Vergogna a Cosenza: escrementi nel murales di Sergio Cosmai. Il Sindaco è una furia: “atto vile”

Grave gesto a Cosenza: ignoti hanno imbrattato con escrementi il murales dedicato a Sergio Cosmai, ucciso dalla mafia nel 1985
  • murales sergio cosmai
  • murales sergio cosmai imbrattato
  • murales sergio cosmai imbrattato e ripulito
  • murales sergio cosmai imbrattato
  • murales sergio cosmai
/
StrettoWeb

Un atto vile e intollerabile! Imbrattare con escrementi il murales dedicato a Sergio Cosmai è uno sfregio alla memoria di un uomo che ha sacrificato la vita per la legalità. Un gesto ignobile che condanno con forza. Ho disposto la pulizia immediata, perché la nostra città non si piega all’inciviltà. La legalità non si sporca, si difende!”. Queste parole sono del Sindaco di Cosenza, Franz Caruso, che così commenta il grave gesto accaduto nella città bruzia: ignoti hanno infatti imbrattato con escrementi il murales dedicato a Sergio Cosmai.

Chi era Sergio Cosmai

Sergio Cosmai nacque a Lecce il 29 aprile 1949. Funzionario dello Stato, entrò nel corpo degli istituti di prevenzione e pena del Ministero della Giustizia, intraprendendo una carriera dedicata al rinnovamento e alla legalità nel difficile settore carcerario italiano. Uomo riservato, determinato, noto per la sua incorruttibilità e per la sua visione riformista del sistema penitenziario, Cosmai si distinse fin dagli anni ’70 per la serietà del suo operato.

Dopo aver ricoperto incarichi in varie sedi, fu nominato direttore della casa circondariale di Cosenza nei primi anni ’80, in un contesto sociale e criminale particolarmente difficile. Negli anni ’80, la Calabria era attraversata da una crescente violenza criminale legata alla guerra tra cosche di ‘ndrangheta per il controllo del traffico di droga, delle estorsioni e degli appalti pubblici. Le carceri calabresi non erano semplici luoghi di detenzione, ma centri nevralgici per i clan: da lì si impartivano ordini, si stringevano alleanze e si gestivano affari. In questo scenario, Sergio Cosmai divenne una figura scomoda. Promosse un’applicazione rigorosa delle regole, ostacolò i privilegi dei detenuti legati alla criminalità organizzata, e cercò di spezzare la rete di complicità tra esterno e interno del carcere. Questo atteggiamento, che metteva in discussione l’equilibrio mafioso, attirò l’attenzione delle cosche.

Il 13 marzo 1985, Sergio Cosmai fu assassinato in un agguato a Cosenza. Era alla guida della sua Fiat Ritmo, nei pressi di via degli Stadi, quando fu raggiunto da sette colpi di pistola calibro 9 sparati da due killer in sella a una motocicletta. L’attentato non lasciò scampo al direttore, che morì sul colpo. Aveva 35 anni. Le indagini successive evidenziarono la matrice mafiosa dell’attentato, legata al suo ruolo nella gestione del carcere. Cosmai era diventato un simbolo di legalità in un territorio dove la criminalità organizzata mirava a controllare ogni snodo del potere.

Nonostante le pressioni ambientali e un clima diffuso di omertà, le indagini portarono alla luce i mandanti e gli esecutori dell’omicidio. Il processo si concluse con condanne definitive per diversi esponenti di spicco della ‘ndrangheta cosentina, tra cui appartenenti alla cosca Lanzino. Le sentenze riconobbero come movente l’attività “troppo rigorosa” di Cosmai nella gestione del carcere, che aveva minato gli interessi criminali interni.

Sergio Cosmai è oggi ricordato come un martire della legalità. A lui sono intitolate scuole, strade e il carcere di Cosenza stesso, che porta oggi il suo nome: Casa Circondariale “Sergio Cosmai”. La sua figura è spesso citata nelle commemorazioni civili e nelle iniziative antimafia, simbolo di chi, pur sapendo i rischi, ha scelto di non piegarsi.

Condividi