stata. La Ducati lo ha premiato con una moto ufficiale dopo l’ottima stagione con il team Gresini, la prima lontana dalla Honda che ormai non sentiva più sua. Con la rossa di Borgo Panigale il feeling è stato importante fin da subito: Marquez ha fatto vedere lampi di scintillante talento, quello che lo inserisce nel Gota delle due ruote e che sembrava essere svanito in maniera triste e malinconica.
Oggi a Motegi (Gp Giappone) si è chiuso un cerchio importante. Il secondo posto dietro Pecco Bagnaia (ritornato al successo in una stagione parecchio travagliata) ha permesso al campione spagnolo di ottenere la certezza matematica del 9° titolo di Campione del Mondo della MotoGP. Eguagliato Valentino Rossi, l’idolo e rivale con il quale ha battagliato in pista e verbalmente tante volte in carriera.
E pensare che la carriera di Marquez aveva preso una curva strana, quella che portava al lungo e buio rettilineo del ritiro. Nel 2020, la rovinosa caduta a Jerez con la frattura dell’omero destro rappresentò per Marquez l’inizio di un incubo: quattro operazioni, lunghi periodi di stop, dubbi, paure, la possibilità di dire “basta così” che si facevano largo ogni stagione. Marquez sembrava aver perso il talento, soffriva su una moto che quasi non riusciva più a guidare.
Poi la rinascita dopo tanti, troppi weekend passati a correre contro se stesso, il proprio corpo, la propria testa. La Ducati lo ha rimesso letteralmente in pista. Quel ‘9‘ è più di un numero: è sofferenza, gioia, resilienza, sacrificio e straordinario talento. È una leggenda che torna a essere scritta. Dopo aver eguagliato Valentino, tocca superarlo: il Motomondiale 2026 sarà quello della stella?
