Un anno di guerra in Ucraina: il resoconto del Circolo Culturale “L’Agorà” | VIDEO

"Guerra in Ucraina/ Oltre il 'fermo immagine' del 24 febbraio 2022": il racconto del Circolo Culturale "L’Agorà"

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I risultati ed il video della conversazione di venerdì 10 marzo organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” sul tema Guerra in Ucraina/ Oltre il ‘fermo immagine’ del 24 febbraio 2022”. Gradito ospite del sodalizio organizzatore Francesco Labonia, della rivista “Indipendenza”. Sono trascorsi i primi dodici mesi dalla notte fra il 23 e 24 febbraio che ha trascinato sul terreno una lunga scia di sangue, di lutti, di bombardamenti e mobilitazioni, di denunce di crimini bellici efferati e bollettini di propaganda inevitabili in un contesto di guerra nel quale – come è arcinoto – prima vittima è sempre la verità. A un anno dall’inizio della guerra, si intensificano i combattimenti per il controllo della regione di Donetsk.

In particolare, continuano gli sconti fra esercito ucraino e russo (quest’ultimo supportato anche dai mercenari del gruppo Wagner) nei territori circostanti Bakhmut, nell’Ucraina orientale. Dopo la presa da parte dei russi delle città di Severodonetsk e Lysychansk quest’estate, la conquista di Bakhmut rappresenterebbe per Mosca un’altra importante vittoria.Dopo il fallimento della ‘rivoluzione arancione’ del 2004, dieci anni dopo riesce il colpo di Stato in Ucraina per rovesciare il governo Yanukovich ritenuto non filo-‘occidentale’. Fuori legge idee e partiti comunisti in Ucraina. Il governo post golpista di Kiev, con una legge che equipara comunismo e nazismo, ha bandito anche il solo richiamarsi al nome, tant’è che il ministro della giustizia, Pavlo Petrenko, ha siglato tre decreti di illegalizzazione per altrettante formazioni comuniste.

Lo stesso utilizzo del simbolo è divenuto reato. In aperta sfida al bando, Petro Simonenko, dirigente del partito comunista ucraino, ha detto che il suo partito parteciperà comunque alle elezioni locali fissate per il 25 ottobre. Non considerando le ultime elezioni parlamentari tenutesi dopo il golpe in un clima di arresti, violenze, impedimenti, esclusioni dal voto, eccetera, ma quelle dell’ottobre 2012, il partito comunista d’Ucraina (la più consistente delle tre formazioni illegalizzate) aveva ottenuto il 13,18% dei voti. Allora lo votarono 2.687.269 persone; oggi sono politicamente fuori legge. Il paradosso -si fa per dire- di questa legge è che partiti e milizie neonaziste sono nel governo e nell’esercito. Ad esempio, significativa, ad aprile scorso, la nomina alla carica di Consigliere del Capo di Stato Maggiore del capo di Pravyi Sektor, Dmytro Yarosh, che nell’occasione annunciava di avere trovato con il ministro della difesa un “soddisfacente accordo” in base al quale la sua struttura, pur rimanendo separata, dipenderà dal Comando militare delle Forze Armate ucraine. Siamo nel febbraio 2014.

Un arco di forze, che vede insieme milizie di estrema destra (alcune esplicitamente neonaziste, premiate con l’integrazione nell’esercito), oligarchi e ‘liberal’, sostenuti militarmente, finanziariamente e politicamente da Stati Uniti, NATO e alcuni Paesi UE, apre di fatto una crisi che sfocia nella secessione delle regioni orientali di Donetsk e Lugansk e che, con la stessa regìa di allora, ha portato oggi alla guerra aperta. Si parla del controverso – prosegue Francesco Labonia – “Accordo di Associazione all’Unione Europea”, di come si relazionò il presidente “filo-russo” ucraino Viktor Janukovyc, di come e per ‘quali’ finalità gli USA operassero già da tempo per destabilizzare il Paese, del colpo di Stato di EuroMaidan e della ‘curiosa’ presenza in piazza di una milizia di uomini provenienti dalle “Forze di Difesa israeliane” agli ordini di partiti neonazisti (Svoboda in particolare), del ruolo di alcuni oligarchi tra i quali Igor Kolomoisky, figura di spicco e in posizione apicale nella comunità ebraica non solo ucraina, in stretti rapporti politici con neonazisti ucraini oltre che finanziatore di Pravyj Sektor e milizie come il Battaglione Azov, di una galassia quella neonazista (sostenuta da USA, NATO e diversi Paesi UE) di manovalanza e di governo già nel primo (scaturito, dopo EuroMaidan, dalla selezione di due società, la Pedersen&Partners e la Korn Ferry, allo scopo incaricate) con ministri e posti apicali militari (e successiva incorporazione nelle forze ucraine di molti suoi reparti), per concludere con il referendum in Crimea, le Repubbliche Popolari di Lugansk e Donetsk, gli accordi (da parte ucraina non rispettati) di Minsk 1 e Minsk 2, i ‘perché’ atlantici del conflitto. Da allora (2014) sono otto gli anni di guerra (prima nel Donbass, oggi anche nel resto dell’Ucraina) con il persistente interventismo di quelle stesse entità interne ed esterne protagoniste del colpo di Stato di EuroMaidan e dei successivi assetti, indirizzi e sviluppi nel Paese.

Nel corso della conversazione si è fatto cenno anche alla figura di Stepan Bandera che fu una figura di spicco del collaborazionismo nazista in Ucraina, a capo della 14esima divisione Waffen SS Galicia contro l’Unione Sovietica. Perseguiva il disegno di un’Ucraina alla pari con il Reich germanico nel controllo di un Impero che, includendo l’Europa, si spingesse verso est, in vista della sottomissione, intanto, della Russia. Un’ideologia suprematista, alla ricerca di una purezza razziale “ucraina” ritenuta autentica che rivendicava connessioni con il ceppo scandinavo e proto-germanico e condivideva la crociata contro gli untermenschen (i “subumani”), in primis polacchi, russi e anche ucraini ‘non puri’ o comunque ideologicamente ‘nemici’ in quanto comunisti, da sterminare o ridurre in schiavitù.

Alla fine della seconda guerra mondiale Bandera, con la sua organizzazione, continuò ad operare anche in Ucraina, d’intesa stavolta con gli Stati Uniti, sempre contro l’Unione Sovietica. È significativa una circostanza cui si dà poco peso – Prosegue Francesco Labonia – , quando nel dicembre 2018 la Verkhovna Rada (parlamento) votò una risoluzione, entrata in vigore nel 2019, che ha sancito il 1° gennaio festività nazionale, in memoria appunto della nascita di Bandera. Altri aspetti che sono stati toccati nel corso della conversazione hanno riguardato il tema dell’autonomia differenziata: esiste anche una “questione settentrionale” – continua il gradito ospite del Circolo Culturale “L’Agorà” ma essa è frutto avvelenato delle politiche e dell’austerità europea e coinvolge tutto il Paese.

I problemi italiani hanno radici e matrici profondamente unitarie e si incardinano sull’adesione alle coordinate euroatlantiche, cioè alle ricette neoliberiste e mercantiliste tedesche (euro) e al bellicismo imperialista statunitense (NATO).Il Nord Italia non è il Paese di Bengodi: inquinamento, cementificazione, deindustrializzazione, opere pubbliche di rapina (TAV, BE-BRE-MI, Pedemontana Veneta, Olimpiadi 2026, Terzo Valico, MOSE…), caro affitti, assenza di trasporti pubblici efficienti, privatizzazioni nella sanità e nei servizi sono solo alcuni dei problemi di quest’area del Paese. Con la riforma del 2001 (L.Cost.le 3/2001, artt. 116/117) viene introdotto, accanto all’obbligo del rispetto per il diritto comunitario (UE) nell’attività legislativa, l’istituto della regione a statuto differenziato, con possibile attribuzione esclusiva e irreversibile della potestà normativa in 23 materie senza che, peraltro, possa essere minimamente messo in discussione alcun vincolo di natura europea/comunitaria.

Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data da martedì venerdì 10 marzo.

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