di Giuseppe Romeo – Giuseppe Falcomatà è ormai un sindaco sempre più simile al Conte Ugolino di dantesca memoria: in preda alla fame politica, divora i suoi figli, uno dopo l’altro, pur di tirare avanti. L’ultimo a finire sul suo tavolo è Giovanni Muraca, consigliere regionale uscente, un tempo uomo di fiducia e amico fraterno. Oggi invece tradito, sacrificato, “mangiato” per consentire al primo cittadino di ritagliarsi un’altra chance di sopravvivenza. Non è certo una novità.
Strappi, cacciate e rotture
La storia politica di Falcomatà è costellata di strappi, cacciate e rotture: Saverio Anghelone, legato persino da vincoli familiari, costretto a lasciare tutto e passare al centrodestra pur di liberarsi del suo abbraccio soffocante; Angela Marcianò, fatta fuori quando la sua visibilità divenne troppo ingombrante; Riccardo Mauro, ex vicesindaco metropolitano oggi vicino a Forza Italia, che ha preferito eclissarsi con eleganza cinque anni fa piuttosto che continuare a condividere una linea che non riconosceva più. E ancora: Perna, Albanese, Delfino, Calabrò, Martino, Zimbalatti. Una sequenza impressionante di addii e tradimenti, fino alla rottura più clamorosa: quella con l’ex amico storico Armando Neri, oggi leader cittadino della Lega, suo diretto avversario alle prossime regionali e oggettivamente l’uomo che aveva il background per essere l’erede designato nella corsa a Palazzo San Giorgio.
Falcomatà ha consumato tutti
La verità è semplice e cruda: in undici anni di sindacatura Falcomatà ha consumato tutti. Ha ridicolizzato il suo stesso partito, mai davvero considerato nelle scelte di giunta, nelle nomine e nel sottogoverno, pretendendo però da esso levate di scudi e cieca obbedienza nelle sue velleità di candidatura a Governatore. Ha distrutto alleanze, azzerato rapporti, isolato se stesso e la città. Il risultato? Un fallimento conclamato. Non essere stato candidato a governatore dopo aver amministrato per 11 anni il Comune e la Città Metropolitana non è solo una sconfitta: è la dimostrazione che non ha costruito nulla, che non ha un’eredità politica da lasciare, che non ha rapporti con il partito, che non esiste un erede credibile da proporre alle prossime primarie comunali.
Falcomatà non ha più nessun uomo fidato
Dopo più di un decennio al potere, Falcomatà non ha più nessun uomo fidato accanto se non alcuni yes man che storicamente cambiano il “padrone politico” ciclicamente e in base alla convenienza del momento. Spinto anche dal suocero sindaco di Bagaladi, Falcomatà oggi, disperato, si candida in Consiglio pur di non sparire, calpestando anche Muraca che negli anni a Palazzo Campanella non ha certamente brillato per acume politico e abilità dialettiche, ma che era amico storico anche fuori dagli scranni. Ma il destino è segnato: Falcomatà, come Ugolino, consuma i suoi figli politici fino all’osso, condannandosi a un pasto solitario, amaro e senza futuro. Come scriveva Dante, “in preda alla disperazione e a una lacerante fame, rende la sua prole amaro nutrimento”, ma al termine di questo banchetto, non resterà che il silenzio della sua solitudine.
