“I menagrami che da un decennio ci ripetono che il ponte sullo Stretto è inutile e che prima del ponte bisognerebbe mettere in sicurezza il territorio, saranno rimasti delusi che, a parte qualche danno da evento franoso, non si contino né morti né feriti, malgrado l’alluvione del 2 febbraio, quando sulla città e su parti della provincia, sono cadute tra 100 e 140 mm di pioggia”. E’ quanto afferma l’avv. Fernando Rizzo della Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno. “Le premesse per la tragedia c’erano tutte: l’abbondante pioggia caduta ha ingrossato rivi e corsi d’acqua spesso dormienti rivelando l’imponente abusivismo, magari autorizzato, di case e strade costruite dentro l’alveo di fiumare e torrenti in violazione della più elementari norme tecniche e di sicurezza pubblica”, rimarca Rizzo.
“In Sicilia, in materia di distanze dagli alvei, si applica il Regio decreto n. 523 del 1904 e la Regione Siciliana ha individuato come autorità competente alla gestione del demanio fluviale ed ai compiti di polizia fluviale, l’Autorità di Bacino. La legge stabilisce all’art. 96, il divieto assoluto di realizzare opere o lavori dentro le acque pubbliche o sulle sponde dei corsi d’acqua e i fabbricati devono essere realizzati ad almeno dieci metri dagli argini dei corsi d’acqua. Le immagini trasmesse da giornali, televisioni e social sono inequivocabili: l’alveo del torrente Boccetta è occupato da un edificio precario in muratura e materiale vario e l’acqua scorre ai lati dello stesso. Una villa è stata costruita 7 metri più sopra e recintata con un muraglione che ne impediva lo scorrimento delle acque. L’alveo è cementificato e utilizzato a parcheggio“, sottolinea Rizzo.
Torrente Zafferia
“Il torrente Zafferia scorre sotto due case recenti, si convoglia in un sottopasso e prosegue la sua corsa in mezzo al letto urbanizzato, in cui stazionavano decine di macchine, usato come via di accesso e parcheggio, mentre accanto un rigagnolo largo qualche metro avrebbe dovuto convogliare il fiume d’acqua proveniente dalle colline. Lungo il torrente sono edificate decine di abitazioni, in spregio a qualsiasi misura di sicurezza. Ci si chiede: chi ha permesso o autorizzato tutto questo e a chi conviene una nuova alluvione come quella di Giampilieri del 2009 o di Genova del 2014 o di Sarno del 1998? Probabilmente agli stessi speculatori che già ieri sulle pagine social sostenevano: “altro che ponte, mettiamo in sicurezza il territorio”, spiega Rizzo.
“Come al solito la colpa è del ponte che non c’è”
“Come al solito la colpa è del ponte che non c’è. C’è un solo modo per ridare sicurezza al territorio: abbattere o regimentare le decine di immobili costruiti senza il minimo rispetto delle distanze di legge ed in violazione dei requisiti di sicurezza pubblica e delle norme tecniche. Ciò che meraviglia (rectius: che non meraviglia) è che nessun giornale o televisione nazionale o locale abbia sottolineato che i torrenti scorrevano in mezzo a fabbricati edificati negli alvei antropizzati dei corsi d’acqua”, rimarca Rizzo.
“Chiederemo di fare chiarezza”
“Ovviamente chiederemo alla Procura della Repubblica, alla Prefettura, alla Regione Siciliana, al Ministero delle Infrastrutture, all’Autorità di Bacino, al Genio Civile ed al Sindaco della città di Messina a cui la presente è diretta, di fare chiarezza accertando le responsabilità di chi ha consentito tutto questo, onde evitare che poveri sventurati possano in futuro pagare per questo scempio al prezzo della vita umana e l’unico responsabile sia individuato nel ponte che non c’è”, conclude Rizzo.
