Zingari, ‘ndrangheta e quei mestieri che i giovani non vogliono più fare

Se ai calabresi tocca il primo impegno a sconfiggere la ndrangheta, è ai rom che spetta quello di debellare gli zingari

Si inizi sempre chiarendo la scelta semantica data dall’equazione secondo cui: i rom stanno agli zingari come i calabresi stanno agli ndranghetisti. Così, se ai calabresi tocca il primo impegno a sconfiggere la ndrangheta, è ai rom che spetta quello di debellare gli zingari. La ndrangheta nell’ultimo trentennio è entrata in una crisi di manovalanza. Il miglioramento generale della qualità della vita, la forte emigrazione giovanile ed in parte pure l’impegno per la promozione della legalità e misure di sussidio anche discutibili, hanno dato il loro contributo a ridimensionare i ranghi della malavita. Sempre meno giovani sono disponibili a rischiare la galera per un contentino da mille euro in cambio di andare a bruciare qualche macchina o contrabbandare qualche grammo di cocaina. Il welfare parallelo offerto dalla criminalità organizzata è sempre meno appetibile.

Crisi di nuove leve

Questa fame e crisi di nuove leve è emersa in tutta la sua evidenza nel processo “Antibes” ad esempio, difficoltà note a partire dal 2016 e ben analizzate nella saggistica legata alla criminalità giovanile, si veda l’ottimo dossier condotto dai giornalisti d’inchiesta Marco Carta e Danilo Chirico nel 2017 per conto dell’associazione “antimafie da Sud” in sinergia con la “Fondazione con il Sud”. La soluzione più facile è stata adottata in Calabria già al termine della seconda guerra di ndrangheta, quando coi ranghi decimati tra caduti e carcerati, quei boss che hanno retto l’urto si sono ritrovati pieni di armi, ma pochi soldati. Non è chiaro chi sia stato tra i primi ad aprire le porte a qualche banda mercenaria di zingari, ma fatto sta che presto tutti si sono trovati abbastanza a loro agio a pagare gente disposta a fare il lavoro che i giovani d’oggi non vogliono più fare.

I soldi arrivati dagli appalti e dalla cocaina ha sempre più atrofizzato i muscoli delle ndrine

Il benessere dei soldi arrivati dagli appalti e dalla cocaina ha sempre più atrofizzato i muscoli delle ndrine, ancora sufficienti alla bisogna per intimidire qualche poveraccio o compiere, anzi meglio far compiere, incursioni vigliacche contro sacerdoti, piccoli amministratori e giornalisti. Le cosche zingare sono state armate dalla ndrangheta, da essa addestrate ed arricchite, innescando un circolo vizioso che ha portato questa componente deviata della comunità rom di antico insediamento presente in Calabria e cannibalizzare i propri fratelli e sorelle. Ma la ndrangheta ha fatto di più, essa ha legittimato innanzi all’opinione pubblica locale il ruolo degli zingari.

Amato, Berlingeri, Bevilacqua

Sono numerose le testimonianze in cui vittime di angherie o furti d’automobili sanno ed hanno ormai interiorizzato che ciò che lo ndraghetista non può più è invece ottenibile rivolgendosi all’Amato di turno, a quel Berlingeri o al tal Bevilacqua in base al quartiere loro affidato in subappalto. E gli stessi boss, sono ormai generali buoni per la pensione, senza più truppe proprie, pieni di soldi e circondati da avidi mercenari sui quali all’occorrenza sanno bene di non potere più avere ragione con la violenza, ma di essere costretti e sottomessi al negoziato.