Il leader dei Verdi, capofila della battaglia contro il Ponte sullo Stretto, si scaglia con violenza verbale contro un utente, rivelando la natura intollerante e reazionaria del suo ambientalismo d’opposizione
Angelo Bonelli, storico oppositore del Ponte sullo Stretto di Messina e leader del movimento No Ponte, ha dato spettacolo di sé nei giorni scorsi sui social. In una discussione pubblica sulla piattaforma X (ex Twitter), ha risposto con insulti gravi e volgari a un cittadino che aveva osato criticarlo: prima “coglione”, poi “cogliona”, a distanza di pochi minuti. Due parole che raccontano molto più di uno scatto d’ira: rivelano un atteggiamento aggressivo, scomposto, e soprattutto intollerante verso il dissenso.
Non è la prima volta che Bonelli alza i toni. Ma stavolta ha superato ogni limite, comportandosi più da estremista verbale che da uomo delle istituzioni. È grave che un parlamentare della Repubblica Italiana, nonché portavoce dei Verdi, reagisca a un’opinione scomoda con parole da bar, da branco, da bullo di strada. Ancora più grave se si considera che Bonelli guida la principale opposizione alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, una delle infrastrutture strategiche più importanti del Paese.
La sua posizione contro il Ponte, che lui stesso definisce “una follia ambientale e politica”, è da sempre connotata da un rigetto ideologico aprioristico. Non c’è confronto, non c’è apertura, non c’è proposta alternativa. Solo un no urlato e ripetuto, spesso condito da allarmismi climatici, slogan triti e – come in questo caso – insulti personali. Ma il vero volto del No Ponte oggi appare in tutta la sua natura: quello di un’opposizione di retroguardia, che si ammanta di ambientalismo per mascherare un fondamentalismo reazionario e incapace di dialogo.
Bonelli, che si dice ecologista, democratico e paladino dei diritti, ha dimostrato di non avere rispetto nemmeno per le persone che gli pongono una semplice critica. Non è riuscito a rispondere con argomenti. Ha preferito offendere. Questo è il livello di chi pretende di fermare un’opera che collegherebbe due regioni cruciali del Mezzogiorno, che darebbe impulso all’economia del Sud e che rappresenterebbe un balzo infrastrutturale in avanti, atteso da decenni.
È doveroso chiedersi: se questo è il modo in cui Bonelli tratta un cittadino che lo contraddice, con quale serenità può affrontare un dibattito pubblico sul futuro dell’Italia? Se chi guida il fronte No Ponte si rivela così incapace di gestire il confronto, se ricorre a un linguaggio violento e sessista – perché tale è, nella sostanza – è lecito domandarsi quale visione realmente democratica rappresenti.
L’ambientalismo italiano ha bisogno di serietà, di competenza, di figure autorevoli capaci di costruire, non di distruggere. Bonelli rappresenta, purtroppo, l’altra faccia della medaglia: quella dell’ambientalismo oltranzista, gridato, nichilista. Un ambientalismo che si oppone a tutto in nome di nulla, che dice “no” per partito preso e si esprime con insulti quando viene sfidato sul piano delle idee.
Il Ponte sullo Stretto può essere legittimamente discusso. Ma non può essere delegittimato da chi non conosce altra lingua se non quella dell’arroganza. Se davvero Bonelli vuole rappresentare una parte del Paese, dovrebbe iniziare col rispettarla. Anche, e soprattutto, quando non gli dà ragione.
L’episodio avvenuto su X è un campanello d’allarme: chi si oppone al progresso con tale rabbia, chi insulta chiunque osi contraddirlo, non è un costruttore di futuro. È un ostacolo culturale e politico. E chi guida il No Ponte in questo modo, non solo indebolisce la causa, ma la scredita definitivamente.
