“Perfetti sconosciuti” è un film italiano del 2016 diretto da Paolo Genovese. Grande è stato il risalto e il successo della pellicola, tant’è che in varie parti del mondo hanno deciso di riprodurlo, con dei remake altrettanto soddisfacenti. Dalla Spagna alla Turchia passando per Germania e Corea. Diverso, però, è quanto sta accadendo in Egitto, dove ha debuttato su Netflix il remake in lingua araba (dal titolo “Dearest Friends”) ambientato in Libano. Non mancano polemiche e indignazioni per “presunta immoralità e lesione dei valori tradizionali”. Tra i valori contestati si fa riferimento alle relazioni extraconiugali, all’omosessualità e al fatto che i protagonisti consumino alcolici. La trama, infatti, ruota attorno ad alcune coppie di amici che si incontrano a cena e decidono di mettersi in gioco lasciando i cellulari accesi sul tavolo, così da consentire agli altri presenti di essere a conoscenza dei contenuti di messaggi o chiamate (con il vivavoce) di ognuno. Questi che rivelano, appunto, relazioni extraconiugali sconosciute e, in un caso, anche l’omosessualità di uno dei protagonisti, che per paura di essere giudicato dagli amici simula di avere una nuova fidanzata.
Il deputato e noto giornalista televisivo Mustafa Bakry ha affermato di aver protestato con il presidente del Parlamento egiziano contro i registi del remake, chiedendo addirittura alle autorità di interrompere la cooperazione con Netflix “poiché questo non è il suo primo film che prende di mira i valori e le tradizioni delle società egiziane e arabe”. Il sito web di Al-Watan, invece, riferisce che l’avvocato egiziano Ayman Mahfouz ha confermato di aver intentato una causa contro i registi accusandoli di “promozione dell’omosessualità”, proprio in riferimento alla scena del protagonista gay.
Tuttavia, l’autorità responsabile della censura ha affermato che il Paese non può vietare il film. E la spiegazione non è quella che in realtà si potrebbe pensare, e cioè legata a motivazioni assurde e fuori da ogni logica, bensì perché è una produzione libanese. In fondo, però, è la società egiziana a vivere un clima di forte repressione del dissenso e di compressione delle libertà individuale. Una politica e una mentalità che si basano sul controllo e sulla censura.
