Lo diciamo?! Lo diciamo. La canzone che Simone Cristicchi porta in gara a Sanremo 2025 è furba e anche un po’ pesante. Qualcuno doveva pur avere il coraggio di dirlo, di passare sopra le pozzanghere di lacrime versate dal pubblico, di sedersi dalla parte dei ‘cattivi’ e aprire l’ombrello per ripararsi dalla pioggia di critiche in arrivo. Non sia mai che qualcuno possa avere un parere contrario, soprattutto se quel pensiero ha gli anticorpi al politcally correct. E già dietro questa ritrosia rispetto a un normale giudizio, etichettabile sotto il timbro del “de gustibus”, la dice lunga su quale sia il problema.
“Quando sarai piccola“, il titolo del brano del cantautore romano, racconta del rapporto madre-figlio e di come l’Alzheimer ne cambi la prospettiva: la madre regredisce fino a tornare bambina, perde progressivamente i ricordi, ha bisogno che il figlio ne diventi genitore per prendersene cura. L’argomento è serio. La malattia è subdola perchè intacca il passato, i ricordi, la memoria. E cosa siamo senza il nostro passato?
Cristicchi la racconta con tutta la sensibilità che lo contraddistingue, con la dolcezza di chi sembra quasi arrendersi alla malattia. E quindi parlare con la madre, insegnarle nuovamente il suo nome, raccontarle del marito e di quell’anello al dito, preparare la cena, diventano un gioco da fare insieme a una bimba. Una malattia quasi romantica, in realtà bastarda, in grado anche di annullare l’individuo nel suo io.
La melodia, l’inizio quasi recitato e il finale più intenso colpiscono lo stomaco e il cuore. E hanno buon gioco nel farlo puntando sul buon vecchio amore per la mamma, verso il quale è facile sciogliersi. Meno facile fare i conti con la sofferenza giornaliera, il dolore, e quella rabbia (“di vederti cambiare“) che Cristicchi nel testo quasi nasconde fra le righe, mitigandola poco più tardi con il “sorridere del tempo e di come ci ha cambiato“.
Gli spettatori in lacrime, gli elogi che si sprecano, il Premio della Critica prenotato già dalla vigilia (e che forse toglierà ingiustamente a Brunori o Lucio Corsi), il tema delicato, quasi impongono di uniformarsi a un giudizio positivo.
Cristicchi si è giocato la carta della pietas da anteporre a una voce che sicuramente non brilla, a un testo che non si avvicina alla qualità di Murubutu in “Mara e il maestrale” o alla leggerezza di Riccardo Zanotti in “Ricordi” dei PTN (entrambe sullo stesso tema raccontato dal punto di vista affettivo).
Lo stesso Cristicchi ha recentemente dichiarato di aver scritto questa canzone 5 anni fa e di averla proposta ad Amadeus, ma di essere stato scartato, sottolineando che comunque nei suoi Festival (più leggeri e tendenti al trash) si sarebbe trovato a disagio. Chissà perchè ci ha provato ugualmente. Quest’anno, con un Festival più cantautorale, Cristicchi è andato a nozze. E chissà che possa andare pure a premio. Furbetto.
