A 105 anni fa causa allo Stato per 43mila euro: udienza al Tribunale di Catanzaro il 27 luglio 2018

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A Catanzaro lo Stato costretto in Tribunale da una donna di 105 anni

L’avvocato Andrea Fabio Ferrari, in qualità di difensore della signora Carmela Russo (nata a Catanzaro il 21 Gennaio 1913) ha citato il Ministero dell’Economia e delle Finanze in udienza al tribunale del capoluogo calabrese.

Di seguito i dettagli della vicenda illustrati proprio dall’avvocato:

  • Nel mese di marzo 2017 l’anziana donna, alla presenza della nipote Franca, rinveniva in una libreria il seguente BOT: certificato di Debito Pubblico dello Stato italiano n^ 299.329 emesso in data 1 luglio 1948 per il valore nominale di lire 2.000 ;

  • L’ odierna parte attrice non ha mai avuto contezza dell’esistenza del sopra riportato titolo se non a seguito del ritrovamento avvenuto solo in epoca recente ;

  • E’ interesse della parte istante, in proprio o quale avente causa, ottenere il pagamento dei Titoli sopra descritti con la capitalizzazione degli interessi stabiliti dai titoli con il favore degli interessi legali dalla domanda all’effettivo soddisfo.

Come noto, con l’emanazione della Legge 266/2005 e del successivo  Regolamento di Attuazione di cui al DPR n. 116/2007, è stata introdotta una regolamentazione concernente i cd. “Depositi dormienti”, ove si rinviene sia la definizione di “rapporto dormiente” che la relativa disciplina. Per quanto riguarda la definizione di rapporto dormiente,  esso è stato definito come quel rapporto contrattuale – depositi di denaro, strumenti finanziari e alcune forme di assicurazione – ove non sia stata effettuata  alcuna movimentazione od operazione ad iniziativa del titolare del rapporto o da terzi da questo delegati, escluso l’intermediario non delegato in forma scritta, per il periodo di tempo di 10 (dieci) anni decorrenti dalla data di libera disposizione delle somme. Il regolamento in esame prevede una procedura specifica da seguire una volta che si verifichino le circostanze di cui sopra: l’intermediario – Banca, Gruppo Bancario o altro – ha l’obbligo di inviare un avviso al titolare del rapporto volto ad avvisare lo stesso del decorso del termine decennale e della eventualità di devoluzione delle somme di cui al deposito in favore del Fondo istituito ad hoc presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Decorso vanamente il termine di 180 giorni dall’invio di tale comunicazione, l’intermediario potrà procedere con la devoluzione al Fondo delle somme di cui al rapporto dormiente. Per quanto concerne la disciplina dei rapporti dormienti non nominativi, ma “al portatore”, la disciplina di cui al DPR 116/2007 prevede la predisposizione, ad opera della Banca di un elenco da affiggersi annualmente. Decorsi 180 giorni dall’affissione di detto elenco, si procederà alla devoluzione delle somme al Fondo. Quella appena descritta è la normativa applicabile successivamente all’entrata in vigore del Regolamento di cui sopra, mentre per quanto riguarda il regime transitorio stabilito per i rapporti il cui periodo di “dormienza” sia maturato prima dell’entrata in vigore del Regolamento di cui sopra, l’art. 7 del medesimo dispone quanto segue: “Per i rapporti rispetto ai quali il termine previsto dall’articolo 3 si sia compiuto alla data di entrata in vigore del presente regolamento, la comunicazione di cui allo stesso articolo va effettuata entro sei mesi dalla medesima data e le somme ed i valori non reclamati sono devoluti al fondo entro quattro mesi dalla scadenza del termine di 180 giorni di cui all’articolo 3.”Nessuna esplicita previsione si rinviene relativamente ai titoli al portatore.  I libretti di risparmio postale ed i buoni fruttiferi postali di cui al presente giudizio,  in quanto costituiscono un diritto di credito, soggiacciono alle norme di diritto civile e bancario attuali, e cioè alle norme esistenti al momento in cui si concretizza la fattispecie e dal quale comincia a decorrere la prescrizione (rifiuto di pagamento del credito). Il diritto di credito contenuto nei titoli posseduti dalla istante, sorto sotto la vigenza della precedente normativa, si perfeziona al momento del ritrovamento, ossia sotto la vigenza della nuova normativa civilistica. Detto in altri termini, se si dà seguito al principio prevalente del fatto compiuto, la variante della regola tempus regit actum ad esso conforme implica il rispetto degli effetti giuridici concretizzatisi nel passato. Diverso è invece il trattamento degli effetti giuridici sorti alla stregua della norma anteriore, ma non ancora concretizzatisi. In tal caso, quando la nuova legge regola anche le conseguenze d’un fatto passato, ma che si avverano sotto la sua vigenza, e non per una ragione relativa a quel fatto, siamo in presenza non già di un effetto retroattivo, bensì nell’ambito di una applicazione immediata della legge. Tale assunto è documentato nella letteratura giuridica italiana ed è anche ripreso dalla giurisprudenza italiana prevalente. Se ne deduce che, nel caso dei buoni fruttiferi (così come nel caso di libretti bancari/postali), le somme in essi contenute, devono essere rivalutate ai sensi delle vigenti norme del Codice Civile e del Testo Unico Bancario, le quali prevedono che le somme indicate nei libretti di risparmio, devono essere restituite considerati gli interessi “di pieno diritto” –così come previsti dell’art. 1282 c.c., nonché nella recente sentenza della Suprema Corte (Cass. 1377/2008) compresa la rivalutazione monetaria.

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Gli istanti non hanno potuto esercitare prima d’ora il proprio diritto di credito per “inerzia incolpevole”.  Come ben noto, il termine di prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere  (art. 2935 c.c.). E’ stato evidenziato in dottrina che l’inerzia non rileva in quanto tale, ma esclusivamente l’inerzia che, configurandosi come incuria o disinteresse rispetto al diritto ed alla sua tutela, sia giuridicamente e apprezzabile come non esercizio di una situazione giuridica soggettiva (in tal senso Bigliazzi, Geri ed altri). Pertanto, se l’inerzia del titolare del diritto è giustificata la prescrizione necessariamente non decorre più ,delineandosi così un ipotesi di sospensione o di interruzione della stessa.

Agli odierni istanti non può imputarsi il mancato esercizio del diritto per incuria o disinteresse rispetto al diritto stesso od alla sua tutela ma semplicemente un’ignoranza incolpevole determinata dalla mancata conoscenza  dell’esistenza del credito. Conoscenza che si è avuta, da parte degli stessi, soltanto a seguito del ritrovamento dei titoli di cui è causa. L’impossibilita’ di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditiva della decorrenza della prescrizione,  e’  solo  quella  che  deriva da cause, giuridiche che ostacolino   l’esercizio  del  diritto  e  non  comprende  anche  gli impedimenti  soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, come quelli che trovino  la  loro  causa  nell’ignoranza, o meglio, nella non conoscenza, da parte  del  titolare, dell’evento  generatore  del  suo  diritto e nel ritardo con cui egli proceda  ad  accertarlo  per  la  mancata comunicazione – al di fuori della  speciale   ipotesi  di sospensione prevista dall’art. 2941 n. 8 c.c. – di tale evento da parte del debitore. (Nella specie la S.C. ha confermato  la  sentenza  impugnata che aveva ritenuto che il diritto del  ricorrente  ad  essere assunto dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello   Stato   in  conseguenza  del  suo  utile  collocamento  nella graduatoria  degli  idonei  di  un concorso per fotolitografi bandito dall’Istituto  poteva  essere  fatto  valere  fin  dal momento in cui l’Istituto  aveva  proceduto  all’assunzione  del candidato collocato nella  medesima  graduatoria  nel  posto  immediatamente successivo a quello  occupato  dal  ricorrente senza che potesse attribuirsi alcun rilievo  in contrario alla mancata conoscenza della suddetta avvenuta assunzione  asseritamente  ascrivibile  alla  mancata  comunicazione, peraltro  non  richiesta  dal  bando  di  concorso,  della  stessa al ricorrente  da  parte del suddetto Istituto). Cassazione civile, sez. lav., 11 dicembre 2001, n. 15622.

Trattasi però  d’interpretazione che potrebbe non essere conforme al  dettato costituzionale, perlomeno laddove si esclude la rilevanza del   fatto   impeditivo   dell’esercizio   del   diritto  costituito dall’ignoranza  incolpevole  dell’esistenza  del diritto da parte del suo titolare.

In  particolare,  l’interpretazione in parola non sembra aderente all’art. 24, comma 1 Cost. che sancisce la possibilita’ per tutti di agire  in giudizio a tutela dei propri diritti. Non si comprende come possano  agire  in giudizio coloro che ignorano di essere titolari di un diritto nonostante il diritto esista e possa essere giuridicamente fatto  valere. E se la questione di costituzionalità può senz’altro ritenersi   manifestamente   infondata   in  relazione  all’ignoranza giuridica  o  all’ignoranza  di  fatto  dipendente  da negligenza del soggetto,  non  altrettanto  può  dirsi  in  relazione all’ignoranza incolpevole.   Non   appare  coerente  con  la  norma  costituzionale ricordata  un’interpretazione  che  si  risolve  nella  negazione, di fatto, della tutela giurisdizionale a soggetti che senza alcuna colpa siano  rimasti ignari del loro diritto e che quindi non avrebbero mai potuto  attivarsi  tempestivamente  per  farlo  valere  davanti ad un giudice.  L’art. 2935  c.c.  si  traduce sostanzialmente in una norma sanzionatoria   per   l’inerzia   del   titolare   del  diritto  solo oggettivamente   considerata,   senza   alcun  riguardo  per  la  sua connotazione    soggettiva,    senza   quindi   alcun   giudizio   di meritevolezza. L’interpretazione  in parola potrebbe, inoltre, essere in contrasto con  l’art. 3  Cost.,  in quanto, sempre tenendo presente l’ignoranza incolpevole  del  titolare  del  diritto,  non appare giustificata la disparità   di  trattamento, sotto il profilo del decorso del termine di  prescrizione, rispetto ai titolari “coscienti” del diritto, per i quali  il  diritto  stesso e’ venuto ad esistenza nel mondo giuridico attraverso  fatti  palesi e percepibili. Due situazioni completamente diverse  –  la  piena  consapevolezza dei propri diritti, da un lato, l’incolpevole  ignoranza  degli stessi, dall’altro – sono soggette ad identica  disciplina.  D’altro  canto,  e  per  la stessa ragione, si ravvisa  anche  un’ingiustificata  disparità  di  trattamento  degli obbligati.    Una    disciplina,   insomma,   che,   complessivamente considerata,   non   appare   del  tutto  aderente  al  principio  di ragionevolezza.

Alternativamente, ma analogamente, la stessa questione si pone in relazione  all’art. 2941  c.c., laddove non comprende fra le cause di sospensione  della  prescrizione l’ignoranza incolpevole del titolare del  diritto,  salvo  il  limitatissimo  caso  dell’avere il debitore dolosamente  nascosto  l’esistenza del diritto (n. 8 art. cit.). Tale norma,  come  tutti  gli altri casi di sospensione del termine, e’ di natura  eccezionale in quanto derogatoria al generale principio della prescrizione  dei  diritti  col  decorso  del  tempo  e quindi non e’ suscettibile d’interpretazione analogica al caso che qui interessa.

La  duplice  questione  di costituzionalità deve, pertanto, ritenersi rilevante ai fini del presente giudizio.

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Tutto ciò premesso la parte istante, come sopra rappresentata e difesa, stante il diniego del rimborso

CITA

  1. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del legale rapp.te, dom.to ex lege presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma via dei Portoghesi, 12

a comparire innanzi al Tribunale di Catanzaro, presso la nota sede istituzionale, all’udienza del 27 luglio 2018, ore rito, con l’invito a costituirsi in cancelleria, ai sensi e nelle forme dell’art. 166 c.p.c., nei termini di 20 giorni prima dell’udienza indicata nel presente atto, oppure di quella fissata ai sensi dell’art. 168 bis, ultimo comma, c.p.c. dal Giudice istruttore, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini comporterà le decadenze previste dagli artt. 38 e 167 c.p.c. e, inoltre, con l’avviso che in caso di mancata costituzione, si procederà in sua contumacia e l’emananda sentenza sarà considerata emessa in legittimo contraddittorio, per ivi sentite accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l’Ill.mo Giudice  adito, contrariis reiectis:

  • In via preliminare/pregiudiziale: Rimessione alla Corte Costituzionale delle questioni incidentali di costituzionalità che con il presente atto vengono dedotte in giudizio, considerata la loro rilevanza ai fini del decidere, poiché il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle questioni stesse, e ritenuta lo loro non manifesta infondatezza
  • In via principale e nel merito:
  1. accertare e dichiarare tenuto il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento in favore delle parti attrici delle somme portate dai Titoli di credito sopra meglio individuati e per l’effetto: condannare l’Amministrazione convenuta al pagamento in favore degli attori della somma – debitamente capitalizzata degli interessi creditori previsti per il titolo, con il favore degli interessi legali dalla domanda al soddisfo – nella misura di Euro 43.000,00 o nella diversa misura che verrà accertata nel corso del presente giudizio anche a mezzo CTU tecnica della quale si chiede sin d’ora l’ammissione;

Con condanna a tutte le spese di lite da liquidarsi con antistataria distrazione ex art. 93 cpc.

 III – In via sussidiaria: condannare comunque gli stessi Convenuti (Ministero dell’Economia e delle Finanze) , in persona del legale rapp.te p.t., a titolo d’indennizzo ex art. 2041 cc a pagare ai medesimi Attori la somma ritenuta equa/giusta, o quella diversa stabilita previa apposita CTU o oltre interessi e rivalutazione fino al soddisfo e vinte le spese di lite da liquidarsi con antistataria distrazione ex art. 93 cpc.

IV –  In via istruttoria: Ammettere, oltre a tutte le prove precostituite qui contestualmente prodotte,  prova per testi sulle circostanze di cui ai punti  1), 2), 3), 4),5) e 6) della premessa preceduta dalla locuzione “Vero che”.  Con riserva di indicare nuovi mezzi di prova, ulteriori istanze produzioni e deduzioni ai sensi degli artt. 183 e ss cpc; fatta sempre salva prova contraria a tutti i mezzi indicati da Controparte ed eventualmente ammessi.

Si chiede sin d’ora ammettersi CTU tecnica al fine della determinazione del valore dei singoli titoli di stato e dei singoli buoni fruttiferi per ciascun istante.

Ai sensi e per gli effetti del ”Testo Unico delle Spese di Giustizia”, ex D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come emendato e modificato, si dichiara ai fini del contributo unificato che il presente procedimento ha un valore indeterminabile e pertanto l’importo dovuto a titolo di contributo ammonta ad euro 518,00.

Salvis Juribus!

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