Palermo si è svegliata ancora una volta sotto l’acqua. Il violento temporale che si è abbattuto sulla città nella mattinata del 18 giugno ha provocato allagamenti in numerose zone, paralizzando il traffico e costringendo alla chiusura diversi sottopassi, tra cui quelli di viale Regione Siciliana e via Ugo La Malfa. Scene ormai familiari ai palermitani, che ogni anno – con l’arrivo dell’estate o dei primi acquazzoni – assistono alla stessa identica sequenza: pioggia, sottopassi chiusi, disagi, lamentele. Non sono state segnalate, almeno fino ad ora, situazioni gravi come quelle del luglio 2020, quando decine di auto rimasero bloccate o sommerse, ma i disagi sono stati significativi e hanno riaperto una questione che non è più rinviabile: perché Palermo, a ogni pioggia intensa, va in tilt?
Le caditoie non reggono: fango, rifiuti e manutenzione a intermittenza
A causare il blocco non è solo la pioggia, ma l’incapacità del suolo urbano di assorbirla. Il sistema di drenaggio cittadino è infatti gravemente inefficiente, e questo è sotto gli occhi di tutti. Le caditoie intasate non sono una novità, ma una costante. In teoria, dovrebbero essere pulite periodicamente, ma nella pratica ciò avviene solo in prossimità delle allerte meteo o in modo sporadico, senza un piano strutturato, sistematico e trasparente. A peggiorare il quadro contribuisce lo stato generale di sporcizia delle strade. I rifiuti che si accumulano lungo i marciapiedi e nei canali di scolo – bottiglie, sacchetti, fogliame e detriti urbani – finiscono inevitabilmente sulle griglie delle caditoie, occludendole del tutto. La mancanza di pulizia quotidiana non è solo un problema estetico o igienico, ma anche idraulico: quando arriva la pioggia, il sistema non riesce a drenare nulla, e la città si allaga in pochi minuti. Questo cortocircuito tra servizi ambientali e sistema idrico rende Palermo vulnerabile non solo durante gli eventi estremi, ma anche sotto normali acquazzoni estivi.
L’app che non funziona e la fiducia che si erode
Nel frattempo, i cittadini restano senza strumenti per segnalare in modo efficace le criticità. L’app del Comune di Palermo dedicata alla segnalazione di buche, caditoie otturate e disservizi ambientali – in teoria un canale digitale per collaborare con l’amministrazione – risulta inaccessibile o inutilizzabile da mesi. Diverse segnalazioni sui social e sui forum locali lamentano la totale assenza di risposta, bug tecnici e richieste inevase. Un’app bloccata non è solo un problema tecnico, ma un simbolo della distanza tra cittadini e istituzioni. Se non esistono canali efficaci per far emergere i problemi, questi semplicemente vengono ignorati. E ogni pioggia diventa un’occasione persa per migliorare.
La prevenzione che non si vede
Cinque anni dopo l’alluvione del 2020, che scatenò promesse, piani straordinari e conferenze stampa, Palermo si ritrova sostanzialmente nella stessa condizione. Alcuni interventi sono stati fatti, ma senza continuità, senza mappature aggiornate delle criticità, senza una manutenzione ciclica delle reti. Il risultato è una città che vive il clima come una minaccia, e non come una variabile prevedibile.
Non si tratta di imprevedibilità, né di sfortuna. A Palermo la pioggia non sorprende, ciò che sorprende – e indigna – è l’assenza di una strategia urbana adeguata. Una città che si allaga ogni estate non è vittima del meteo, ma di una responsabilità che rimbalza da anni senza trovare una direzione.
Serve un piano serio: censimento delle caditoie, pulizia programmata, investimenti nei collettori e un sistema di ascolto funzionante. Solo così si potrà smettere di raccontare ogni volta la stessa storia. Perché oggi non ci sono stati morti, ma non serve una tragedia per capire che la città sta affondando – lentamente – sotto il peso della sua disorganizzazione.
